giovedì 25 gennaio 2024

Pellegrino Artusi e Gualtiero Marchesi

 

Artusi e Marchesi  da "Custodi dell'Identità Territoriale" alla nidiata di tanti bravi allievi della cucina italiana   

L'avete mai visto uno che è tifoso della Juve e dell'Inter contemporaneamente? 
..No. Ecco in cucina è la stessa cosa, non si può essere cuoco italiano e  contemporaneamente ispirarsi a un big francese, a dir poco si è affetti di una profonda crisi di identità culinaria

  Dall’incrocio di Pellegrino Artusi e di Gualtiero Marchesi hanno generato una squadra attenta di giovani cuochi italiani bravi, non chiamiamoli “chef” non sono subalterni ai francesi, ma alternativi, lo dimostra anche il fatto che nel mondo si magia italiano e non francese.



 Gualtiero Marchesi: la vera cucina è saper mangiare bene

"Ho imparato tutto da lui: alla sera tardi per ore si parlava di piatti. Assaggiavo esperimenti, novità, su forchette e cucchiai strani. E sempre mi diceva: “ la vera cucina è saper mangiare bene”, non andava d’accordo con il Pellegrino… ma da giovane lesse più volte il libro del romagnolo scritto nel 1891 all’età di oltre settantanni recuperando ricette altrui.

La vera differenza tra Artusi e Marchesi

Una grande differenza fra loro era il modo di porsi in cucina davanti al fornello e nella creatività e scoperta di una ricetta. Artusi ha voluto soprattutto raccontare la cucina degli italiani che avevano perso, dimenticato, abbandonato; mentre Marchesi ha contribuito a creare un modo di vivere la cucina e la tavola insieme.

Pellegrino Artusi

Artusi non volle mai codificare o uniformare o catalogare la cucina italiana… la sua formazione letteraria e linguistica e il fatto di “raccogliere” ricette segnalate non lo fa un cuoco, ma più uno “scalco” nuova maniera.

Con la fine del Settecento la cucina italiana-medioevale-rinascimentale finisce, finisce con la fine degli “scalchi” figure particolari fra la cucina e la tavola aristocratica che non solo erano bravi macellai e tagliatori di carni, grandi ortolani, esperti di condimenti, bravi pescivendoli o pasticceri… ma soprattutto sapevano raccontare a voce la ricetta ai commensali del principe.

La cucina francese, nata dopo che Caterina de’ Medici regina di Francia importò dalla Toscana tante ricette italiane oltre che l’uso della forchetta allora ignota ai francesi, perdurò per molto tempo, ma l’Artusi favorì un risveglio nazionalistico, fortemente antagonista. Artusi propone una cucina italiana domestica, capace di esaltare lo stile di vita mediterraneo  ed emotiva, contro una cucina francese che non disponevano degli alimenti mediterranei, e quindi si ispiravano a quelli nordici (basta ricordare che la cucina francese ha sos

tituito l’olio EVO con il burro, ma l’elenco degli esempi è lunghissimo)

… l’Artusi fu il primo blogger gastronomico

E’ da quel momento che la cucina italiana si propone come arte del divenire, delle molteplici interpretazioni e della condivisione rispetto ad un sapere omologato non modificabile. Inoltre l’Artusi fu il primo blogger gastronomico: pochissime ricette del suo libro prevedono un suo intervento, quasi tutte arrivano dalle lettere scambiate con le cuoche di tante case italiane.

… la pasta come elemento base del menu italiano

La prima edizione del libro “artusiano” riporta 475 ricette, l’ultimo 790 nell’arco di 20 anni di continui aggiustamenti.  Ad Artusi non si devono ricette, ma la scelta di porre “ la pasta” come elemento base del menù italiano. E’ in quegli anni di fine XIX° secolo (1891-1905) che nascono tante ricette di pasta, come il piatto “discriminante” di una tavola, di una regione, di un menù. E’ la pasta che rende la tavola veramente artigianale e biodiversa: rileggendo per esempio le ricette degli spaghetti o delle paste ripiene si nota come la omogeneità della produzione della pasta  sia poi firmata territorialmente da alcuni ingredienti unici esclusivi di un territorio.

In Italia ci si dimenticò totalmente della “cucina artusiana” pensando addirittura per anni (secondo dopoguerra fino agli anni ’70) ad una soluzione industriale della tavola e della cucina, preconizzando “pillole” tutto fare. Fortunatamente per l’Italia  nacque la generazione (in cucina) di cuochi “marchesiani” che non lasciarono dimenticare la storia artusiana e non si lasciarono abbindolare dalla regolarità  matematica e schematica delle salse, sughi, temperature, abbinamenti lineari della cucina francese che in ogni caso è confinata solo in Francia




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