giovedì 21 marzo 2024

OLTRE GLI ALLEVAMENTI INTENSIVI

 


Per una riconversione agro-ecologica della zootecnia Manifesto Pubblico 

 

  In Italia, ma anche in Europa, e se volete nel mondo, ci si divide su tutto, o quasi. Nell'alimentazione per esempio c'è chi ritiene che il futuro è nel meno agricoltura e più industria, meno natura e più processi sofisticati. Potremmo fare 100 esempi o giù di lì, ma uno è molto ma molto significativo. L'avvento degli allevamenti super intensivi, capaci di massimilizzare il tempo e lo spazio, ha portato a l'innovazione più importante del secolo scorso, una trovata tanto geniale quanto stupida, nel 1950 erano necessari 70  giorni raggiungere il peso minimo, oggi ne sono sufficienti 48 con un peso di gran lunga superiore, oltre al fatto che onnicomprensivo nel prezzo si ha gratuitamente una buona dose di antibiotici, di ormoni, e altro. Chissà perchè però chi alleva polli,  o hanno a che fare con gli allevamenti, non consumano carne di pollo!!

 Il sistema zootecnico europeo, compreso quello italiano, richiede una grande quantità di risorse naturali (due terzi dei terreni agricoli europei sono destinati all’alimentazione animale) e produce grandi quantità di sostanze inquinanti. Gli impatti degli allevamenti intensivi, soprattutto nelle zone in cui queste attività sono più concentrate, come la Pianura Padana, sono ormai ampiamente documentati: riguardano principalmente le emissioni di ammoniaca (NH3) e il conseguente inquinamento da polveri fini (PM 2,5), responsabili ogni anno di migliaia di morti premature in Italia. Le grandi quantità di azoto prodotto rappresentano inoltre un problema per l’inquinamento del suolo e dei corpi idrici, soprattutto nelle regioni ad alta densità zootecnica. Da tempo il sistema zootecnico è soggetto a cicliche crisi in parte legate alle sue stesse caratteristiche: l’elevata dipendenza da input esterni (energia, mangimi, acqua) lo rende infatti particolarmente fragile, così come le condizioni di allevamento (tanti animali geneticamente simili rinchiusi in spazi ristretti) lo rendono vulnerabile alle epidemie sempre più frequenti. Questo ne fa un sistema non in grado di autosostenersi dal punto di vista economico, ma bisognoso di continui e ingenti aiuti pubblici, europei e nazionali. 

La continua necessità di enormi quantità di mangimi rende il sistema zootecnico italiano fortemente dipendente dall’estero: quasi il 60% dei cereali e delle farine proteiche impiegate per produrre mangimi sono importati da Paesi extra UE, con un impatto ambientale enorme per la perdita di biodiversità a causa della distruzione delle foreste primarie e l’utilizzo di pesticidi, in particolare per la produzione di mais e soia in paesi del sud America come Argentina e Brasile. Una domanda così alta non può trovare risposta in un aumento delle produzioni nazionali ed europee, dove circa ⅔ dei terreni agricoli sono già dedicati all’alimentazione animale, per questo è necessario cambiare il modello, superando il concetto di “allevamenti senza terra”. 


La proposta di legge, promossa da Greenpeace Italia, ISDE, Lipu, Terra! e WWF, intende modificare in senso agroecologico proprio quelle caratteristiche del nostro sistema zootecnico che sono alla radice dell'insostenibilità ambientale ed economica del settore, a partire dai metodi di allevamento e dall’eccessivo numero di animali allevati, nonché dalla dipendenza dai prodotti farmaceutici (antibiotici), avendo come obiettivo anche quello di migliorare il benessere degli animali. Piccole aziende e qualità al centro: la nostra proposta La proposta di legge vuole gettare le basi per una riconversione del settore zootecnico che metta al centro, tanto delle politiche quanto dei meccanismi di sostegno, le aziende agricole di piccole dimensioni che adottano metodi agroecologici, e non più il sistema dei grandi allevamenti intensivi così come avviene attualmente (a titolo di esempio, l’80% dei fondi europei per l’agricoltura italiana finisce nelle casse di un 20% di grandi aziende agricole). L’obiettivo è quello di creare le condizioni per un sistema produttivo che sia ripensato sulla piccola scala, con margini di guadagno più equi per i produttori e con politiche di sostegno ai prezzi che permettano a tutta la popolazione di accedere a cibi sani e di qualità, che rispondano ai valori positivi del “Made in Italy”. Una transizione di questo tipo non può realizzarsi evidentemente senza una riduzione dei volumi di produzione e di consumo, tenendo presente che il consumo medio di carne e altre proteine animali in Italia è superiore a quello consigliato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e che una considerevole parte della nostra produzione è destinata all’esportazione. La transizione ecologica della zootecnia deve essere un percorso condiviso fra allevatori, produttori e consumatori, che metta in campo meccanismi per il riconoscimento del giusto prezzo ai prodotti di origine animale di qualità. Il cambiamento non può che partire da un freno all’ulteriore espansione di queste attività, in particolare nelle zone che già subiscono le conseguenze di un eccessivo carico zootecnico, come molte aree della Pianura Padana. Per questo, un provvedimento di moratoria sull’apertura di nuovi allevamenti intensivi o sull’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti è parte integrante della proposta di legge. Naturalmente, tale provvedimento non riguarda gli allevamenti di piccola dimensione che non rientrano nella definizione di intensivo e che praticano il pascolo all’aperto. Il percorso di transizione: verso una zootecnia in chiave agroecologica Un cambiamento di questo genere deve essere affrontato in modo graduale, prendendo però atto della sua urgenza e necessità. Per questo nella proposta di legge è prevista l’elaborazione di un Piano di riconversione del settore zootecnico che contempla incentivi economici e tecnici per sostenere le aziende verso l’adozione di pratiche sostenibili, che dovranno essere definite sulla base di obiettivi fissati quali la tutela della biodiversità, la circolarità delle risorse e dei nutrienti. Inoltre, il Piano fornirà indirizzi e strumenti per diminuire la competizione tra alimenti per le persone e mangimi per gli animali. Infine, il Piano dovrà dedicare la giusta attenzione a programmi di educazione alimentare per promuovere diete sane ed equilibrate con la necessaria riduzione dei consumi di carne e di altre proteine di origine animale. Tutelare salute, ambiente e accesso al cibo: una proposta trasversale In conclusione, la proposta di legge si inserisce in un’ottica di riconversione in chiave agroecologica del sistema zootecnico italiano: non prevede la chiusura degli allevamenti già in funzione, ma una moratoria immediata sull’apertura di nuovi allevamenti intensivi e sull’aumento del numero di animali allevati in quelli già esistenti, nell’attesa dell’implementazione di un piano nazionale di riconversione dei modelli di allevamento più impattanti, che dedichi adeguate risorse economiche a sostegno della transizione ecologica delle aziende. Per questo la proposta, elaborata da Greenpeace Italia, ISDE, Lipu, Terra! e WWF, si rivolge agli attori istituzionali, economici e sociali in modo ampio e trasversale e, in primis, alle forze politiche di tutto l’arco parlamentare, nella convinzione che essa possa costituire un passo in avanti nella tutela della salute, dell’ambiente e dei diritti degli animali, coerente con le modifiche introdotte agli articoli 9 e 41 della Costituzione, e un riferimento nel percorso per la revisione del Codice dell’Ambiente. Invitiamo quindi tutte le realtà che ne condividono lo spirito a sottoscrivere questo manifesto e a mettersi in contatto con le associazioni promotrici.

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