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venerdì 21 febbraio 2025

Linguaggio e vite: una storia millenaria.


Giuliana Cattarossi, Giovanni Colugnati

Colugnati&Cattarossi, Partner Progetto PER.RI.CON.E.


Nella glottocronologia (una branca della linguistica che studia i rapporti cronologici fra le varie lingue) la parte settentrionale della Mezzaluna fertile è anche considerata la terra d’origine di tutte le lingue indoeuropee. Utilizzando dei metodi computazionali all’avanguardia già sperimentati nella biologia evolutiva, Gray e Atkinson (2003) hanno ricostruito l’albero genealogico ipotetico delle lingue, trovando indizi convincenti che dimostrerebbero come tutte le lingue indoeuropee si siano sviluppate circa 8700 anni or sono partendo dalla lingua (oggi estinta) degli Ittiti, un antico popolo dell’Anatolia sudorientale. Più precisamente, circa 9500-8000 anni fa, da quella regione dell’Anatolia cominciarono a diffondersi le varie lingue indoeuropee, seguendo di pari passo la diffusione dell’agricoltura, il che dimostrerebbe come la Mezzaluna fertile si possa considerare anche la culla della civiltà moderna.


Pare, infatti, che in quel periodo nell’Anatolia sudorientale sussistessero tutte le condizioni favorevoli per dar vita alla domesticazione della vite e alla produzione del vino. Inoltre, analizzando la parola “vino” e i suoi corrispondenti nelle maggiori lingue indoeuropee tradizionalmente legate alla viticoltura, si nota che tutte le accezioni derivano da una radice comune proto-indoeuropea - la lingua che si ritiene fosse parlata dalle prime popolazioni transcaucasiche e dell’Anatolia orientale – ossia *woi-no, *win-o o *wie-no. Ma anche le lingue non indoeuropee, come quelle kartveliane (Georgiano e Mingrelico), quelle semitiche (Accadico, Ugaritico ed Ebraico antico), e camito-semitiche (Egizio antico), lasciano intravedere una radice comune ancora più remota e al momento sconosciuta, benché fra queste lingue non ci sia alcun collegamento semantico. Ciò nondimeno, alcuni autori georgiani affermano che la radice più antica della parola “vino” sarebbe il Kartveliano ɣvino/ღვინო, un termine tuttora utilizzato nel Georgiano moderno, e questa sarebbe una prova inconfutabile che la Georgia sia la culla della viti-vinicoltura (Gamkrelidze e Ivanonv, 1990).

Probabilmente non lo sapremo mai con esattezza, ma le analisi dei reperti archeologici di uva e delle antiche anfore potrebbero fornire qualche indizio. I reperti di vite o uva rinvenuti negli scavi archeologici sono di solito dei semi carbonizzati e frammenti di legno bruciacchiati, che raramente consentono di distinguere fra sottospecie selvatiche (silvestris) e coltivate (vinifera). I semi della vite selvatica di solito appaiono rotondi e con un becco corto, mentre quelli della sottospecie coltivata sono più a forma di pera, con un becco ben sviluppato (Stummer 1911; Terral et al. 2010), ma purtroppo il processo di carbonizzazione e l’enorme variabilità all’interno delle due sottospecie fanno sì che la mera morfologia dei semi non si possa considerare una caratteristica distintiva sicura Jacquat e Martinoli 1999; Zohary e Hopf, 2000). Di semi carbonizzati di vite ne sono stati rinvenuti in molti scavi archeologici sia in Europa (Grecia, ex Jugoslavia, Italia, Svizzera, Germania, Francia e Spagna) (Rivera Nunez e Walker, 1989), sia nell’Asia minore (Zohary e Hopf, 2000), ma è assai probabile che questi reperti antichi provengano da acini di uva selvatica che si raccoglievano molto prima della domesticazione della pianta. Secondo l’ampelografo georgiano Revaz Ramishvili, sei semi di 8000 anni rinvenuti nel sito neolitico di Shulaveris-Gora sulle colline a Sud di Tiblisi – uno degli insediamenti permanenti più antichi conosciuti in Georgia - hanno la forma caratteristica della sottospecie coltivata, e potrebbero costituire una prova dei primi semi addomesticati di Vitis vinifera subsp. Vinifera (McGovern 2003), ma la possibilità di identificare in modo affidabile questi reperti carbonizzati è ancora controversa. Per gli archeobotanici Daniel Zohary e Maria Hopf (2000), i semi di uva rinvenuti nel sito dell’Età del bronzo (ca. 5700-5200 anni fa) di Tellesh-Shuna (Giordania settentrionale) costituirebbero la più antica prova convincente della coltivazione della vite, poiché la sottospecie Vitis vinifera silvestris non è presente nella Giordania di oggi. Tuttavia, benché sia piuttosto improbabile che queste regioni oggi così aride, cinque o seimila anni orsono fossero un habitat idoneo alla vite, si potrebbe obiettare che potrebbe essere scomparsa dal territorio solo in tempi recenti.

Molto meno opinabili, invece, sono i reperti rinvenuti in diversi siti archeologici risalenti alla prima Età del bronzo (circa 5400-5200 anni fa) a Gerico (Palestina), Lachish (Israele), Numeira (Mar Morto, forse l’antica Gomorra), Arad (Israele) e Kurban Höyük (nei pressi di Urfa, nella Turchia meridionale), dove sono stati riportati alla luce non solo semi carbonizzati, ma anche frammenti di tronco di vite bruciacchiati e interi acini essiccati, da cui emergono prove affidabili della coltivazione di queste piante (Zohary e Hopf, 2000). Tuttavia, i primi tentativi di coltivazione della vite devono essere molto più antichi rispetto a questi reperti, visto che le prime prove chimiche della presenza di vino risalgono al sesto millennio avanti Cristo. Utilizzando la spettrometria a raggi infrarossi per rintracciare la presenza di acido tartarico nei depositi delle anfore (una sostanza che dimostra la presenza di uva), l’enoarcheologo Patrick McGovern e altri autori (1966) hanno scoperto che il vino veniva già prodotto intorno a 7400-7000 anni fa a Hajji Firuz Tepe (Iran settentrionale, monti Zagros), una zona collocata nella fascia più periferica dell’area di distribuzione attuale della vite selvatica. Le anfore in questione provengono da una residenza del Neolitico, dove giacevano sul lato, interrate nel pavimento della “cucina”, ed erano provviste di tappi di terracotta, il che dimostra che contenevano vino, e non mero succo d’uva. A questo vino – probabilmente simile alla Retsina greca – si aggiungeva della resina come conservante. Altre tracce di vinificazione sono emerse da analisi chimiche eseguite su alcuni campioni prelevati nel sito di Shulaveris-Gora in Georgia. In tempi molto recenti, gli scavi condotti in un sotterraneo di Areni, nell’Armenia sudorientale, hanno rivelato la presenza del più antico impianto di vinificazione mai scoperto sul Pianeta, un reperto confermato da analisi di cromatografia liquida e spettrometria di massa, risalente alla prima Età del rame, ossia a circa 6000 anni fa (Barnard et al. 2011).


mercoledì 19 febbraio 2025

AGRIGENTO, GIORNATA CONCLUSIVA DEL PROGETTO PREVANIA SULLA MORINGA

 

                            Alan David Scifo

 Allo Stelai di Agrigento, l’incontro finale della sperimentazione in Sicilia della Moringa oleifera Lam. e della Salvia officinalis L.

 

 

 

               Giornata conclusiva per ii progetto Prevania, dedicato alle sperimentazioni in Sicilia della Moringa oleifera Lam. e della Salvia officinalis L nel territorio siciliano. Il 19 febbraio, si terrà, allo Stelai di Agrigento, in via Alfredo Capitano 1, l’incontro conclusivo del progetto sulla sperimentazione dei prodotti ad elevato valore nutrizionale ed a impatto ambientale ridotto. La giornata formativa del progetto Prevania (Cup G66D20t00110009) è finanziata nell’ambito della sottomisura 16.1, “Sostegno per costituzione dei gruppi operativi del PEI in materia di produttività e sostenibilità dell’agricoltura” e vedrà la partecipazione del capofila del gruppo operativo, Salvatore Tirrito, di Michele Massimo Mammano, coordinatore scientifico del progetto, del professore Carlo Greco e di Giulia Salsi, del dipartimento Saaf Unipa. L’incontro, moderato dal giornalista Alan David Scifo, vedrà la partecipazione di Giuliana Garofalo e Luca Settanni, che relazioneranno sugli aspetti microbiologici e funzionali di Pecorino arricchito con foglie di moringa oleifera in polvere, di Giancarlo Fascella, del Crea di Palermo, di Francesca Tibaldo, della Fippo Produce e di Andrea Primavera, presidente della Fippo. Le conclusioni, prima del rinfresco finale, sono affidate al dirigente dell’area 3 dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura, dello sviluppo rurale e della Pesca Mediterranea, Antonino Drago. Organizzato dal Comitato Scientifico Organizzatore composto da Michele Massimo Mammano, Carlo Greco e Salvatore Ciulla, l’evento è patrocinato dall’Ordine dei dottori agronomi e dei forestali della provincia di Agrigento.

 


sabato 12 ottobre 2024

A SAnta Margherita Belice presentato EbioScartPlus

 

Il progetto  di economia circolare EbioScart Plus, finanziato dall'Assessorato Regionale all'Agricoltura con la misura 16.1 del PSR 2014-2022, ha continuato il suo programma di diffusione della sua missione sperimentale con la presenza nel cuore della Sicilia al “Ficondindia Fest” di Santa Margherita del Belice, in territorio di Agrigento.

  


La partnership si è contraddistinta da un campo sperimentale e da un dibattito pubblico sulle proprietà organolettiche e il riutilizzo degli scarti del ficodindia intitolato “L’ECONOMIA CIRCOLARE NEL COMPARTO FICODINDICOLO: l’esperienza del campo dimostrativo nel progetto Ebioscart Plus”.

All’incontro hanno partecipato, tra gli altri, il sindaco di Santa Margherita del Belice Gaspare Viola, l’assessore comunale all’agricoltura, Francesco Santoro;  Lillo Mistretta dell’Ispettorato   all’agricoltura di Agrigento; il consigliere dell Ordine dei dott. Agronomi e Forestali di Agrigento, Gero Barbera; il Presidente Collegio dei Periti Agrari e dei P.A.L. di Agrigento



Le relazioni tecniche, introdotte dall’innovation broker del progetto Carmelo Danzì, sono state curate da Massimo Todaro, responsabile linea 1 progetto; da Mauro Calvagna, referente del progetto e da Nino Sutera, responsabile Osservatorio Neorurale Dip. Agr. Regione Siciliana. Le conclusioni, attraverso video-messaggi, sono state a cura di Dario Cartabellotta, dirigente Generale Dip. Agr. Ass. Agr. Regione Siciliana e del prof. Massimo Russo, referente di neuro-marketing e docente dello Iulm di Milano.



«La partecipazione del progetto al Ficondindia Fest- ha detto Carmelo Danzì- rappresenta una nuova opportunità per far conoscere in Sicilia Occidentale le potenzialità di sviluppo economico per l’isola del progetto EbioScart Plus. Il campo dimostrativo, che si è tenuto nell’azienda Interrante alla presenza di scolaresche del territorio, ha voluto valutare gli effetti del compost ottenuto dalle bucce di ficodindia, in un appezzamento collocato ad orto. La tavola rotonda ha segnato, inoltre, un giro di boa importante per presentare le evidenze scientifiche e di trasferimento in cui si trova il progetto e delineare le attività necessarie da intraprendere per giungere al culmine dell’iniziativa tecnico-scientifica.




































sabato 8 giugno 2024

Filiera Brassicola

 Intervista a Katya Carbone, primo ricercatore CREA Centro Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura e coordinatrice progetti CREA dedicati.

L’impegno della ricerca CREA, a fianco delle imprese, per la costruzione di una filiera di eccellenza, quella della birra artigianale italiana.  

La filiera è una delle più indicate tra i partecipanti alla Rete regionale Sistema della Conoscenza e dell'Innovazione in Agricoltura 


Sinonimo di convivialità e relax, ma anche di tradizioni locali, biodiversità e diversità culturali, la birra è una bevanda adatta in ogni contesto, che piace ugualmente a giovani, donne e uomini senza distinzione di età, provenienza o stili di vita e che rappresenta anche uno strumento per raccontare il territorio e le materie prime locali, in un bicchiere. Proprio per questo, anche in Italia, ormai da più di un ventennio è esploso il fenomeno della produzione della birra artigianale, prodotto unico e apprezzato in tutto il mondo, che vede come protagonisti in prevalenza gli under 35, che hanno saputo intercettare la domanda di un prodotto artigianale e di qualità. Negli ultimi anni, però, la corsa del settore sta rallentando, a causa delle difficoltà legate al complicato momento storico-politico internazionale ed è sempre più insistente e sentita l’esigenza d’innovazione e di sostenibilità lungo l’intera filiera, per la produzione di birra artigianale 100% Made in Italy e per aumentare la competitività delle imprese italiane sui mercati esteri. Cosa sta facendo la ricerca del CREA per supportare una filiera della birra che sia autenticamente italiana?

1. Raccontaci il progetto LOB.IT: in cosa consiste e perché è nato?

Il progetto LOB.IT “Luppolo, Orzo, Birra: biodiversità ITaliana da valorizzare” è un progetto nazionale di ricerca scientifica, finanziato dal Masaf e coordinato dal CREA con la partecipazione dei colleghi del Dip. di Scienze degli Alimenti e del Farmaco dell’Università degli studi di Parma, che ha l’obiettivo di trasferire agli operatori di settore, imprenditori agricoli in primis, strumenti utili per valorizzare le proprie produzioni brassicole artigianali/agricole, attraverso l’implementazione di materie prime a forte connotazione territoriale, per costruire una filiera brassicola 100% made in Italy.

A fine 2020, la Lg. 178/2020 “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023”, all’art. 1, comma 138 istituì un “Fondo per la tutela e il rilancio delle filiere minori” (e.g. apistica, brassicola, della canapa e della frutta a guscio), con una dotazione finanziaria pari a 10 milioni di euro per l’anno 2021. Per quanto concerne il settore brassicolo, il Fondo di rilancio prevedeva, tra le altre cose, la realizzazione di un progetto di ricerca a sostegno dello sviluppo della filiera brassicola italiana legata alle materie prime, in particolare il luppolo, e, in misura minore, cereali da malto, orzo e lieviti da birra, limitatamente al genere Saccharomyces, per implementare, all’interno della filiera stessa, materie prime in grado di connotare territorialmente (effetto terroir) il prodotto birra, artigianale e agricolo, spingendo verso la realizzazione di un prodotto finito 100% made in Italy.

Il progetto è diviso in tre linee di ricerca monotematiche dedicate al luppolo, all’orzo e ai cereali alternativi per impiego brassicolo e ai lieviti da birra, a cui si aggiungono due linee di ricerca trasversali. Una dedicata alla comunicazione, che sfruttando il più possibile i diversi canali social del progetto cerca di contribuire attivamente alla crescita e all’espansione della cultura birraria in Italia, che si traduce anche in un consumo più consapevole e responsabile, e una linea di ricerca dedicata all’analisi statistico economica e allo studio dei modelli organizzativi della filiera.

2. Cosa significa e ha significato per la filiera brassicola e per le aziende? Quali benefici/vantaggi competitivi?

La birra, dopo il vino, è la bevanda alcolica maggiormente bevuta in Italia, con livelli pro-capite sempre più prossimi a quelli del vino. È, inoltre, un prodotto che genera valore condiviso (stimato in più di 10 miliardi di euro nel 2022) lungo tutta la filiera e un importante gettito fiscale (stimato in più di 4 miliardi di euro nel 2022) per il nostro Paese, ma, soprattutto, la birra è un prodotto della terra, dove malto, luppolo, lievito e acqua ne definiscono l’impronta digitale, caratterizzandola, insieme alla maestria del mastro birraio, in modo univoco. Queste caratteristiche si ritrovano e sono esaltate specialmente quando parliamo di birra artigianale e agricola. Tuttavia, questi settori negli ultimi anni, complice la congiuntura negativa legata alla pandemia e alla crisi economica e geopolitica internazionale, stanno facendo registrare, dopo il boom della decade passata, uno stallo del tasso di crescita e la necessità di imporsi sui mercati rispetto ai loro diretti competitors esteri.

LOB.IT vuole cercare di offrire alle aziende italiane, siano esse quelle dei produttori agricoli sia de i trasformatori finali, soluzioni tecnologiche innovative e trasferire conoscenze, che possano aumentare la loro competitività sui mercati nazionali e internazionali. La ricerca che portiamo avanti con LOB.IT è una ricerca applicata, che ha l’obiettivo di trasferire i risultati scientifici e tecnologici direttamente alle aziende e agli operatori di settore, favorendo la competitività e la sostenibilità delle imprese del comparto, valorizzando le produzioni agricole locali e rendendo la filiera capace di confrontarsi con le sfide della globalizzazione dei mercati. L’obiettivo è partecipare allo sviluppo di filiere corte, in grado di garantire ai piccoli e medi produttori una migliore redditività, nonché un più facile accesso dei consumatori a prodotti di qualità.

3. In cosa consiste il suo valore innovativo?

L’innovazione tecnico – scientifica del progetto consiste principalmente nell’avvio di un “percorso sostenibile” per la coltivazione di materie prime brassicole, tramite l’adozione di modelli virtuosi per la gestione della filiera. Le attività sperimentali che stiamo portando avanti hanno obiettivi concreti: ad esempio cercare di fornire agli agricoltori che coltivano luppolo indicazioni sul momento migliore per la raccolta, ai vivaisti materiale di propagazione sano per l’avvio di un vivaismo di qualità e ai trasformatori estratti funzionali innovativi per migliorare la qualità dei prodotti, contribuendo a ridurne l’impatto ambientale. Promuoviamo, inoltre, la coltivazione del luppolo anche per fini officinali, aprendo ad un impiego multisettoriale della pianta, che è annoverata tra quelle con un potenziale fitochimico importante per settori quali quello farmaceutico, nutraceutico e cosmeceutico. Un aspetto assolutamente innovativo è, indubbiamente, quello legato allo studio delle interazioni tra luppolo e lievito, con lo scopo di fornire ai mastri birrai italiani strumenti nuovi per ampliare le proprie produzioni. La ricerca di lieviti spontanei, legati al territorio, in grado di influenzare positivamente il profilo metabolico e il grado alcolemico del prodotto finale, potrebbe rivelarsi un metodo efficace sia per individuare un ceppo, con caratteristiche specifiche, adatto alla produzione di birre aromatiche, sia per ottenere tramite fermentazione e senza l’uso di procedure di dealcolizzazione birra a basso tenore alcolico, sempre più gradite al consumatore moderno. I risultati che conseguiremo in questa fase saranno di sicuro interesse per un settore che è ancora molto poco esplorato non solo in Italia, ma a livello internazionale.

C’è poi un altro aspetto innovativo, quello forse più ambizioso, che cerca di far conoscere LOB.IT anche ad un pubblico più ampio ed eterogeneo, che cerca di far uscire la ricerca e i ricercatori dai laboratori per far conoscere un po’ più da vicino il nostro lavoro anche a chi di questo lavoro è in qualche modo il fruitore finale. Abbiamo dedicato, in particolare, un canale IG (https://www.instagram.com/progetto.lob.it/) al progetto per avvicinare a LOB.IT gli appassionati di birra e non solo, mentre il canale LinkedIn del coordinatore del progetto (www.linkedin.com/in/katyacarbone), dai contenuti più tecnici, ha l’obiettivo di divulgare le attività progettuali ad una rete di professionisti appartenenti a settori diversi.

4. Questo non è il primo progetto coordinato CREA dedicato alla filiera della birra…

No, questo è il terzo progetto nazionale finanziato dal Masaf che coordiniamo, a cui si affiancano una serie di progettualità nazionali, come ad esempio il primo progetto che abbiamo coordinato BIRRAVERDE sulla gestione circolare dei residui di birreria, e regionali, che ci hanno permesso di diventare uno dei punti di riferimento per la ricerca, non solo italiana, nel settore delle materie prime d’interesse brassicolo, luppolo in particolare. L’attività del CREA in questo settore è ormai più che decennale e le ricerche e i risultati raggiunti in questi anni ci hanno permesso, su alcune tematiche in particolare, di ottenere anche una certa credibilità a livello internazionale.

5. Da LUPPOLO.IT e INNOVA.LUPPOLO: cosa abbiamo imparato? Come questo know how acquisito si inserisce e si fonde all’interno di LOB.IT? C’è continuità fra i progetti, che toccano diversi aspetti della filiera?

Da LUPPOLO.IT e INNOVA.LUPPOLO, la cosa forse più importante che abbiamo imparato è l’importanza del networking e di accogliere l’esigenza di ricerca del mondo produttivo, cercando di fornire le risposte necessarie allo sviluppo e al consolidamento della filiera.

La ricerca che portiamo avanti in questo settore, ormai da diversi anni, è sicuramente all’insegna della continuità, come sarebbe sempre auspicabile per il raggiungimento di risultati concreti, utili e trasferibili. La ricerca per propria natura, infatti, ha tempi lunghi e noi siamo stati fortunati perché sebbene la luppolicoltura e la birra artigianale rappresentino dei fenomeni di nicchia nel panorama agricolo e agroindustriale italiano, abbiamo potuto contare, fino ad oggi, su finanziamenti, che, seppur nella maggior parte dei casi contenuti, ci hanno permesso di non interrompere le nostre ricerche e di contribuire fattivamente allo sviluppo della filiera delle materie prime agricole. Tutto ciò ci ha consentito di massimizzare il know acquisito negli anni, che ci ha portato con LOB.IT a lavorare su tematiche attenzionate a livello internazionale, in linea con gli obiettivi di ricerca, che si stanno perseguendo in Paesi con una tradizione brassicola sicuramente più consolidata della nostra. La continuità ci ha poi permesso di non far mancare il supporto alle aziende, che si sono cimentate con la coltivazione di queste materie prime, con un’azione di networking nazionale tra tutti gli operatori della filiera, coinvolgendo anche gli stakeholder istituzionali, a livello regionale e nazionale, contribuendo fattivamente allo sviluppo della normativa di settore.

Micaela Conterio
Ufficio stampa CREA

Giornalista pubblicista dalla comprovata professionalità sia come addetto stampa, con particolare riguardo ai social media (relations, strategy, event e content) e al web, sia come redattrice di articoli presso diverse redazioni di testate giornalistiche nazionali. Fotografa e scrittrice per passione.



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lunedì 3 giugno 2024

Convegno conclusivo del progetto In.Mi.Qu.Oil

Gianna Bozzali 

Saranno presentati il prossimo 21 giugno, a Ragusa, i risultati del progetto di miglioramento della qualità della filiera olivicola In.Mi.Qu.Oil. Alla Camera di Commercio, i ricercatori del CREA ed i partner del progetto illustreranno nei dettagli le varie attività condotte in questi anni al fine di realizzare un modello produttivo tecnologicamente avanzato e sostenibile.

 


 Si terrà il prossimo 21 giugno 2024, presso la Sala “G. Cartia” della Camera di Commercio di Ragusa, il convegno conclusivo del progetto In.Mi.Qu.Oil., l’innovativo sistema finalizzato al miglioramento della qualità della filiera olivicola realizzato nell’ambito del PSR Sicilia 2014-2020 (Sottomisura 16.2 “Sostegno a progetti pilota e allo sviluppo di nuovi prodotti, pratiche, processi e tecnologie”). Obiettivo è stato quello di mettere a punto una metodologia scientifica standardizzata per lo svolgimento di tutte le attività volte al miglioramento della qualità del prodotto, sia in campo che in frantoio, dando così un significativo contributo alle criticità della filiera olivicola. Fondamentale è stato il supporto scientifico del CREA, di SATA, dello studio associato Agriengineering e delle aziende coinvolte attraverso un partenariato ossia Frantoi Cutrera (capofila di progetto), Az. Agricola Cinque Colli, Società agricola Giovanni Cutrera, Tenuta Iemolo, Azienda Busulmona, Az. Agricola La Via Giovanni, Tenuta Cavasecca e APO Catania.

Nel corso della mattinata i ricercatori del CREA, l’Innovation broker dott. Giuseppe Cicero ed i rappresentanti di Sata srl illustreranno i risultati dell’attività di ricerca portata avanti dai partner scientifici nei due anni di progetto alla presenza delle aziende partner. Si tratta di risultati significativi che saranno condivisi con quanti operano a vario titolo nella filiera olivicola.


 

Di seguito si riporta il programma dell’evento:

-          ore 9:00 registrazione dei partecipanti

-          ore 9:30 saluti a cura di Antonio Belcuore, Commissario Straordinario Camera di Commercio del Sud Est, e di Enzo Perri, Direttore del CREA, Centro di Ricerca Olivicoltura, Frutticoltura, Agrumicoltura

-          ore 9.40 introduzione dei lavori a cura di Giuseppe Cicero, Innovation Broker In.Mi.Qu.Oil, e Giuseppe Spina, responsabile progetto In.Mi.Qu.Oil

-          ore 10:00 presentazione dei risultati del progetto:

Il contributo della piattaforma Agricolus nel progetto In.Mi.Qu.Oil” a cura di Rodolfo Occhipinti, SATA srl

 

Monitoraggio della mosca delle olive per una difesa fitosanitaria sostenibilea cura di Veronica Vizzarri, ricercatore del CREA, Centro di Ricerca Olivicoltura, Frutticoltura, Agrumicoltura

Gestione sostenibile dell'oliveto per il miglioramento delle produzioni sicilianea cura di Filippo Ferlito, primo ricercatore del CREA, Centro di Ricerca Olivicoltura, Frutticoltura, Agrumicoltura

Monitoraggio dei parametri chimico-fisici delle drupe e degli oli DOP Monti Iblei” a cura di Innocenzo Muzzalupo, dirigente di ricerca del CREA, Centro di Ricerca Foreste e Legno.

Ai partecipanti Dottori Agronomi e Dottori Forestali saranno riconosciuti 0,5 CFP. L’iscrizione può avvenire sino al 20 giugno sul sito www.inmiquoil.it

  

lunedì 12 febbraio 2024

Il Lucido, un vitigno identitario della sicilianità enoica.

 


                                          G. Colugnati, G. Cattarossi

Colugnati&Cattarossi SRL, Innovation Broker, Progetto VISTA Lucido.


Hanno preso ufficialmente avvio ad agosto 2023 le attività in vigneto ed in cantina connesse al Progetto “Valorizzazione Innovativa e Sostenibile dei Terroir delle varietà Autoctone: il caso di studio del Lucido, finanziato dalla Regione Siciliana nell’ambito del PSR 2014-22, Sottomisura 16.1, e realizzato dal G.O. VISTA Lucido, con Capofila il Consorzio Tutela Vini Doc Sicilia ed il cui partenariato vede la presenza dell’ Istituto Regionale Vite Olio (IRVO) quale responsabile scientifico, Colugnati&Cattarossi (Innovation Broker), Novamont SpA e 8 realtà significative della filiera vitivinicola siciliana (Tenuta Di Donnafugata, Tenuta Gorghi Tondi, Alessandro Di Camporeale, Cantine Colomba Bianca, Cantina Sociale Paolini, Cantina Settesoli, Conte Tasca D'Almerita, Società Agricola Santa Tresa), ispirandosi pienamente al principio di bottom-up della ricerca e innovazione che l’Unione Europea considera condizione indispensabile per finanziare la ricerca applicata in agricoltura.

Quindi,un esempio concreto di sinergia tra il mondo produttivo, la ricerca applicata, la sperimentazione e le Istituzioni, insito nell’essenza stessa della Misura: infatti, il modello suggerito dall’Amministrazione regionale, nel solco delle politiche europee, è improntato ad un processo permanente e dinamico di co-progettazione dove i partner sono, da un lato, la pubblica amministrazione e, dall’altra, una varietà ampia di attori territoriali, quali centri di ricerca e sperimentazione, imprese, enti locali, con funzione di stakeholders, coordinati dalla figura dell’Innovation Broker, che hanno così trovato un contenitore scientifico nel Progetto VISTA Lucido.


 

Il Progetto persegue lo scopo principale di incrementare la quota di vino sostenibile di alta qualità attraverso la valorizzazione delle produzioni autoctone, con particolare riguardo a quelle più diffuse in Sicilia quale la cultivar Lucido (Catarratto bianco). Come noto, il Catarratto bianco lucido è la cultivar più diffusa in Sicilia con oltre 15.000 ettari (dati 2021) con una incidenza di quasi il 18% sulla superficie vitata regionale, coltivata principalmente nelle province di Trapani, Palermo e Agrigento anche se presente in tutta l’isola. Un vitigno identitario, quindi, iconico per certi versi, fortemente legato allo straordinario territorio della Sicilia occidentale, alla sua cultura e alle sue tradizioni, la cui presenza sull’isola è riconosciuta da secoli, tanto che è stato dimostrato geneticamente che il Catarratto è imparentato con altri importanti vitigni come la Garganega, considerata una delle più antiche varietà italiane e, assieme allo Zibibbo (Moscato di Alessandria), rappresentano i genitori dell’altro importante vitigno marsalese, il Grillo.

Un vitigno di così larga diffusione sul territorio e coltivato in terroir unici e molto diversi tra loro necessitava di una incisiva azione di valorizzazione di queste identità, attraverso una articolata analisi dei fattori che caratterizzano la risposta vitivinicola della cultivar all’ambiente e le loro interazioni e soprattutto la sua espressione sensoriale, così unica e tipica.

Collegate all’obiettivo principale, il G.O. VISTA Lucido si pone specifiche finalità, quali analizzare le strategie di mitigazione degli effetti negativi del climate changing sulle produzioni enologiche, monitorare la cinetica di maturazione della bacca, incrementare la biodiversità dell’agro-ecosistema vigneto siciliano, favorire l’incremento delle superfici vitate sostenibili, razionalizzare i consumi idrici nel vigneto, monitorare i consumi energetici e le emissioni di CO2 in vigneto e in cantina, favorire la creazione di una filiera del vino sostenibile tramite l’adesione a sistemi di qualità come la certificazione SOStain e agevolare la diffusione delle innovazioni acquisite tramite un sistema informatico utile alla raccolta dei dati aziendali, nonché all’informazione e aggiornamento di tecnici e operatori, sempre più specializzati nella conduzione sostenibile dei vigneti: il tutto nell’ottica di massimizzare la tipicità varietale e l’espressione sensoriale del Lucido nei diversi terroir.

Inoltre, il Gruppo Operativo, tramite il presente Progetto, intende sfruttare l’opportunità che deriva dallo studio agronomico ed enologico della più diffusa varietà siciliana, al fine di determinare prodotti innovativi utili a fornire all’intero comparto un vantaggio competitivo sostanziale e duraturo.

VISTA Lucido si articola in 5 azioni principali descritte in maniera esaustiva sulla pagina web del Consorzio alla quale si rimandano i lettori per una più agevole informazione: di queste, sicuramente l’Azione 4 (Comunicazione) rappresenta uno step strategico perché finalizzato alla più ampia e completa diffusione delle innovazioni sperimentate alle imprese regionali, e in ambito UE, perché possano beneficiarne in termini di conoscenze da trasferire quale plus nella competitività.

Per queste finalità, verranno attivati tutti i canali social ed i mezzi di comunicazione e divulgazione a disposizione (workshop, seminari, convegni, field days, wine tasting, ecc.): una presenza costante, ogni 10-15 giorni, sarà rappresentata dai social media del Consorzio dove verranno presentati e commentati argomenti tecnico-scientifici inerenti le attività di Progetto (biodiversità, terroir, agrosistemi e resilienza, gestione del suolo, cambiamenti climatici, attività di progetto, ecc.).

Un momento auspicabilmente di confronto e dibattito tra stakeholders e opinion leaders.





lunedì 5 febbraio 2024

Innovazioni sostenibili per il miglioramento della DOP Ciliegia dell’Etna

  

PSR 2014-2022 SICILIA  MISURA 16.1 

 

GO:   

Capofila: Consorzio per la Tutela della Ciliegia dell’Etna DOP

email: info@ciliegiaetnadop.it  tel: tel:335.6964720  

Coordinatore: Alberto Continella

email: alberto.continella@unict.it tel: 338.6570736   

Imprese agricole:

Case Perrotta Srl

FondoAranci di Enrico Cutuli

Il Ciliegio dell'Etna Srl

La Gelsomina

Ricerca:

CSEI Catania

Università:

Università degli Studi di Catania

Altri:

La Fenice Srl

I Peccatucci di Mamma Andrea Srl

 

Data inizio progetto 28/07/2020 e fine 30/07/2023






  Qual è la sfida o il problema pratico che il gruppo operativo sta affrontando o quale opportunità sta affrontando?

 L’obiettivo generale del progetto è di rafforzare la filiera della Ciliegia DOP dell’Etna mediante l’introduzione di innovazioni, e supportare la realtà produttiva del ciliegio, con lo scopo di realizzare un percorso di conoscenza: dalle caratteristiche agronomiche alle peculiarità qualitative. Sono stati affrontati diversi aspetti della filiera: dalla selezione di un clone della varietà DOP‘Mastrantonio, alla produzione in campo con tecniche economicamente ed ecologicamente sostenibili, dalla scelta del portinnesto più idoneo al controllo sostenibile dei due insetti carpofagi delle ciliegie, Ragholetis cerasi e Drosophila suzukii, fino alla gestione post-raccolta della ciliegia e all’individuazione di nuovi prodotti trasformati. Oggi si osserva sul territorio etneo la presenza di cloni della varietà ‘Mastrantonio’. Al fine di superare la difformità genetica del materiale di propagazione, durante lo svolgimento del progetto è stato selezionato il clone con le migliori caratteristiche vegeto-produttive. Pertanto è stato costituito un campo di piante madri di‘Mastrantonio’per la sua diffusione sul territorio assicurando omogeneità ed elevata qualità alle produzioni cerasicole locali. Il materiale è stato preventivamente saggiato dal punto di vista fitopatologico per propagare e fornire agli agricoltori materiale sano.

Per far fronte alle problematiche legate all’orografia che contraddistingue l’areale di coltivazione del ciliegio etneo, durante lo svolgimento del progetto sono stati introdotti portinnesti innovativi per ridurre l’habitus vegetativo delle piante. Sono stati istituiti impianti con le varietà di maggiore pregio (autoctone e alloctone che presentano caratteri fenologici, pomologici e qualitativi di rilievo) innestate su portinnesti selezionati per le loro caratteristiche, soprattutto con riferimento alla vigoria. L’influenza del portinnesto sulle caratteristiche vegeto-produttive e qualitative è stato studiato per tutta la durata del progetto.

Un altro obiettivo del progetto è stato il trasferimento di strategie e tecniche di irrigazione di precisione per produrre con ridotti consumi idrici frutti ad elevata qualità. Sono state trasferite alle imprese indicazioni al fine di eliminare o ridurre al minimo gli effetti indesiderati di contaminazione del suolo e dovuti all’utilizzo degli insetticidi di sintesi ad ampio spettro d’azione e scarsa capacità di degradazione. Questi erano utilizzati per combattere la mosca del ciliegio (Rhagoletis cerasi), che ovidepone sulle drupe all’inizio dell’invaiatura determinando rammollimento e marciume del tessuto dei frutti. Dal 2013 ad oggi, il dittero asiatico Drosophila suzukii, chiamato anche moscerino dei piccoli frutti, è diventato il principale problema fitosanitario di questa coltura. Un altro obiettivo del progetto è stato il trasferimento agli agricoltori delle innovazioni, tra cui i lanci di un insetto antagonista, Ganaspis brasiliensis, per il controllo sostenibile della Drosophila suzukii.

  Qual è la soluzione, la pratica, il prodotto, il processo concreto e innovativo sviluppato dal vostro OG per affrontare la sfida o cogliere l'opportunità?  

Le innovazioni introdotte riguardano una maggiore conoscenza delle risorse genetiche autoctone e delle tecniche agronomiche, tra cui l’utilizzo di portinnesti innovativi, per gestire la coltivazione ed esaltare le caratteristiche qualitative. Un campo di piante madri della ‘Mastrantonio’ è stato istituito al fine di selezionare e diffondere materiale geneticamente omogeneo e esente da problematiche fitopatologiche. Il ciliegio dolce è una pianta caratterizzata da una forte dominanza apicale e un’eccessiva vigoria, una tardiva epoca di messa a frutto e una raccolta laboriosa. Tutti questi fattori concorrono a determinare costi produttivi elevati. Per ovviare questa problematica, sono stati introdotti portinnesti innovativi a ridotta vigoria che riducono il periodo giovanile ed improduttivo e consentono la produzione di campi ad alta e media densità.

Nel contesto del cambiamento climatico, sono stati realizzati degli impianti di irrigazione a bassissima pressione e on-line scelti per tener conto delle esigenze idriche delle colture ed anche delle caratteristiche plano-altimetriche dei ciliegeti in esame. L’obiettivo è stato la diffusione di nuove tecniche di irrigazione che consentano l’ottenimento di prodotti ad elevata qualità con ridotti apporti irrigui.

Ai fini di una ottimale commercializzazione del prodotto, sono state messe a punto e applicate idonee tecnologie di condizionamento per il prolungamento della shelf-life in post-raccolta e sono state inoltre sviluppate alcune attività di produzione di trasformati della ciliegia. Nel dettaglio, sono state utilizzate tecniche innovative di IV gamma al fine di individuare il confezionamento migliore e di aumentare le caratteristiche qualitative del prodotto fresco.

Per quanto concerne le avversità biotiche, sono stati effettuati interventi di monitoraggio per la realizzazione di protocolli per il controllo sostenibile della Rhagoletis cerasi e della Drosophila suzuki. Presso quattro aziende partner del progetto ubicate nell’areale cerasicolo etneo, sono stati monitorati due ditteri carpofagi dall’inizio di maggio fino al periodo di raccolta delle ciliegie mediante sostituzione settimanale di trappole attivate con attrattivo alimentare. Questa tecnica innovativa ha consentito di associare la ridotta presenza del fitofago alla quasi assenza di danni ai frutti.

 

  In che modo i professionisti sono stati coinvolti nello sviluppo della soluzione, della pratica, del processo o del prodotto?  

Il progetto ha consentito il trasferimento di diverse innovazioni nella filiera cerasicola fornendo conoscenze alle aziende partner di progetto, e ai produttori locali e nazionali, sulle pratiche agronomiche, sulla lotta biologica e sulle tecniche di conservazione in IV gamma. Determinante in tal senso è stato il ruolo del capofila del progetto, il Consorzio per la tutela della ciliegia dell’Etna DOP che si prefigge di sostenere e promuovere le conoscenze dei cerasicoltori anche attraverso la ricerca e la sperimentazione.

Sono state effettuate prove di irrigazione deficitaria in tre aziende agricole in cui sono stati realizzati impianti che vengono modulati in base alle esigenze idriche delle colture ed anche delle caratteristiche plano-altimetriche dei ciliegeti in esame.

Sono stati progettati e realizzati tre campi dimostrativi presso tre aziende partner le quali si sono occupate della gestione agronomica ordinaria. L’obiettivo è stato trasferire agli agricoltori le conoscenze sul comportamento

dei portinnesti e delle varietà selezionate in condizioni ambientali diverse. La opportunità della realizzazione di campi dimostrativi in tre ambienti è data dalla esigenza di comprendere la risposta delle diverse combinazioni nesto/portinnesto selezionate al soddisfacimento del fabbisogno in freddo nei tre contesti territoriali, anche in virtù del cambiamento climatico in atto.

Presso le tre aziende partner è stata effettuata la lotta biologica attraverso il posizionamento di trappole in campo e trattamenti con bioinsetticidi. Inoltre è stata coinvolta una azienda di trasformazione per poter valorizzare la frutta mediante il conseguimento di confetture di elevato pregio organolettico e nutraceutico.

 

 Come avete diffuso i risultati del progetto al di fuori del progetto? 

I risultati del progetto sono stati divulgati attraverso webinar, social media, convegni e congressi nazionali in cui sono state presentate le problematiche legate alla coltivazione cerasicola etnea, gli obiettivi del progetto e le innovazioni di processo e di prodotto che sono state attuate ed introdotte nei diversi campi dimostrativi.

Atti di convegno:

La Spada P., Modica G., Siracusa L., Strano T., Gentile A., Continella A. 2023. Effetti del portinnesto sulle caratteristiche pomologiche, qualitative e nutraceutiche di due varietà di ciliegio dolce. XIV Giornate Scientifiche SOI. Torino (Italia), 21-23 Giugno 2023.

Lisi, F., Biondi, A., Cavallaro, C., Zappalà, L., Campo, G., Roversi, P.F., Sabbatini Peverieri, G., Giovannini, L., Tavella, L., Tortorici, F., Bardella, S., Carli, C., Bosio, G., Mori, N., Tonina, L., Zanini, G., Caruso, S., Vaccari, G., Masetti, A., Bittau, B., Bariselli, M., Schmidt, S., Falagiarda, M., Bertignono, L., Bonfanti, R., Giorgini, M., Guerrieri, E., Tropiano, F.G., Verrastro, V. and Baser, N. (2022). Current status of Drosophila suzukii classical biological control in Italy. Acta Hortic. 1354, 193-200 DOI: 10.17660/ActaHortic.2022.1354.25

Rizzo V., Celano F., Sorci P., Barbagallo S., Muratore G. (2021) “Comparison and Consumer’s Preference on Jam and Jelly from “Mastrantonio” Sweet Cherry Fruits”. in Proceedings of the 2nd International Electronic Conference on Foods - "Future Foods and Food Technologies for a Sustainable World", 15–30 October 2021, MDPI: Basel, Switzerland, Biology and Life Sciences Forum, 6, 1: 35. (EISSN 2673-9976). https://doi.org/10.3390/Foods2021-10990.

Rizzo V., La Spada P., Continella A., Barbagallo S., Muratore G. (2022) “Shelf life Assessment of Sweet Cherry “Ciliegia dell’Etna – cv. Mastrantonio” Influenced by Different Packaging Materials", “Shelf Life International Meeting 2022 (SLIM 2022)”, Bogotà (Colombia), 28 Nov. – 1 Dec. 2022. Book of abstracts, p. 68

 

Libro:

Innovazioni sostenibili per il miglioramento della ciliegia dell’Etna, S. Barbagallo, A. Gentile. Catania: CSEI, 2023.

 Quali sono stati i risultati concreti ottenuti attraverso queste attività di diffusione?  

Il progetto ha centrato l’obiettivo generale di rafforzare la filiera della Ciliegia DOP dell’Etna mediante l’introduzione di innovazioni studiate e messe a punto negli anni passati dall’Università di Catania. A tal proposito i prossimi impianti potranno usufruire del campo di piante madri di‘Mastrantonio’per il prelievo del materiale vegetale e la propagazione di materiale sano e geneticamente omogeneo. I nuovi impianti potranno godere delle conoscenze sul comportamento dei portinnesti nanizzanti per contenere l’habitus vegetativo e ridurre i costi di raccolta.

 Trasferibilità, scalabilità e creazione di valore di mercato dei risultati innovativi.

 Trasferibilità 

I risultati sono trasferibili in diversi contesti pedoclimatici e altimetrici poiché sono state individuate, studiate e selezionate cultivar particolarmente differenti in termini di calendario di maturazione, che viene intercettato interamente ed ulteriormente ampliato in virtù del gradiente altitudinale del territorio investito a questa coltura. Le analisi eseguite su questo germoplasma etneo hanno permesso di apprezzare le ampie e spesso ragguardevoli caratteristiche pomologiche ed organolettiche delle diverse varietà.

La lotta biologica effettuata presso le aziende del territorio etneo è trasferibile in altri contesti in particolare per limitare la diffusione delle due avversità entomologiche, Ragholetis cerasi e Drosophila suzukii. Anche l’utilizzo di tecniche agronomiche innovative, quali i portinnesti, e la produzione di frutta fresca in IV gamma sono risultati replicabili in altre realtà.

  Scalabilità 

Potrebbero essere realizzati campi con maggiori combinazioni di innesto al fine di studiare l’influenza del soggetto sulle caratteristiche vegeto-produttive e qualitative dei frutti.

La lotta biologica dovrebbe essere applicata in scala più ampia in modo da poter monitorare meglio la diffusione di Ragholetis cerasi e di Drosophila suzukii ed effettuare trattamenti con bioinsetticidi.  

  Creazione di valore di mercato  

La specializzazione degli impianti risulta importante per il rilancio del settore: l’elevata vigoria che conferisce il franco come portinnesto e i notevoli costi di raccolta e potatura conseguenziali hanno reso nel tempo necessario la valutazione di nuovi portinnesti in grado di contenere lo sviluppo della chioma e rendere economicamente sostenibile la coltivazione del ciliegio in tali areali. Gli studi effettuati sulle diverse combinazioni di innesto hanno evidenziato un miglioramento nel gusto, nel colore della buccia e della polpa, nella consistenza e nella dimensione.

L’analisi dei frutti in post-raccolta ha consentito di individuare un materiale film BIO ad alta barriera biodegradabile a base di cellulosa che ha influito in modo significativo sulla qualità post-raccolta della ciliegia dolce.

Attraverso la realizzazione di impianti pilota, sono state trasferite le conoscenze al comparto circa l’utilizzo della tecnica di micro-irrigazione per ottenere adeguati risparmi idrici e incrementare l’efficienza d’uso dell’acqua da parte delle colture.

I lanci di un insetto antagonista, il Ganaspis brasiliensis, per il controllo sostenibile della Drosophila suzukii, parassita che ha danneggiato in modo rilevante le produzioni degli ultimi anni, appare promettente per la risoluzione di questo problema.

 

 





 

 

 

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