In una delle estati più calde e siccitose degli ultimi 150 anni, arriva dalla ricerca scientifica una buona notizia per i vigneti: nuovi portainnesti che ottimizzano l’utilizzo dell’acqua, resistono agli stress idrici e riducono, in media, del 30% i consumi del prezioso elemento. Sono i “portainnesti M”, frutto del progetto di ricerca dell’Università di Milano supportato dalle imprese vitivinicole riunite in Winegraft, che offrono una prima risposta concreta ai cambiamenti climatici e al tema della water footprint nel vigneto per una diversa sostenibilità, anche economica, della viticoltura.
I primi risultati della sperimentazione avviata da alcune aziende
in varie regioni italiane, su diversi vitigni innestati con gli M, hanno
portato a scoprire una eccezionale capacità di resistenza allo stress idrico di
questa nuova generazione di portainnesti che, grazie ad un utilizzo biochimico
più efficiente dell’acqua, mostrano un consumo nell’intero ciclo vegetativo
minore del 25-30% rispetto ai portainnesti tradizionali, a parità di condizioni
pedoclimatiche e di vitigno, senza perdere in quantità e qualità produttiva.
Tradotto in numeri,
se consideriamo una produzione media ad ettaro di 120 q.li uva per 85 hl vino,
con un consumo annuo di acqua, secondo i calcoli dell’associazione Water
Footprint Network, di 81.600 hl, con l’utilizzo degli M si risparmierebbero
24.500 hl di acqua ad ettaro ogni anno. Significa che, ad esempio, se tutti i
vigneti della Lombardia – che nel 2016 hanno prodotto 1,47 mln di hl di vino –
fossero innestati sugli M, si risparmierebbero ogni anno 426 mln di hl di
acqua, pari a due volte e mezzo il lago d’Iseo.
Un
risparmio considerevole, ambientale ma anche economico. «Il primato nella water
footprint dei portainnesti M – ha commentato il presidente di Winegraft Marcello Lunelli,vice presidente di Cantine Ferrari – testimonia
efficacemente quanto stiamo sostenendo da tempo e cioè che, investire in
sostenibilità ambientale produce effetti positivi diretti anche nella
sostenibilità economica delle imprese». I recenti sviluppi della ricerca
portata avanti dall’equipe dell’Università di Milano, supportata da Winegraft,
collegati all’analisi dei risultati degli impianti dei vigneti sperimentali,
hanno permesso di individuare con precisione il meccanismo che aiuta il
risparmio idrico dei portainnesti.
«La
capacità di resistere agli stress idrici e quindi mantenere vigoria con carenza
d’acqua è ottenuta attraverso due strategie diverse dai portainnesti M2 e M4 –
illustra Attilio
Scienza, studioso di viticoltura di fama mondiale
e animatore del progetto di ricerca – Il primo ha un’ottima capacità di
esplorare il suolo, anche in profondità, riuscendo ad accedere a riserve
idriche che altri genotipi non riescono a raggiungere, combinato ad un minor
vigore indotto alle viti e pertanto un minor fabbisogno idrico. L’M4, invece –
continua Scienza – ha mostrato meccanismi di maggior efficienza nell’uso
dell’acqua, in particolare in condizioni di stress idrico. Le piante innestate
sull’M4 riescono ad avere un’attività fotosintetica elevata anche con poca
acqua, senza dissipare la risorsa, ma aumentandone l’efficienza d’uso. Insomma,
minori consumi di acqua per elevati standard produttivi sia in quantità che
qualità».
I risvolti di questi sviluppi della ricerca saranno
fondamentali per il futuro della vitivinicoltura italiana e mondiale. «Il
processo di riscaldamento globale – spiega ancora Attilio Scienza – sposterà gradualmente nei prossimi trent’anni
la viticoltura mondiale verso le zone più fresche del pianeta. Nel nostro
paese, in particolare, assisteremo alla migrazione dei vigneti dalle zone
costiere verso le aree collinari, sia nelle due grandi isole sia negli
Appennini, che presenteranno una condizione climatica complessiva più
favorevole, dovuta alla disponibilità di acqua. I portainnesti M saranno
indispensabili per accompagnare questo percorso, abituare i viticoltori al
cambio di regime idrico permettendo di mantenere la produzione viticola nelle
aree che subiranno gli effetti maggiori del cambiamento climatico. Non si
potrà cambiare improvvisamente il modello viticolo interrompendo la produzione
in questa fase di passaggio. Gli M aiuteranno il viticoltore nel processo di
delocalizzazione permettendogli di non interrompere il ciclo produttivo e
rimanere sul mercato».
Sul mercato E
dai laboratori dell’Università di Milano, grazie al “ponte” tra ricerca e
mercato attivato da Winegraft, i portainnesti M sono arrivati, lo scorso anno
per la prima volta sul mercato. Nei prossimi mesi Vivai Cooperativi Rauscedo –
che moltiplica e commercializza in esclusiva mondiale gli “M” – renderà
disponibili per la seconda campagna di impianto oltre 200 mila di barbatelle di
vari vitigni – tra cui Glera, Chardonnay, Cabernet Sauvignon, le Corvine,
Montepulciano, Sangiovese e Primitivo – innestate con gli M.
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