Per una riconversione
agro-ecologica della zootecnia Manifesto Pubblico
In Italia, ma anche in Europa, e se volete nel mondo, ci si divide su tutto, o quasi. Nell'alimentazione per esempio c'è chi ritiene che il futuro è nel meno agricoltura e più industria, meno natura e più processi sofisticati. Potremmo fare 100 esempi o giù di lì, ma uno è molto ma molto significativo. L'avvento degli allevamenti super intensivi, capaci di massimilizzare il tempo e lo spazio, ha portato a l'innovazione più importante del secolo scorso, una trovata tanto geniale quanto stupida, nel 1950 erano necessari 70 giorni raggiungere il peso minimo, oggi ne sono sufficienti 48 con un peso di gran lunga superiore, oltre al fatto che onnicomprensivo nel prezzo si ha gratuitamente una buona dose di antibiotici, di ormoni, e altro. Chissà perchè però chi alleva polli, o hanno a che fare con gli allevamenti, non consumano carne di pollo!!
Il sistema zootecnico europeo, compreso quello
italiano, richiede una grande quantità di risorse naturali (due terzi dei
terreni agricoli europei sono destinati all’alimentazione animale) e produce
grandi quantità di sostanze inquinanti. Gli impatti degli allevamenti
intensivi, soprattutto nelle zone in cui queste attività sono più concentrate,
come la Pianura Padana, sono ormai ampiamente documentati: riguardano
principalmente le emissioni di ammoniaca (NH3) e il conseguente inquinamento da
polveri fini (PM 2,5), responsabili ogni anno di migliaia di morti premature in
Italia. Le grandi quantità di azoto prodotto rappresentano inoltre un problema
per l’inquinamento del suolo e dei corpi idrici, soprattutto nelle regioni ad
alta densità zootecnica. Da tempo il sistema zootecnico è soggetto a cicliche
crisi in parte legate alle sue stesse caratteristiche: l’elevata dipendenza da
input esterni (energia, mangimi, acqua) lo rende infatti particolarmente
fragile, così come le condizioni di allevamento (tanti animali geneticamente
simili rinchiusi in spazi ristretti) lo rendono vulnerabile alle epidemie
sempre più frequenti. Questo ne fa un sistema non in grado di autosostenersi
dal punto di vista economico, ma bisognoso di continui e ingenti aiuti
pubblici, europei e nazionali.
La continua necessità di enormi quantità di
mangimi rende il sistema zootecnico italiano fortemente dipendente dall’estero:
quasi il 60% dei cereali e delle farine proteiche impiegate per produrre
mangimi sono importati da Paesi extra UE, con un impatto ambientale enorme per
la perdita di biodiversità a causa della distruzione delle foreste primarie e
l’utilizzo di pesticidi, in particolare per la produzione di mais e soia in
paesi del sud America come Argentina e Brasile. Una domanda così alta non può
trovare risposta in un aumento delle produzioni nazionali ed europee, dove
circa ⅔ dei terreni agricoli sono già dedicati all’alimentazione animale, per
questo è necessario cambiare il modello, superando il concetto di “allevamenti
senza terra”.
La proposta di legge, promossa da Greenpeace Italia, ISDE, Lipu,
Terra! e WWF, intende modificare in senso agroecologico proprio quelle
caratteristiche del nostro sistema zootecnico che sono alla radice
dell'insostenibilità ambientale ed economica del settore, a partire dai metodi
di allevamento e dall’eccessivo numero di animali allevati, nonché dalla
dipendenza dai prodotti farmaceutici (antibiotici), avendo come obiettivo anche
quello di migliorare il benessere degli animali. Piccole aziende e qualità al
centro: la nostra proposta La proposta di legge vuole gettare le basi per una
riconversione del settore zootecnico che metta al centro, tanto delle politiche
quanto dei meccanismi di sostegno, le aziende agricole di piccole dimensioni
che adottano metodi agroecologici, e non più il sistema dei grandi allevamenti
intensivi così come avviene attualmente (a titolo di esempio, l’80% dei fondi
europei per l’agricoltura italiana finisce nelle casse di un 20% di grandi
aziende agricole). L’obiettivo è quello di creare le condizioni per un sistema
produttivo che sia ripensato sulla piccola scala, con margini di guadagno più
equi per i produttori e con politiche di sostegno ai prezzi che permettano a
tutta la popolazione di accedere a cibi sani e di qualità, che rispondano ai
valori positivi del “Made in Italy”. Una transizione di questo tipo non può
realizzarsi evidentemente senza una riduzione dei volumi di produzione e di
consumo, tenendo presente che il consumo medio di carne e altre proteine
animali in Italia è superiore a quello consigliato dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità (OMS) e che una considerevole parte della nostra produzione è
destinata all’esportazione. La transizione ecologica della zootecnia deve
essere un percorso condiviso fra allevatori, produttori e consumatori, che
metta in campo meccanismi per il riconoscimento del giusto prezzo ai prodotti
di origine animale di qualità. Il cambiamento non può che partire da un freno
all’ulteriore espansione di queste attività, in particolare nelle zone che già
subiscono le conseguenze di un eccessivo carico zootecnico, come molte aree
della Pianura Padana. Per questo, un provvedimento di moratoria sull’apertura
di nuovi allevamenti intensivi o sull’aumento del numero di animali allevati in
quelli già esistenti è parte integrante della proposta di legge. Naturalmente,
tale provvedimento non riguarda gli allevamenti di piccola dimensione che non
rientrano nella definizione di intensivo e che praticano il pascolo all’aperto.
Il percorso di transizione: verso una zootecnia in chiave agroecologica Un
cambiamento di questo genere deve essere affrontato in modo graduale, prendendo
però atto della sua urgenza e necessità. Per questo nella proposta di legge è
prevista l’elaborazione di un Piano di riconversione del settore zootecnico che
contempla incentivi economici e tecnici per sostenere le aziende verso
l’adozione di pratiche sostenibili, che dovranno essere definite sulla base di obiettivi
fissati quali la tutela della biodiversità, la circolarità delle risorse e dei
nutrienti. Inoltre, il Piano fornirà indirizzi e strumenti per diminuire la
competizione tra alimenti per le persone e mangimi per gli animali. Infine, il
Piano dovrà dedicare la giusta attenzione a programmi di educazione alimentare
per promuovere diete sane ed equilibrate con la necessaria riduzione dei
consumi di carne e di altre proteine di origine animale. Tutelare salute,
ambiente e accesso al cibo: una proposta trasversale In conclusione, la
proposta di legge si inserisce in un’ottica di riconversione in chiave
agroecologica del sistema zootecnico italiano: non prevede la chiusura degli
allevamenti già in funzione, ma una moratoria immediata sull’apertura di nuovi
allevamenti intensivi e sull’aumento del numero di animali allevati in quelli
già esistenti, nell’attesa dell’implementazione di un piano nazionale di
riconversione dei modelli di allevamento più impattanti, che dedichi adeguate
risorse economiche a sostegno della transizione ecologica delle aziende. Per
questo la proposta, elaborata da Greenpeace Italia, ISDE, Lipu, Terra! e WWF,
si rivolge agli attori istituzionali, economici e sociali in modo ampio e
trasversale e, in primis, alle forze politiche di tutto l’arco parlamentare,
nella convinzione che essa possa costituire un passo in avanti nella tutela
della salute, dell’ambiente e dei diritti degli animali, coerente con le
modifiche introdotte agli articoli 9 e 41 della Costituzione, e un riferimento
nel percorso per la revisione del Codice dell’Ambiente. Invitiamo quindi tutte
le realtà che ne condividono lo spirito a sottoscrivere questo manifesto e a
mettersi in contatto con le associazioni promotrici.
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