sabato 16 settembre 2017

Officinali in Sicilia



Sambuca di Sicilia, ospiterà il prossimo 28 settembre, il     seminario nazionale
  Officinali in Sicilia 

 Evento Tecnico-Divulgativo indirizzato agli imprenditori agricoli 

che vogliono avviare o potenziare la propria attività nelle 

settore 

della produzione, trasformazione e commercializzazione delle 


piante Aromatiche ed Officinali.


Dopo i saluti istituzionali sono previsti gli interventi su:

   Il ruolo delle piante officinali nel contesto agricolo siciliano
Dott. Antonino Sutera 
(Coordinatore Osservatorio di NeoRuralità - Ente Sviluppo Agricolo - Reg. Sicilia)

    La struttura  delle aziende produttrici  di piante aromatiche e officinali e corretto accessal mercato.
Dott. Andrea Primavera 
FIPPO (Agronomo Libero Professionista  - Presidente Federazione Italiana
Produttori Piante Officinali)


            Potenzialità commerciali delle Piante officinali, iter autorizzativo per l'immissione in commercio e strategie di Marketing.

Dott.ssa Valery Licata 

(Responsabile Marketing e Vendite

Rao Erbe)


    Coltivazione delle specie Aromatiche in Sicilia: EsperienzaAziendale
Dott. Gaetano Chiapparo 
(Presidente Associazione Produttori Piante Aromatiche di Sicilia)


    Estratti da Fico D'india: L'esperienza di una giovane impresa all'avanguardia
Dott. Vincenzo Monreale 
(Amministratore di BioinAgro e Presidente di Promolmprese)


    La tecnica irrigua nella produzione di piante aromatiche ed officinali.
Dott.  Marco Ventimiglia
(Agronomo Libero professionista)


    Coltivazione e Trasformazione delle piante Aromatiche ed Officinali; gli errori da non fare

Dott. Marcello Militello 
 (Agronomo Libero Professionista)


L'agricoltura italiana, nel suo lungo e difficile percorso di crescita, si è dovuta misurare con i profondi mutamenti che hanno interessato le economie, i mercati e le agricolture di tutti gli altri Paesi.
 Ciò ha dato luogo ad un lungo processo di trasformazione e modernizzazione, che ha allineato il ruolo dell'agricoltura italiana, nell'ambito del nostro sistema economico, al ruolo ricoperto dal settore  negli altri Paesi ad economia fortemente industrializzata.





Un processo di graduale sostituzione delle colture meno redditizie o di riorientamento al mercato ed una maggiore diversificazione delle colture che prenda avvio e stimolo dalle difficoltà incontrate nell'ultimo decennio potrebbe, dunque, costituire un importante contributo alla ripresa del settore.


























 In tal senso la scelta di porre l'attenzione verso un settore da valorizzare qual’è quello delle Essenze Officinali appare quantomeno sensata.
Una attenta riflessione sul mercato delle piante officinali porterà senza dubbio all’opportunità di concedere a  queste specie una possibilità di sviluppo concreta e di una seria programmazione.
 Attualmente nel nostro Paese il 30% delle disponibilità è destinato all'industria liquoristica e delle bevande, il 24% all'industria farmaceutica, il 16% all'industria della cosmesi e profumi, il 14% all'erboristeria, il 12% all'industria alimentare, il 3% all'omeopatia e l'1% all'industria dei coloranti.
Un business, quello legato alle erbe officinali, che in Italia vale 1.100 miliardi. (fonte: F.I.P.P.O.)
Ma né il boom delle erboristerie ed il loro continuo aumento, né la crescente domanda in fitoderivati ha stimolato l'incremento della produzione di erbe officinali, che in verità si mantiene sugli stessi livelli ormai da anni. Il mercato delle specie e derivati officinali, che ha conosciuto in Italia un periodo estremamente florido soprattutto a cavallo delle due guerre tanto da soddisfare il fabbisogno nazionale di prodotti erboristici ed esportarne quantitativi importanti, conosce oggi una situazione gravemente deficitaria.
Il 25% del fabbisogno nazionale sarebbe soddisfatto dalla produzione nazionale e per il 75% da quella estera.   Le importazioni si aggirano mediamente intorno ai 750.000 q, per un valore medio intorno ai 400 miliardi. Considerando le esportazioni del settore, il saldo negativo è intorno a 250-300 miliardi.
Nonostante le potenzialità per aumentare l'offerta interna di Piante Officinali non sembrano esserci spazi per chi vuole intraprendere questa attività a causa, soprattutto, di problemi di carattere normativo e sostanzialmente legati ai rapporti con il mondo della trasformazione e della commercializzazione.
 Il problema vero è quello della valorizzazione delle produzioni che andrebbe attuata con l'adozione di disciplinari che prendano in considerazione l'intero ciclo, dalla produzione allo stoccaggio, fino alla trasformazione. Il settore soffre non solo della mancanza di strutture organizzative che facilitino l'approccio dei produttori al mercato, ma soprattutto una vera industria della trasformazione e della lavorazione delle piante officinali, che affianchi la miriade di piccoli laboratori artigianali che lavora in maniera difforme e frammentata.
Accanto alla globalizzazione  dei mercati che ha inevitabilmente portato ad un appiattimento dei prezzi sui livelli internazionali  con conseguente aumento delle importazioni da parte di quei Paesi dove il costo della manodopera è sensibilmente inferiore al nostro, si assiste alla ricerca da parte del consumatore del prodotto di qualità, garantito soprattutto dal punto di vista igienico-sanitario.
La regolamentazione del settore e la nascita di una vera industria della trasformazione creerebbe in pochi anni posti di lavoro in agricoltura, artigianato, industria, commercio e permetterebbe allo Stato un notevole risparmio in assistenza sanitaria.
 In Italia, infatti, già il 25% della popolazione fa abitualmente uso di prodotti naturali a base di erbe e quella dell'automedicazione è una realtà in continua crescita.
Appare, pertanto, opportuno, espandere la produzione nazionale a patto che si compia un salto di qualità e l'offerta, che attualmente si presenta estremamente polverizzata, venga concentrata e, principalmente, punti sul fattore qualità come elemento competitivo col quale contrapporsi all'offerta estera. Quest’ultima risulta vantaggiosa in termini di prezzo, di omogenietà e di costanza degli approvvigionamenti. Tuttavia, essa non è scevra da inconvenienti: tempi lunghi di sdoganamento, deterioramento ed inquinamento del prodotto durante le fasi di trasporto e stoccaggio, mancanza di notizie sull'origine della droga, delle agrotecniche, dei tempi e modi di raccolta e di garanzie igienico-sanitarie.
Le grosse potenzialità di espansione espresse dal mercato e le considerazioni appena fatte assicurano sulla scelta di puntare al potenziamento del settore officinale nazionale con particolare attenzione alle regioni del Mezzogiorno d'Italia, vocate per la coltivazione di tutte le specie aromatiche o da condimento, da profumo e medicinali, compresi i frutti minori, attualmente molto richiesti dall'industria farmaceutica.
Da qui, l’esigenza di una ricerca a livello regionale che possa dare impulso all’introduzione di queste colture aromatiche e medicinali negli ordinamenti colturali siciliani.
 Esse possono essere impiegate, stante la loro rusticità ed adattabilità, nel recupero di numerose aree interne collinari e montane, frequenti nelle regioni meridionali, dove molto limitate sono le possibilità di scelta produttiva e dove per frenare il fenomeno dell'abbandono è necessario trovare nuovi spazi occupazionali e nuove forme di integrazione al reddito delle famiglie. Inoltre, in coltura specializzata e con l'ausilio delle più moderne tecniche colturali, possono sostituire validamente  talune colture tradizionali.

SITUAZIONE ESISTENTE
L’attuale interesse per le piante aromatiche e medicinali nasce, in primo luogo, dal fatto che la richiesta dei prodotti derivati da esse è andato sempre più allargandosi, in armonia con la sempre più diffusa esigenza di migliorare la qualità della vita, anche tramite la fruizione di sostanze sempre più genuine.
Nell'ultimo decennio, infatti, la domanda di prodotti biologici è cresciuta in modo considere­vole, ma non si può dire altrettanto per il mercato e la diffusione di tali prodotti la cui offerta, dagli anni '30 ad oggi, si è comunque allargata, con una continua innovazione nei processi produttivi e nel marketing del "biologico". Parallelamente a questo sviluppo è corrisposto una sempre maggiore consapevolezza delle relazioni esistenti fra nutrizione e salute.
In un’ottica di un'agricoltura tesa alla fondamentale funzione della tutela ambientale, le piante aromatiche e medicinali assumono oggi una nuova impor­tanza affermandosi sempre più come colture in grado di fornire materie prime diversificate per la realizzazione di prodotti "naturali" classici e innovativi.
 La loro coltivazione, in ambienti vocati, come quello siciliano, al di là dell'a­spetto strettamente produttivo, può creare i presupposti per uno svi­luppo rurale autenticamente "inte­grato" e può costituire una delle possibili soluzioni ad uno dei pro­blemi principali che affligge la nostra agricoltura: la neces­sità di re­pe­rire produzioni alternative e di qualità  che siano in grado di offrire nuove pos­sibilità di occupa­zione e di integrazione del reddito, soprattutto in aree marginali di collina e di montagna.
Le piante aromatiche e medicinali sono in grado di vegetare molto bene anche in assenza di input energetici di rilievo e facendo uso di tecniche agricole di tipo conservativo che richiedono ridotte lavo­razioni e una minore uti­lizzazione di fertilizzanti di sintesi chi­mica.
L'agronomia ha sempre dedicato alle piante medicinali uno spa­zio molto ridotto in quanto tradizionalmente considerate ai margini dei grandi interessi economici. Superato definitivamente il vecchio luogo comune che vo­leva le piante medicinali in coltura più povere di principi attivi di quelle sponta­nee, molti problemi devono ancora essere risolti riguardo so­prattutto alla de­finizione della migliore agrotecnica in condizioni di­verse da quelle dell'habitat naturale.
La speciale attenzione riservata dall’UE alle colture non eccedenta­rie, nonchè l'orientamento dell'opinione pubblica e delle Istituzioni volte a ri­cercare e favorire produzioni agricole di qualità, potrebbero favorire le possibilità di sviluppo della loro coltivazione.

La crescente attenzione nei riguardi delle piante officinali trova ulteriore conferma nella   istituzione nel corso di Diploma universitario in tecniche erboristiche (Decreto Murst del 6 giugno 1995, G.U. 1902 del 1996), che potrà dare un notevole contributo alla preparazione di tecnici di alto livello nel settore.
Il mercato richiede, infatti, derivati da piante officinali rispondenti a chiari standard di qualità. Le officinali, specie se di uso erboristico, sono un prodotto di élite, la cui valutazione economica dipende molto dalle caratteristiche di pregio del prodotto.
L'unica forma commercializzabile delle piante officinali è un prodotto che ha subito almeno una prima trasformazione e spesso è oggetto di una seconda trasformazione per l'ottenimento dei fitoderivati utilizzati poi come materie prime dell'industria.
Proprio questa seconda fase del processo produttivo necessita di un adeguato approfondimento mirato alla messa a punto di modelli di trasformazione in grado di garantire l'ottenimento di prodotti rispondenti a tutti i requisiti richiesti sia dalle normative, in particolare per ciò che attiene il livello di igienicità del prodotto, che dal mercato.

Tuttavia, il conseguimento di concreti risultati sul piano economico è possibile solo se si realizza una più stretta collaborazione tra le parti interessate per il collocamento delle produzioni attraverso la stipula di contratti tra produttori e utilizzatori industriali.
L’ambito in cui si intende svolgere l’attività di ricerca interessa l’intero territorio della Regione Sicilia.

PUNTI DI FORZA
Ø Costante incremento del consumo di prodotti officinali (tal quali e trasformati);
Ø Importazione di prodotto grezzo e/o trasformato  dall’estero senza garanzie igienico-sanitarie di prodotto e di processo;
Ø Aumentata sensibilità del consumatore verso prodotti naturali e innovativi;
Ø Rivalutazione di prodotti a base di erbe per la cura del corpo e per l’automedicazione;
Ø Condizioni pedoclimatiche, in Sicilia,  favorevoli alla coltivazione di P.O.;
Ø Possibilità di valorizzazione di aree marginali soggette a rischio di erosione idrogeologica;
Ø Espansione del mercato dei prodotti biologici e tipici nell’ambito delle attività legate al turismo rurale;

PUNTI DI DEBOLEZZA
Ø Frammentazione e polverizzazione dell’offerta di prodotto. Assenza di materie prime di alta qualità, esenti da pesticidi e carat­terizzate da elevati standard qualitativi;
Ø Mancanza di strutture organizzative che facilitino l’approccio dei produttori al mercato;
Ø Mancanza di una vera industria della lavorazione e trasformazione delle piante officinali;
Ø Scarse conoscenze sulle tecniche di coltivazione e di trasformazione;
Ø Assenza di organizzazione e collegamento tra i vari segmenti della filiera;
Ø Elevati costi di produzione per mancanza di meccanizzazione soprattutto nella fase di raccolta;
Ø Mancanza di accordi tra produttori, industriali e commercianti mediante la stipula di contratti, non tanto di coltivazione preventivi, ma sottoforma di veri accordi interprofessionali. Quest’ultimi, da un lato dovrebbero salvaguardare gli interessi del produttore, dall’altro dovrebbero garantire un costante flusso di prodotti con caratteristiche qualitative concordate con l’utilizzatore,

http://www.agrinnovazionesicilia.it/wp-content/uploads/2015/10/piante_officinali_2008.pdf 


Un antico erbario incominciava così
il suo sermone introduttivo:

Herbis, non verbis medicorum est pellere morbos;
herbis, non verbis fiunt medicamenta vitae;
herbis, non verbis curantur corporis artus;
herbis, non verbis fiunt unguenta saluti;
herbis, non verbis redeunt in corpora vires;

“Non si cacciano le malattie con le parole;
non si curano le membra non si fanno medicine e unguenti,
non si ristorano le forze del corpo con le parole, ma con le erbe”



 Questa è una convinzione comune a tutta l’ antichità: i rimedi ai nostri mali fisici dobbiamo cercarli nella natura che è la provvida madre degli uomini, preparata per loro da Dio,  perché trovino in essa tutto il necessario alla vita, dall’ aria per respirare alle medicine per i loro inevitabili malanni, dal cibo per nutrire il corpo, ai succhi vari che li stimolano e li confortano.
Per secoli le erbe sono state le spezie dei poveri. I ricchi inondavano le carni di noci moscate, cannelle, chiodi di garofano per coprirne, talvolta, l’ odore putrefatto. Ai poveri, bastava qualche foglia dal gusto meno consueto per ravvivare un’ insalata altrimenti stucchevole o per ridare una piena freschezza a frittate fatte con uova di seconda scelta.   Alle erbe l’ immaginario popolare attribuiva i più ampi poteri.  
L’uso delle piante officinali è antichissimo, i primi rimedi sono stati proprio quelli forniti dai vegetali, ma costituisce anche una tradizione plurimillenaria  che è giunta   fino a noi.
La conoscenza delle proprietà terapeutiche, il riconoscimento delle piante e delle parti da utilizzare, la scelta del momento della raccolta e le modalità di conservazione e di preparazione dei medicamenti sono stati nel corso dei secoli l’unica medicina a disposizione   della popolazione.    

domenica 10 settembre 2017

Caltabellotta, Borgo GeniusLoci De.Co.



    nucciatornatore 

Al Sindaco Paolo Segreto 
il riconoscimento 
 "Custode dell'Identità Territoriale"
del percorso Borghi GeniusLoci De.Co.
durante la manifestazione Olio Folk Fest

“La  tutela della storia, delle tradizioni, del patrimonio culturale comunale ed i sapori tradizionali legati alle produzioni del territorio sono un patrimonio di inestimabile valore da difendere e preservare”.ha affermato Nino Sutera 
 Con la consegna del riconoscimento “Custode dell’Identità Territoriale” al Sindaco della Città  Dr Paolo Segreto, si avvia sostanzialmente, la procedura per consentire l’ istituzione di Caltabellotta,  Borgo GeniusLoci De.Co. (Denominazione Comunale)    



Il percorso  Borghi  GeniusLoci De.Co.   prevede un modello dove gli elementi essenziali di relazionalità sono il territorio, le tradizioni, la tipicità, la tracciabilità e la trasparenza, elementi  che rappresentano la vera componente innovativa, da condividere con il territorio e per il territorio.

    Chiediamo a Nino Sutera,      Che cos’è un  Borgo  GeniusLoci De.Co.?
E’ un percorso culturale, al francese “terroir”, preferiamo il latino “genius loci”, un equilibrio di forze ed energie caratteristico di un luogo definito e pertanto irripetibile. Il percorso Borghi  GeniusLoci De.Co.,   prevede un modello dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-(intesa come specificità)-Tracciabilità e Trasparenza, che rappresentano la vera componente innovativa, da condividere con il territorio e per il territorio. Si tratta di un percorso che vuole salvaguardare e valorizzare il “locale”, rispetto al fenomeno della globalizzazione, la quale tende ad omogeneizzare prodotti e sapori. Nelle arti e non solo, il “GeniusLoci” rappresenta concettualmente quello “spirito” percepibile, quasi tangibile, che rende unici certi luoghi ed irripetibili certi momenti, uno spazio, un edificio o un monumento. Non solo: il Genius Loci è anche nelle immagini, nei colori, nei sapori e nei profumi dei paesaggi intorno a noi, che tanto spesso, anche all’improvviso, ci stupiscono ed emozionano. Le persone “respirano” il genius loci di un luogo, di un ambiente quando ne hanno piena coscienza. Ognuno di noi è attaccato ad un luogo d’infanzia, ad un ricordo, ad un affetto, a un dolce, ad un piatto. Ecco, l’obiettivo è recuperare l’identità di un luogo, attraverso le prelibatezze storiche e culturali del territorio. Il percorso è stato inserito tra gli esempi virtuosi del -FORUM ITALIANO DEI MOVIMENTI PER LA TERRA E IL PAESAGGIO- “Salviamo il paesaggio, difendiamo i territori” Il format è stato presentato: * Poster Session del Forum P.A. di Roma; * VALORE PAESE economia delle soluzioni, organizzata da ItaliaCamp a Reggio Emilia; * Premio nazionale Filippo Basile dell’AIF · XXVI Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Formatori di Palermo. EXPO2015 MILANO 
Qual è la mission?     Il percorso Borghi GeniusLoci De.Co.,   mira a salvaguardare e valorizzare il “locale”, rispetto al fenomeno della globalizzazione, che tende ad omogeneizzare prodotti e sapori. Il Genius Loci rappresenta l'essenza, l'identità di un territorio; ad esso appartengono le immagini, i colori, i sapori ed i profumi dei paesaggi. Obiettivo del Percorso GeniusLoci De.Co. è recuperare l’identità di un luogo, attraverso anche le valorizzazione delle produzioni di eccellenza e delle tradizioni storiche e culturali dello stesso, al fine di ottimizzarne la competitività.
Il percorso innovativo “Borghi Genius Loci De.Co.”, attraverso il quale si intende incrementare il turismo enogastronomico puntando sulla spiccata tipicità delle pietanze ereditate dalle antiche tradizioni locali, in grado di esprimere l’essenza più autentica e di “raccontare” la storia di un territorio finalizzato a rafforzare l’identità del territorio attraverso l’esaltazione delle rispettive peculiarità gastronomiche, sulla base dell’assunto che una pietanza non serve solo a soddisfare l’appetito ed a fornire all’organismo apporti calorici e nutrizionali, ma riesce anche a “raccontare” la cultura, i valori e le tradizioni dell’ambiente in cui la si cucina e, prima di tutto, la si “pensa”.
Qual è la differenza rispetto agli altri strumenti?   «La denominazione comunale (De.Co.) “Borghi Genius Loci” è un atto politico, nelle prerogative del Sindaco, che presuppone una conoscenza del passato, un’analisi del presente ed una progettualità riferita al futuro. Il tutto nell’ottica del turismo enogastronomico, che se ben congegnato e gestito, costituisce una vera e grande opportunità per lo sviluppo dell’economia locale, specie per le piccole comunità rurali, che nei rispettivi prodotti alimentari e piatti tipici hanno un formidabile punto di forza attrattiva nei confronti del visitatore.
 Illuminante, al riguardo, la definizione che il compianto Luigi Veronelli  ideologo delle De.Co.  ha dato del “genius loci”:   esso è da intendere come “l’intimo ed imprescindibile legame fra uomo, ambiente, clima e cultura produttiva.  
Qual è la vision?  La bellezza e l'unicità del paesaggio, gli insediamenti storici, la rigogliosa natura ha regalato diversi elementi attrattivi ereditati dalla tradizione ed in grado di affascinare i cosiddetti “viaggiatori del gusto”, ossia quei tanti turisti intelligenti e colti alla ricerca della buona tavola, non solo per apprezzarne le qualità gastronomiche, ma anche per l’intimo e profondo legame tra essa ed il territorio.
Il valore di una De.Co.(Denominazione Comunale) è quello di fissare, in un dato momento storico, ciò che identifica quel Comune. A memoria futura, oppure come occasione del presente per cogliere un’opportunità di marketing. I prodotti agro-alimentari e artigianali racchiudono al loro interno tradizione, cultura, valori, conoscenza locale, e, forse la cosa più importante, l’autenticità del loro territorio di origine. La Denominazione Comunale non è un marchio di qualità, ma il biglietto da visita di una comunità, sulla quale possono operare i sindaci per salvaguardare e valorizzare l'identità di un territorio.
In conclusione  Dr  Sutera quali sono  i contenuti Genius Loci?
L’ effetto GeniusLoci   è la capacità che deve avere un territorio, di « produrre », grazie al saper fare dell’uomo che possiede il gusto del territorio nel quale riconosce in modo permanente la singolarità ed il valore.
Mentre i contenuti innovativi sono:  l’originalità, dal latino oriri, derivare, non solo da un punto di vista topografico, ma culturale, vuol dire non distorcere la voce  del territorio di provenienza.
La naturalità, produrre senza interventi estranei all’azione del territorio.
L’Identità  dal latino Idem, uguale che non cambia nel tempo, quindi facilmente riconoscibile, perché è il senso del luogo.
Infine  la specificità, nel significato dato da Max Weber nel 1919 di qualcosa facilmente riconoscibile per le sue caratteristiche originali (un dolce, un piatto, un evento una tradizione)
Infine, quali sono i requisiti che i comuni debbono possedere per far parte del circuito dei Borghi GeniusLoci De.Co.?
 Per garantire la sostenibilità del percorso occorrono dei principi inderogabili e non barattabili, innanzitutto  la storicità e l'unicità, l’interesse collettivo, condiviso e diffuso e a burocrazia zero.  Il mito che circonda la maggior parte dei territori rurali di successo, assomiglia a una favola vera fatta di personaggi e di eccezionalità, e di unicità. Aspetti importanti che collocano l’idea del Borgo GeniusLoci  De.Co. all’interno di un percorso culturale e di pensiero innovativo volto alla difesa delle peculiarità territoriali.   
In questo processo culturale, i disciplinari, le commissioni, e i regolamenti, mutuati dai marchi di tutela di tipo europeo(DOP, IGP, DOC, ect) sono perfettamente inutili e controproducenti.
















Bisogna dire infine,   che non è un percorso per tutti, ne tanto meno tutti i Comuni hanno i requisiti necessari per essere inseriti tra i Borghi GeniusLoci De.Co.

sabato 9 settembre 2017

Alla riscoperta del Giustalisa, grano raro del Belice


A TAVOLA CON I GRANI RARI DEL BELÌCE. 

Alla riscoperta del Giustalisa. 

TAVOLO TECNICO DI DEGUSTAZIONE ENOGASTRONOMICA 


Un evento  con la partecipazione magistrale degli chef Michele Ciaccio e Francesco Mauceri, e tanti amanti del buon gusto autoctono, che hanno preso parte al tavolo tecnico di degustazione, come  Francesca Cerami,Peppino Bivona, Giacomo Glaviano,  Baldo Portolano, Francesca Capizzi, il Sindaco Franco Valenti e l'On Rita La Rocca Ruvolo, Nino Sutera e chiaramente Melchiorre Ferraro e la sua famiglia,   oltre a  150 ospiti


Ecco le specialità che hanno impreziosito la cena degli ospiti presenti al ristorante Opuntia .
MENU
1-La tradizionale bruschetta di Matarocco con olio Evo Nocellara del Belice D.O.P.
2-La Vastedda del Belice D.O.P. incontra il grano antico Giustalisa il miele di fichidindia
3-La Muffuletta di grano antico Giutalisa con le verdure dell'ortolano e I profumi del Mediterraneo
4-La minestra di grano antico Giustalisa con gambero bianco di Sciacca e ciliegino
5-ll pacchero di semola di Giustalisa nel suo pesto del.Belice con vellutata di Pecorino stagionato D.O.P.
6-La terra incontra il mare il cous cous di grano antico Giustalisa con il pescato della nostra costa.
7-Gelato di Fichidindia pralinato al pistacchio con croccante di mandorla e nuvola di zucchero filato
8- Sfrigghiuliata di grano antico Giustalisa con ricotta grezza in purezza e mosto d'uva cotto.






giovedì 7 settembre 2017

IL 9 SETTEMBRE IN PROGRAMMA L “OLIO FOLK FEST”

una giornata esclusiva per gli 
appassionati del buon gusto.

Il Comune di Caltabellotta, in collaborazione con la locale associazione “Triokala” e con l’Idimed, ha promosso l’annuale appuntamento di “Olio Folk Fest” che si propone per sabato 9 settembre prossimo di valorizzare l’olio extravergine d’oliva, uno dei più pregiati prodotti della provincia di Agrigento e alla base dell’economia caltabellottese. 

























Si tratta di una giornata intensa di appuntamenti che alle ore 10,45 prevede l’apertura degli stand espositivi e alle ore 11 la presentazione dei laboratori di assaggio e di degustazione “La carta degli oli di Sicilia” a cura di Dino Catagnano, Panel Leader degli oli extravergine d’oliva, e alle ore 12,30 il focus tematico “La Carta del Pane di Sicilia” a cura di Mario Liberto.
Alle 13,00 si svolgerà la degustazione di pani, oli di Sicilia  ed altre golosità dell’associazione provinciale Cuochi e Pasticcieri di Agrigento, chef Giovanni Montemaggiore, con la partecipazione dell’Istituto Alberghiero “Amato Vetrano” di Sciacca.
Nel pomeriggio invece è stata programmata la tavola rotonda che affronterà il tema “Territorio, tradizione, innovazione” nei locali della biblioteca comunale. I saluti istituzionali saranno portati  da Paolo Segreto (sindaco), Vincenzo Cusumano (Irvo), Nino Sutera (coordinatore osservatorio Neoruralità Esa), Alfio Mannino (segretario regionale Flai Cgil), Germano Boccadutri (presidente regionale Ordine Agronomi), Paolo Mandracchia (presidente Upo Sicilia), Caterina Mulè (dirigente scolastico IISS Vetrano), Salvatore Gazziano (ufficio gabinetto assessorato regionale Agricoltura e Foreste), Bartolo Fazio (consigliere Idimed). 
Gli interventi tematici del convegno saranno tenuti da Dugo Giacomo, Dino Catagnano, Peppino Bivona, Irene Polizzotto, Graziani Barbanti. Farà da moderatrice Francesca Cerami. 
Seguiranno la consegna del Premio Olio Extravergine Biancolilla di Caltabellotta, del Riconoscimento di “Custode dell’Identità Territoriale” del precorso Borghi GeniusLoci De.Co. al sindaco di Caltabellotta Paolo Segreto.
Alle 18,30 si svolgeranno i laboratori Bimbi “Olio in fabula” e alle ore 19 uno show coking “La Sicilia che ci piace: l’olio tra il dolce e il salato” a cura dell’associazione provinciale Cuochi e Pasticceri di Agrigento, con la partecipazione del prof. Giovanni Montemaggiore e di Maurizio Artusi di CucinArtusi.it.
A chiudere alle ore 21,30 lo spettacolo musicale con “QBeta tour” con la partecipazione di Max Busa.
“Intendiamo con le degustazioni, i convegni, gli incontri, i premi, i laboratori e tante autorità e studiosi del comparto agricolo – spiega il sindaco di Caltabellotta Paolo Segreto – valorizzare, far conoscere e promuovere l’olio extravergine d’oliva del nostro territorio apprezzato ormai a livello nazionale e legato essenzialmente al nuovo ruolo della Dop e alla necessità di legare insieme la certificazione alla pregiata qualità e alla biodiversità”.

martedì 5 settembre 2017

Arriva la vite che consuma il 30% in meno di acqua



In una delle estati più calde e siccitose degli ultimi 150 anni, arriva dalla ricerca scientifica una buona notizia per i vigneti: nuovi portainnesti che ottimizzano l’utilizzo dell’acqua, resistono agli stress idrici e riducono, in media, del 30% i consumi del prezioso elemento. Sono i “portainnesti M”, frutto del progetto di ricerca dell’Università di Milano supportato dalle imprese vitivinicole riunite in Winegraft, che offrono una prima risposta concreta ai cambiamenti climatici e al tema della water footprint nel vigneto per una diversa sostenibilità, anche economica, della viticoltura.




I primi risultati della sperimentazione avviata da alcune aziende in varie regioni italiane, su diversi vitigni innestati con gli M, hanno portato a scoprire una eccezionale capacità di resistenza allo stress idrico di questa nuova generazione di portainnesti che, grazie ad un utilizzo biochimico più efficiente dell’acqua, mostrano un consumo nell’intero ciclo vegetativo minore del 25-30% rispetto ai portainnesti tradizionali, a parità di condizioni pedoclimatiche e di vitigno, senza perdere in quantità e qualità produttiva.

Tradotto in numeri, se consideriamo una produzione media ad ettaro di 120 q.li uva per 85 hl vino, con un consumo annuo di acqua, secondo i calcoli dell’associazione Water Footprint Network, di 81.600 hl, con l’utilizzo degli M si risparmierebbero 24.500 hl di acqua ad ettaro ogni anno. Significa che, ad esempio, se tutti i vigneti della Lombardia – che nel 2016 hanno prodotto 1,47 mln di hl di vino – fossero innestati sugli M, si risparmierebbero ogni anno 426 mln di hl di acqua, pari a due volte e mezzo il lago d’Iseo.
Un risparmio considerevole, ambientale ma anche economico. «Il primato nella water footprint dei portainnesti M – ha commentato il presidente di Winegraft Marcello Lunelli,vice presidente di Cantine Ferrari – testimonia efficacemente quanto stiamo sostenendo da tempo e cioè che, investire in sostenibilità ambientale produce effetti positivi diretti anche nella sostenibilità economica delle imprese». I recenti sviluppi della ricerca portata avanti dall’equipe dell’Università di Milano, supportata da Winegraft, collegati all’analisi dei risultati degli impianti dei vigneti sperimentali, hanno permesso di individuare con precisione il meccanismo che aiuta il risparmio idrico dei portainnesti.
«La capacità di resistere agli stress idrici e quindi mantenere vigoria con carenza d’acqua è ottenuta attraverso due strategie diverse dai portainnesti M2 e M4 – illustra Attilio Scienza, studioso di viticoltura di fama mondiale e animatore del progetto di ricerca – Il primo ha un’ottima capacità di esplorare il suolo, anche in profondità, riuscendo ad accedere a riserve idriche che altri genotipi non riescono a raggiungere, combinato ad un minor vigore indotto alle viti e pertanto un minor fabbisogno idrico. L’M4, invece – continua Scienza – ha mostrato meccanismi di maggior efficienza nell’uso dell’acqua, in particolare in condizioni di stress idrico. Le piante innestate sull’M4 riescono ad avere un’attività fotosintetica elevata anche con poca acqua, senza dissipare la risorsa, ma aumentandone l’efficienza d’uso. Insomma, minori consumi di acqua per elevati standard produttivi sia in quantità che qualità».
I risvolti di questi sviluppi della ricerca saranno fondamentali per il futuro della vitivinicoltura italiana e mondiale. «Il processo di riscaldamento globale – spiega ancora Attilio Scienza – sposterà gradualmente nei prossimi trent’anni la viticoltura mondiale verso le zone più fresche del pianeta. Nel nostro paese, in particolare, assisteremo alla migrazione dei vigneti dalle zone costiere verso le aree collinari, sia nelle due grandi isole sia negli Appennini, che presenteranno una condizione climatica complessiva più favorevole, dovuta alla disponibilità di acqua. I portainnesti M saranno indispensabili per accompagnare questo percorso, abituare i viticoltori al cambio di regime idrico permettendo di mantenere la produzione viticola nelle aree che subiranno gli effetti maggiori del cambiamento climatico.  Non si potrà cambiare improvvisamente il modello viticolo interrompendo la produzione in questa fase di passaggio. Gli M aiuteranno il viticoltore nel processo di delocalizzazione permettendogli di non interrompere il ciclo produttivo e rimanere sul mercato».

Sul mercato E dai laboratori dell’Università di Milano, grazie al “ponte” tra ricerca e mercato attivato da Winegraft, i portainnesti M sono arrivati, lo scorso anno per la prima volta sul mercato. Nei prossimi mesi Vivai Cooperativi Rauscedo – che moltiplica e commercializza in esclusiva mondiale gli “M” – renderà disponibili per la seconda campagna di impianto oltre 200 mila di barbatelle di vari vitigni – tra cui Glera, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, le Corvine, Montepulciano, Sangiovese e Primitivo – innestate con gli M.

giovedì 31 agosto 2017

A tavola con i grani rari del Belìce


A Tavola con i grani rari del Belice, un tesoro per l’alimentazione e per l’economia


Da più parti,   si invoca il “ritorno alle origini”, quando le varietà di grano che crescevano nei nostri campi erano tante, indicate da nomi insoliti o dialettali, e poco importava che le spighe fossero imperfette e una diversa dall’altra se poi il sapore di quello che se ne otteneva era buono, in tutti i sensi. Se è vero che oggi anche la dizione “grani antichi” rischia di diventare un tormentone  
Povero grano, verrebbe da dire. Additato da tanti come nemico numero uno e responsabile di intolleranze e malesseri nonostante sia alla base della Dieta Mediterranea. Vittima al tempo stesso di disinformazione e allarmismi mediatici e di sperimentazione genetica senza scrupoli, che spesso ha finito con il renderlo tutt’altro da quello che era in origine: un vero tesoro – come ricorda lo spettacolo dei campi dorati prima della mietitura – alla base della tradizione gastronomica italiana e mediterranea, a cominciare dal pane e dalla pasta
 La Sicilia,   fulcro di questi preziosi giacimenti. RusselloPerciasacchi, Nero delle MadonieTumminia, Giustalisa,  sono tra i nomi   delle varietà autoctone che tornano a crescere, ad opera di agricoltori determinati e di ricercatori appassionati, tra i campi siciliani come appunto la Famiglia Ferraro di Santa Margherita Belice
  In tutta l’isola  sta nascendo una vera e propria “economia del grano”, dove antiche tradizioni e nuove imprese vanno a braccetto creando cultura e nuove nicchie di mercato. «La gente sta iniziando a fare sempre più attenzione a quello che mangia, a partire dal grano – dice Nino Sutera dell’Osservatorio di NeoRuralità dell’Ente di Sviluppo Agricolo, noi abbiamo il dovere di facilitare e incoraggiare questo processo.
L’evento organizzato  dalla famiglia Ferraro non  è  solo per intenditori, ma ha l’ambizione di favorire la diffusione di un stile alimentare sano e nutraceutico conclude Nino Sutera.
             Un evento da assaporare con la partecipazione magistrale degli chef Michele Ciaccio e Francesco Mauceri, e tanti amanti del buon gusto autoctono Francesca Cerami, Peppino Bivona, Giacomo Glaviano, Giuseppe Russo,Baldo Portolano, Pinetto di Prima, e chiaramente Melchiorre Ferraro e la sua familgia.

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