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sabato 26 ottobre 2019

Il nuovo corso dei servizi di consulenza in agricoltura

DanielaTornetta
Abbiamo incontrato Nino Sutera, Funzionario Responsabile dell'Azienda Sperimentale Campo Carboj dell'ESA, per una breve intervista.


                     Diploma di Laurea in Scienze  e Tecnologie Agroalimentari,   Divulgatore Agricolo    Funzionario Direttivo della Regione Siciliana,   “Formatore Consulente”    Componente del Gruppo di Lavoro PAN sottogruppo formazione, Informazione e sensibilizzazione,  Iscritto all’Albo regionale dei Formatori interni presso il Dipartimento della Funzione Pubblica della Regione Siciliana del gruppo di lavoro, Politica dell’Accoglienza presso  l’Assessorato alle Risorse Agricole  -  Ideologo dei Borghi GeniusLoci De.Co.  Ideologo   Percorso informativo di sviluppo locale “Un Villaggio di idee” Coordinatore  del  G.I.T (Gruppi d’interesse territoriale del MIUR)   Ideologo della Libera Università Rurale,  componente per l'italia del comitato promotore del Parlamento Rurale Europeo, ma   anche blogger,     autore di diverse pubblicazioni e relatore a tantissimi eventi divulgativi.

A oggi, ed è un’ipotesi generalmente condivisa, per crescere e competere in un’economia globale è sempre più necessario investire in conoscenza, nella elaborazione di idee innovative e nella valorizzazione dei beni immateriali. Per esempio  la tutela  dell’ambiente, dei consumatori,  costituisce una delle tipologie di risorse immateriali fortemente caratterizzanti l’attività agricola.

Ecco la domanda ,in tutta Europa il trasferimento delle conoscenze e  buone prassi  in agricoltura,  viene considerato un caposaldo per lo sviluppo, mentre    in Sicilia?
I Servizi per l’agricoltura sono uno strumento utile per l’attuazione degli obiettivi di politica agricola e rurale legittimate dall’U.E.  C’è da dire però, che l’impegno finanziario nella programmazione PSR 2014/2020, per esempio  non è stato uniforme, in Italia    ci sono Regioni come il Piemonte, il Veneto, la Lombardia, che hanno  impegnano dal  6% al 14% della spesa complessiva del PSR nelle attività di promozione dell’innovazione, alla divulgazione, alla consulenza alle aziende agricole; dall’altra, Regioni che  hanno previsto  meno, appena il 2%,  come la Sicilia,  forse perché si riteneva (sbagliando) che investire in termini di risorse immateriali rappresenta un'opzional.
   In Sicilia la l.r. 1 agosto 1977, n. 73 “Provvedimenti in materia di assistenza tecnica e di attività promozionali in agricoltura”autorizzava l’Ente di Sviluppo Agricolo  ad attuare e coordinare le iniziative e gli interventi per l'assistenza tecnica e le attività promozionali giovandosi delle proprie strutture periferiche - Sezioni Operative per l'assistenza tecnica e le attività promozionali, e di divulgazione - che operano su larghe basi territoriali.
Ecco, se pur sono trascorsi 40 anni,   le finalità sono  coerenti agli indirizzi  dell’U.E e del Ministero  di questi ultimi anni.
Chiaramente per svolgere le attività e le funzioni, ci vogliono risorse adeguate.

Qual è la prospettiva strategica dell’Ente  per i prossimi anni ?
Il principio della separatezza delle funzioni, introdotto dalle recenti dispositivi di legge, sottrae di fatto all’Assessorato Reg.le dell’Agricoltura molte delle competenze previste dalla L.r. n. 73/77, consegnando all'Ente Sviluppo Agricolo l'esclusività nell'attuazione degli interventi di consulenza aziendale in agricoltura, come ente pubblico.
 Inoltre  per le attività svolte a seguito dalla L 73/77 l’ESA possiede i   requisiti di  Organismo  di Consulenza pubblico   nel  sistema di consulenza aziendale in agricoltura.  
Dobbiamo essere capaci di fare tesoro dell’esperienza maturata, delle necessità del mondo rurale,  ma anche di adeguare gli obiettivi rispetto  alle indicazioni del MIPAF su gli   ambiti del sistema di consulenza:
a)        gli obblighi a livello di azienda risultanti dai criteri di gestione obbligatori e dalle norme per il mantenimento del terreno in buone condizioni agronomiche e ambientali, ai sensi del titolo VI, capo I, del regolamento (UE) n. 1306/2013;
b)        le pratiche agricole benefiche per il clima e l'ambiente stabilite nel titolo III, capo 3, del regolamento (UE) n. 1307/2013 e il mantenimento della superficie agricola di cui all'articolo 4, paragrafo 1, lettera c), del medesimo regolamento (UE) n. 1307/2013;
c)        misure a livello di azienda previste dai programmi di sviluppo rurale volte all'ammodernamento aziendale, al perseguimento della competitività, all'integrazione di filiera, compreso lo sviluppo di filiere corte,  all'innovazione e all'orientamento al mercato nonché alla promozione dell'imprenditorialità;
d)       i requisiti a livello di beneficiari adottati dagli Stati membri per attuare l'articolo 11, paragrafo 3, della direttiva 2000/60/CE;
e)        i requisiti a livello di beneficiari adottati dagli Stati membri per attuare l'articolo 55 del regolamento (CE) n. 1107/2009, in particolare l'obbligo di cui all'articolo 14 della direttiva 2009/128/CE;
f)         le norme di sicurezza sul lavoro e le norme di sicurezza connesse all’azienda agricola;
g)        consulenza specifica per agricoltori che si insediano per la prima volta;
h)        la promozione delle conversioni aziendali e la diversificazione della loro attività economica;
i)          la gestione del rischio e l'introduzione di idonee misure preventive contro i disastri naturali, gli eventi catastrofici e le malattie degli animali e delle piante;
j)          i requisiti minimi previsti dalla normativa nazionale, indicati all'articolo 28, paragrafo 3, e all'articolo 29, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1305/2013;
k)        le informazioni relative alla mitigazione dei cambiamenti climatici e all'adattamento ai medesimi, alla biodiversità e alla protezione delle acque di cui all' allegato I del regolamento (UE) n. 1306/2013;
l)          misure rivolte al benessere e alla biodiversità animale;
m)      profili sanitari delle pratiche zootecniche;
n)        l'innovazione tecnologica ed informatica, l'agricoltura  di precisione e il trasferimento di conoscenza dal campo della ricerca al settore primario.

Anche il PAN prevede l’utilizzo di consulenti per supportare le aziende nella difesa fitosanitaria?
 Si il piano di azione nazionale per l'uso sostenibile dei prodotti fitosanitari (Pan), adottato con decreto 22 gennaio 2014, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo 14 agosto 2012, n. 150, reca l'attuazione della direttiva 2009/128/CE, e  istituisce un quadro per l'azione comunitaria ai fini dell'utilizzo sostenibile dei pesticidi, attribuisce alle Regioni l’onere di attuare  le azioni per l’applicazione della difesa integrata in agricoltura.
Stiamo lavorando a un progetto pilota sulla prescrizione  dei prodotti fitosanitari (il primo in Italia)

Di cosa si tratta?
I Prodotti fitosanitari   sono tutti quei prodotti, di sintesi o naturali, che vengono utilizzati per combattere le principali avversità delle piante come, malattie infettive, fisiopatie, parassiti e fitofagi animali ect..
Il Pan si propone di ridurre i rischi associati all'uso dei prodotti fitosanitari, promuovendo un processo di cambiamento delle tecniche di utilizzo dei prodotti verso forme più compatibili e sostenibili in termini ambientali  e sanitari.
Di conseguenza riguarda tutti, agricoltori, consumatori, cittadini  e  beni pubblici. La prescrizione è un cambio di passo nell’utilizzo dei prodotti fitosanitari,a tutela di tutti chiaramente.
Così come il medico prescrive nella ricetta un medicinale per una determinata patologia, piuttosto che un altro,    così il  consulente  del PAN    potrà prescrivere un fitofarmaco  in funzione delle esigenze della coltura,   della tutela dell’ambiente e dei consumatori
Il consulente del PAN attraverso la   sua competenze  è  in grado di rispondere alle esigenze attuali provenienti dalla società civile in tema di sicurezza alimentare, tutela dell’ambiente e responsabilità etica.   L’uso sostenibile dei prodotti fitosanitari   richiede un salto di qualità in termini di formazione e miglioramento delle capacità degli operatori professionali nelle scelte da compiere.
Per l’attuazione del progetto pilota, l’ipotesi su cui stiamo ragionando e   coinvolgere le strutture periferiche dell’Ente  e all’occorrenza  professionisti esterni in regime di convenzione,  utilizzando le risorse delle Misure   del PSR 2014/2020

domenica 8 settembre 2019

il ruolo pubblico della conoscenza in agricoltura


ninosutera

La  programmazione post 2020 rimarca sulla necessità  del ruolo pubblico degli elementi della conoscenza in agricoltura(informazione, divulgazione, consulenza) con finanziamenti appropriati.

In Sicilia la migliore stagione è datata dalla L.R 73/77 che istituiva  le SOAT e dal Reg 270/79 che prevedeva il ruolo strategico dei Divulgatori Agricolo Polivalenti e/o Specializzati, coordinati dall'Assessorato Regionale all'Agricoltura.
Non solo, l’Assessorato inoltre,per esempio, si è fatto carico dell'aggiornamento costante e puntuale, in ultimo in ordine di tempo,  attraverso il Formez   con il progetto Demetra nel 2015.

Altri esempi, non hanno mai inciso sulle necessità del mondo agricolo, comprese strade diverse dal  ruolo pubblico e fuori del tempo in cui viviamo, se pur  individuate dalle programmazioni 2007/2013 e 2014/2020, che in Sicilia hanno prodotto risultati molto deludenti.

Ecco perchè da più parti viene sollecitata la necessità,  che nella prossima programmazione,  l'Assessorato Regionale all'Agricoltura  si riappropri del proprio ruolo,
capitalizzando l’esperienza dei numerosi progetti di successo, rilanciando i tanti servizi messi in campo  e valorizzando il personale.

  Negli ultimi tempi, nella stampa internazionale e anche negli ambienti più market oriented (USA, Olanda, Banca Mondiale, ecc.) vi è una riscoperta del ruolo pubblico nella divulgazione e consulenza, Si parla sempre di più di tecnici che siano animatori o facilitatori, che favoriscano la formazione di gruppi e di reti, collegando ricerca, pratica e istituzioni, stimolando così una crescita “dal basso verso l’alto” e la messa a punto di innovazioni appropriate (tecniche, organizzative, individuali e di gruppo, etc.). Ruolo che in Sicilia non può che essere attribuito alle strutture periferiche dell’Assessorato Agricoltura.

                                  L’olandese Roeling negli anni ’80 sottolineava come la conoscenza agricola non fosse un patrimonio dell’accademia o dei centri di ricerca, ma sia il combinato di una miriade di detentori di conoscenze che interagiscono, il cosiddetto Sistema di Conoscenze e Innovazione Agricola. Le crisi dell’agricoltura convenzionale, gli effetti collaterali della rivoluzione verde, l’inquinamento, etc. hanno spinto a teorizzare e praticare forme partecipative di ricerca applicata (ovviamente non di base), in cui le conoscenze degli agricoltori sono valorizzate. La necessità di percorrere vie nuove e diverse (il recupero della biodiversità, l’agricoltura biologica, l’agricoltura sociale, la vendita diretta, lo sviluppo rurale multisettoriale, ecc.), unitamente alla constatazione che l’agricoltura produce anche beni pubblici (protezione del suolo, paesaggio, assorbimento CO2, habitat naturali) spinge a cercare anche nuovi modelli di divulgazione e di consulenza.



Negli ultimi anni l’espressione “beni pubblici” ha guadagnato

popolarità nell’UE e non solo. Nonostante ciò, attorno a tale

espressione sembra che aleggi ancora, talvolta, un’aura di vago

mistero.

Cosa si intende per “beni pubblici”? In che modo i beni

pubblici si distinguono dai “beni privati”? Fino a che punto si

dovrebbe rigorosamente definire quest’espressione? E qual è il

rapporto tra beni pubblici e politiche pubbliche?

Se si prende come punto di partenza (possibilmente con le

opportune precisazioni e i dovuti distinguo) la nozione che

riconosce nei beni pubblici tutti quei beni che apportano

benefici alla collettività e che non possono essere acquistati

sul mercato, il nesso con la politica di sviluppo rurale dell’UE

appare evidente.

Aspetti quali la salute e la qualità dell’ambiente rurale e della

campagna, oltre che la vitalità e la vivacità delle zone rurali,

rappresentano interessi palesemente vitali per la società nel

suo complesso. E tali condizioni non si possono facilmente

garantire attraverso i mercati: ecco perché la politica deve

intervenire per colmare questa lacuna. Altrimenti la produzione

di questi beni pubblici sarà sistematicamente limitata e, in

alcuni casi, potrebbe addirittura esaurirsi quasi del tutto.

È evidente, quindi, che la politica di sviluppo rurale

rappresenta un fattore vitale per l’erogazione di beni pubblici

nelle aree rurali, per esempio perché accorda incentivi

per la realizzazione di azioni ambientali, perché forma un

considerevole capitale fisico e umano e mobilita i talenti e le

energie delle popolazioni locali, che investe nelle risorse immateriali


 Perché è necessario elaborare politiche che prevedano

l’assegnazione di ingenti risorse di bilancio a favore dell’agricoltura,

della silvicoltura, dello sviluppo rurale e della gestione del territorio

in Europa? Cosa spera di ottenere la società con questi interventi?

La risposta sempre più frequente a queste domande è che l’obiettivo

ultimo di tali azioni è garantire la produzione di beni pubblici.  

  

 Cosa si intende per beni pubblici?


L’espressione “beni pubblici” è stata coniata dagli economisti per

indicare un insieme di beni, servizi e altri fattori di interesse per la

società che non possono essere forniti attraverso il mercato, ossia

attraverso la normale interazione di domanda e offerta. I mercati si

sono dimostrati il meccanismo più efficace di incontro tra domanda

e offerta di beni e servizi privati, come ad esempio gli alimenti e

le bevande. Esistono tuttavia altri beni e servizi ai quali la società

umana attribuisce un certo valore e che desidera ottenere, ma

che il mercato non può offrire. Questi beni e servizi sono noti nella

letteratura economica come “beni pubblici” e comprendono beni

ambientali come la biodiversità o i paesaggi culturali.

Per definizione i beni pubblici possiedono due importanti

caratteristiche. In primo luogo, sono beni “non rivali” nel consumo,

nel senso che il loro consumo da parte di un individuo non implica

l’impossibilità per un altro individuo di consumarlo a sua volta. In

secondo luogo, sono “non escludibili”, nel senso che, una volta che il

bene pubblico è stato prodotto, è impossibile impedirne la fruizione

da parte di altri consumatori.

Proprio per queste caratteristiche i mercati non funzionano nel caso

dei beni pubblici, perché non ci sono motivi forti che inducano la

gente a pagare per poterne fruire. Al tempo stesso, mancano gli

incentivi per la fornitura di tali beni, poiché chiunque decidesse di

produrli non ne ricaverebbe alcun compenso. Ne deriva il potenziale

rischio di una sottoproduzione di beni pubblici.

Di conseguenza, se la società ha bisogno di un particolare bene

pubblico che non è erogato in quantità sufficiente, la sua produzione

deve essere garantita da politiche pubbliche intese ad assicurare un

livello appropriato di fornitura del bene, in linea con la domanda.

Quando il mercato non è in grado di soddisfare la domanda,

devono essere attuate politiche pubbliche che incentivino l’azione

necessaria. Ciò a sua volta richiede la definizione di chiare norme

come punto di partenza di un’azione ammissibile o, in molti casi, il

ricorso a fondi pubblici per incentivare l’offerta.


In Europa l’agricoltura non solo è responsabile della fornitura di

prodotti alimentari e materie prime, ma occupa anche il 40% circa

del territorio totale. Di conseguenza, esercita un potente influsso

sullo stato dell’ambiente rurale e sulle opportunità di una sua

fruizione. In Europa le zone autenticamente selvagge sono quasi

del tutto scomparse, per cui la qualità dell’ambiente dipende

pesantemente dalle modalità con cui è gestito il territorio.


Rafforzamento delle capacità


Rafforzare le capacità significa sviluppare le competenze e le

conoscenze dei gestori del territorio e, più in generale, delle

comunità rurali. Tale misura si prefigge inoltre l’obiettivo di stimolare

e consolidare reti sociali ben funzionanti e la partecipazione attiva

della comunità. Tutto ciò è fondamentale per garantire nel lungo

termine il coinvolgimento degli attori rurali nell’erogazione di beni

pubblici, di tipo sia ambientale sia sociale. In effetti, il rafforzamento

delle capacità è indispensabile per rincalzare la sostenibilità delle

comunità rurali e può essere estremamente utile per dar vita a un

cambiamento comportamentale di più lungo termine.

Nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale esiste tutta una varietà

di misure che possono essere utilizzate per rafforzare le capacità.

Tra queste si annoverano le misure in favore della consulenza
e della formazione, specificatamente mirate al potenziamento

delle capacità nella comunità agricola, per esempio tramite corsi di

formazione per l’acquisizione di tecniche di gestione ambientale,

e servizi di consulenza sull’uso sostenibile delle risorse e sulla

conservazione della qualità delle risorse idriche, della funzionalità

del suolo e della biodiversità dei terreni agricoli. Rivestono inoltre

un ruolo fondamentale aspetti quali il miglioramento del benessere

degli animali nelle aziende agricole, l’aumento della disponibilità di

acqua e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.


Biodiversità sui terreni agricoli


Nel tempo molte specie animali e vegetali selvatiche hanno condiviso il territorio con la

produzione agricola. Al giorno d’oggi, tuttavia, con l’intensificarsi dell’agricoltura, la biodiversità

dei terreni agricoli dipende oggi pesantemente dalla presenza di zone a bassa intensità di

sfruttamento o di aree naturali attorno alle aziende agricole, come fasce di terreno incolto tra i

campi, muretti o siepi, strade interpoderali, fossati e stagni. Queste aree forniscono rifugio, cibo

e siti di riproduzione a uccelli, mammiferi e insetti, oltre che le condizioni ideali per la crescita di

fiori e altri tipi di piante autoctone. La biodiversità dei terreni agricoli comprende anche la ricca

diversità genetica delle razze locali di bestiame e delle varietà di colture, molte delle quali si

sono straordinariamente adattate ai suoli, alla vegetazione e al clima delle rispettive regioni.




Qualità dell’acqua e disponibilità delle risorse idriche


L’uso di fertilizzanti, erbicidi e antiparassitari per migliorare la produzione agricola è ormai

una pratica comune, che tuttavia può avere enormi ripercussioni sulla qualità delle acque

superficiali e delle falde acquifere. È importante trovare il modo di ridurre le quantità di nitrati,

fosfati e altri rifiuti agrochimici che si riversano nei corsi d’acqua e nelle falde acquifere, in modo

da proteggere le risorse d’acqua potabile e contribuire alla biodiversità di fiumi e zone umide.

Poiché l’agricoltura è uno dei settori che maggiormente sfrutta le risorse idriche, soprattutto

per l’irrigazione di colture di alto pregio e per la produzione di frutta e ortaggi nelle zone più

aride d’Europa, uno dei principali problemi al centro di numerosi interventi è quello di garantire

un utilizzo più efficiente e sostenibile dell’acqua, per garantire la disponibilità di risorse idriche

per tutti.


Funzionalità del suolo


Il suolo è un elemento indispensabile per tutte le forme di produzione agricola. Un suolo

adeguato possiede una buona struttura, sufficiente materia organica ed è resistente all’erosione

da parte del vento o dell’acqua. La maggior parte delle pratiche agricole genera ripercussioni

sulla funzionalità del suolo, ma quest’ultima può essere preservata ricorrendo ad appropriati

metodi di produzione agricola.


Stabilità del clima – aumentare lo stoccaggio del carbonio e

ridurre le emissioni di gas a effetto serra


Per stabilizzare il clima del pianeta è importante liberare una parte di CO2 finora accumulata

nell’atmosfera. Le piante accumulano CO2 con estrema efficacia e i metodi agricoli che

prevedono la conservazione di un manto vegetale permanente e un ritorno dei rifiuti vegetali

nel suolo rappresentano un buon meccanismo per “ripulire” l’atmosfera dal carbonio.

I pascoli permanenti, infatti, sono in grado di immagazzinare carbonio in pari quantità rispetto

alle foreste. Oltre a migliorare lo stoccaggio del carbonio, l’agricoltura può anche contribuire a

ridurre le emissioni di gas a effetto serra di cui è responsabile.


Resistenza agli incendi e alle inondazioni


Soprattutto negli Stati membri dell’Europa centrale e meridionale, la corretta manutenzione

dei pascoli può costituire un’importante barriera alla diffusione degli incendi boschivi e

ridurre il rischio di incendio in impianti permanenti come gli oliveti. In futuro, la capacità

dei terreni agricoli di assorbire le precipitazioni eccessive e di immagazzinare le acque di

esondazione sarà un fattore sempre più rilevante, nella misura in cui i cambiamenti climatici

acuiscono i rischi di inondazione nelle zone urbane.


Paesaggi agricoli


Per migliaia di anni la pratica agricola ha modellato, e continua a modellare ancora oggi,

i caratteristici paesaggi agricoli europei, dai pascoli alpini ai paesaggi a terrazze, dalle

“dehesas” ai frutteti, dalle pianure alluvionali ai paesaggi a mosaico dei campi coltivati

alternati a praterie. Tuttavia, anche se molti modelli di sfruttamento del suolo e molti aspetti

tradizionali e caratteristici del paesaggio locale non sono più essenziali per i metodi agricoli

moderni, mantenerli in vita è essenziale se si vuole preservare la diversità di questi paesaggi

culturali. La protezione della diversità dei paesaggi agricoli è importante per mantenere

l’attrattiva esercitata dalle zone rurali come luoghi residenziali o destinazioni turistiche.


Vitalità rurale


Nell’UE-27 le zone rurali sono estremamente diversificate in termini di sfruttamento del

territorio, popolazione, prosperità, lingua, patrimonio culturale e tradizioni. Per garantire

la vitalità delle zone rurali è necessario assicurare opportunità di lavoro, un livello minimo

di servizi e infrastrutture, e disporre inoltre di buone reti sociali e di capacità umane per

sostenere e promuovere questi valori, con l’obiettivo ultimo di salvaguardare nel lungo

termine la vitalità e l’attrattiva delle zone rurali come luoghi in cui vivere, lavorare e recarsi in

visita. Il territorio, la natura del

paesaggio circostante, il clima e altri fattori naturali concorrono tutti alla comparsa di costumi,

tradizioni e forme di identità delle zone rurali. L’agricoltura può contribuire a sostenere la vitalità

rurale grazie al ruolo che la popolazione rurale, le attività rurali e le tradizioni ad essa associate

svolgono in queste zone. E i vantaggi di questa interazione sono vicendevoli. Se le zone rurali

rimangono economicamente e socialmente vitali, ciò a sua volta può favorire il proseguimento

di attività economiche come l’agricoltura e la silvicoltura, il che a sua volta è importante per

assicurare l’erogazione di beni pubblici ambientali dai quali dipendono numerosi settori, come

il turismo rurale e le attività ricreative.


Sicurezza alimentare


Se è vero che il cibo è un bene privato, altrettanto certo è che il mercato non assicura la

disponibilità di prodotti alimentari in qualsiasi momento e ovunque. È quindi necessaria

un’azione deliberata per garantire la fornitura di prodotti alimentari nel lungo termine a

livello europeo o globale. A tal fine è indispensabile mantenere in futuro la capacità di

produrre cibo in maniera sostenibile attraverso una gestione appropriata dei suoli e delle

altre risorse e la salvaguardia delle necessarie competenze.







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