lunedì 26 novembre 2012

A ciascun territorio il suo sviluppo





Risorse immateriali, capitale umano e bagaglio culturale: ecco i fattori essenziali per la crescita


         
  Un territorio può essere definito come un sistema dinamico composto da   soggetti, risorse materiali e immateriali.
Le risorse immateriali  sono quei fattori intangibili, non dotati di materialità, caratterizzati da unicità, difficile acquisibilità, molteplicità d’uso, trasferibilità, deperibilità e incrementabilità. Derivano da percorsi evolutivi attraversati nel tempo dal sistema territoriale e dagli attori che ne hanno fatto o ne fanno parte, come il livello di conoscenze e competenze, la qualità delle risorse umane, etc.
Il sistema immateriale, oltre ai valori intangibili sedimentati nel territorio, comprende anche i flussi informativi e i sistemi di relazioni sia interni che con l’esterno. Insieme
a quelle materiali, le risorse immateriali costituiscono una delle componenti su cui incardinare percorsi di sviluppo integrato territoriale. La programmazione comunitaria è fondata prevalentemente sulle strategie di Lisbona (2000) e Goteborg (2002), tracciate dal Consiglio dei ministri Ue, circa l’opportunità di incardinare sviluppo economico, crescita delle imprese e qualità della vita, su conoscenza, ricerca, know how e tutela dell’ambiente. Riguardo alle opportunità connesse alla programmazione tecnico finanziaria 2007-2013 ricordiamo come il programma Fse intervenga a rafforzare in modo prevalente la qualità del capitale umano. Il Fesr Sicilia, invece, interviene sinergicamente nella valorizzazione delle risorse materiali e immateriali del territorio. In tema di risorse culturali ricordiamo come l’Asse 3 sia finalizzato alla valorizzazione delle identità culturali e delle risorse paesaggistico ambientali, per accrescere l’attrattività turistica e promuovere lo sviluppo.
Gli Assi 3 e 4 del Psr Sicilia sono finalizzati al miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali e alla diversificazione dell’economia rurale anche attraverso la valorizzazione delle risorse immateriali.
Il rafforzamento del capitale umano costituisce un’importante premessa per la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro. A oggi, ed è un’ipotesi generalmente condivisa, per crescere e competere in un’economia globale è sempre più necessario investire in conoscenza, nella elaborazione di idee innovative e nella valorizzazione dei beni immateriali. Per esempio, la tutela del sistema naturale (ambiente, risorse idriche, paesaggio) costituisce una delle tipologie di risorse immateriali fortemente caratterizzanti l’attività agricola. La tutela del paesaggio e delle risorse idriche da parte delle istituzioni pubbliche e degli imprenditori agricoli si inserisce nell’ambito della programmazione nel contesto della nuove prospettive connesse alla multifunzionalità dell’impresa agricola.
Anche il capitale culturale di un territorio costituisce uno dei fattori chiave per promuovere lo sviluppo economico attraverso la diversificazione delle attività delle imprese, comprese quelle agricole. Il concetto di “ruralita” è, per esempio, caratterizzato da connotazioni di carattere naturale e culturale dalla cui sintesi stanno emergendo nuove forme di turismo: ambientale, enogastronomico, territoriale, etc. Da tali dinamiche deriva la necessità di nuove professioni e di un nuovo approccio alla programmazione da parte dei soggetti pubblici e privati.
Ma quanti sistemi territoriali sono pienamente consapevoli dei cambiamenti che stanno investendo le politiche di sviluppo? E soprattutto, le modalità di approccio metodologico, organizzativo, comunicativo, formativo e professionale, sono adeguate? In Sicilia con il decreto 77 del 26 luglio 2005, l’assessorato ai Beni culturali, ambientali e della Pubblica istruzione ha istituito il Registro delle eredità immateriali della Sicilia, riconosciute anche dall’Unesco, in cui il mondo rurale ha un ruolo di protagonista. Il registro è articolato in quattro libri: il Libro dei Saperi che contiene tecniche e processi che identificano una particolare produzione legata alla storia e alle tradizioni identitarie di una comunità; il Libro delle Celebrazioni che racchiude riti, feste e manifestazioni popolari associati alla religiosità, ai cicli lavorativi, all’intrattenimento e ad altre espressioni della vita sociale comunitaria; il Libro delle Espressioni, “scrigno” di tradizioni orali e mezzi espressivi, linguaggio e  performance artistiche che caratterizzano l’identità di una determinata comunità; e il Libro dei Tesori umani viventi che parla di persone, collettività e gruppi individuati come unici detentori  di particolari conoscenze e abilità necessarie per la produzione di determinati elementi del patrimonio immateriale della regione o del Paese aderente al progetto Unesco.)

lunedì 12 novembre 2012

Favara, Città dell'agnello pasquale e città De.Co.

di Nino Sutera


                            A Favara durante il periodo pasquale si svolge ogni anno la" Sagra dell'Agnello Pasquale", dedicata al dolce tipico di pasta di mandola farcito di pistacchio, a forma di Agnello.
Il prodotto dolciario, gustato, conosciuto ed apprezzato in Italia ed all’Estero  .Dallo scorso mese di Aprile,  si arricchisce di una nuova iniziativa  legata alla
De.Co. ( Denominazione Comunale) grazie alla lungimiranza degli amministratori locali.
Il gruppo di lavoro della Libera Università Rurale Saper&Sapor Onlus, sulla De.Co Sicilia, ha elaborato un format per il riconoscimento dei prodotti De.Co. attraverso il percorso della programmazione partecipativa "GeniusLoci De.Co Sicilia"
Noi ci ispiriamo a un modello di De.Co per la Sicilia, che valorizza il Km zero, ma soprattutto, a burocrazia zero e chiaramente a costo zero, per le aziende, per le istituzioni e per i cittadini, dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenzache rappresentano la vera componente innovativa.


L’agnello pasquale, dolce tipico favarese, trova fondamento in una tradizione  abbastanza antica e a noi sconosciuta.
Fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 ne fa un lacunoso accenno il barone Antonio Mendola, ma l’uso di questo dolce era ancorato ad una tradizione esclusivamente familiare e non poteva assolutamente gareggiare, per preferenza e quantità, con i frutti di martorana ed i cannoli, molto apprezzati oltre cento anni addietro dai favaresi, principalmente per Natale e Pasqua.
L’agnello pasquale, preparato con pasta reale a base di mandorle, ripieno di pasta di pistacchio e finito con velo di zucchero e decorazioni, è rimasto un dolce strettamente artigianale e familiare fino alla seconda metà del 1900.
Questo dolce è stato assaggiato il 12 maggio 1923, da mons. Giuseppe Roncalli (1881-1963 - eletto Papa Giovanni XXIII il 28-10-1858), quando, essendo in visita ad Agrigento, dovendo rientrare a Roma, il canonico Antonio Sutera volle accompagnarlo fino a Caltanissetta e, passando per Favara, insieme si fermarono nella sua residenza di via Umberto per prendere un caffé e, per l’occasione, assaggiare questo dolce favarese preparato da suor Concetta Lombardo del collegio di Maria.
Il dolce venne talmente apprezzato da mons. Roncalli, al punto tale che a 40 anni esatti dalla visita ad Agrigento-Favara, precisamente l'11 maggio 1963, ricevendo il nuovo Vescovo ausiliare di Agrigento, mons. Calogero Lauricella, accompagnato per l'occasione, dal teologo Antonio Sutera, studente all'ateneo di Roma (nipote del canonico Antonio Sutera), Papa Giovanni XXIII volle ricordare due cose in particolare: la visita effettuata ai templi di Agrigento e il gusto particolare dell'agnello pasquale, consumato a Favara (v. foto).
Il canonico Sutera, quando era direttore diocesano delle pontificie opere missionarie e rettore del seminario di Agrigento più volte ha omaggiato mons. Roncalli di questo squisito dolce favarese e successivamente, riprendendo una vecchia e nobile tradizione, anche il Movimento Giovanile Studentesco di Favara, il cui promotore era il sac. Antonio Sutera (nipote del suddetto canonico), a quell'epoca rettore della chiesa del Rosario di Favara. Di quanto detto ne è riprova una lettera della Segreteria di Stato del 18 aprile 1966, con la quale l’eletto cardinale sostituto mons. Angelo Dell’Acqua comunicava a mons. Sutera che Papa Paolo VI voleva ringraziarlo per l’invio dell’agnello pasquale (v. foto).
Nel novembre 2004, in occasione di un incontro di Papa Giovanni Paolo II con alcuni disabili sono stati portati alcuni doni e, fra questi, anche un agnello pasquale di Favara.


La Denominazione Comunale è un concreto strumento di marketing territoriale, ma è soprattutto un’ importante opportunità per il recupero e la valorizzazione delle identità locali. L’Italia, è il “paese dei Comuni”, ognuno di essi è un’occasione, di turismo, di cultura, di sapore… di unicità.


Si tratta in effetti di un sistema che vuole difendere il locale rispetto alfenomeno della globalizzazione, la quale tende ad omogeneizzare prodotti e  sapori .


In seguito alla legge 8 giugno 1990, n. 142, i Comuni, in base al principio del decentramento amministrativo, possiedono la facoltà di intervenire in materia di
valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali.
Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali (Dlgs. n. 267/2000).


In virtù di tale riferimento normativo, il Comune viene individuato e definito quale “l’Ente Locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo, il progresso civile, sociale ed economico”.


Per garantire la sostenibilità di una De.Co. occorrono tuttavia due principi, la storicità del prodotto da promuovere, perchè si eviti improvvisazioni che possono nascere da meri interessi commerciali. e la De.Co. come espressione di un patrimonio collettivo e non a vantaggio di una singola azienda.



lunedì 5 novembre 2012

Perché una De.Co.?


Al giorno d’oggi, in un mondo frenetico dove tutto è immediato, dove ognuno di noi è connesso con l’altra parte del globo, i ritmi lenti sembrano essere diventati solo un ricordo e le tradizioni ormai lontane, si avverte il bisogno di riavvicinarsi alle vecchie abitudini, quelle dei nostri nonni. Possiamo quasi affermare che ci troviamo davanti a una sorta di crisi d’identità: tutto è omologato, dal modo di vestire agli oggetti di arredamento, fino ai cibi che compriamo e che portiamo sulle nostre tavole.
Ormai il pezzo unico è diventato un’eccezione, una rarità e qualsiasi cosa sembra essere prodotta in serie.
È proprio in questo momento che avvertiamo maggiormente il bisogno di tornare all’autenticità e alla genuinità: l’oggetto industriale contro quello artigianale, il frutto fuori stagione e coltivato in serra contro quello colto nel campo o acquistato dal con­tadino.
Per tali motivi è diventata un’esigenza impellente l’avvicinarsi alla ricchezza culturale dei luoghi, una ricchezza che affonda le radici in un secolare patrimonio di sapori e tradizioni. Un patrimonio, fatto di riti, tecniche di coltivazione e lavorazione, ricette, prodotti della terra e dell'artigianato, che in alcuni casi, purtroppo, è andato perduto.
Ciò ha innescato, più o meno cosciente­mente, una sorta di nostalgia che porta ad una riscoperta del passato; le DE.CO., non a caso, nascono da queste premesse: la necessità di una rinascita culturale che coinvolge ogni individuo come singolo, ma soprattutto in quanto facente parte di una comunità.
Le DE.CO., infatti, puntano non solo alla valorizzazione della cultura locale, ma anche al forte senso di appartenenza di ciascun abitante al proprio territorio.


Teamwork 2012 / 5


mercoledì 31 ottobre 2012

Le Denominazioni Comunali e la cultura autoctona


Ogni singolo comune, degli 8.000 sparsi in tutta Italia, possiede un patrimonio concreto che è l'espressione della propria tradizione culturale; affinché questa tradizione, gastronomica in primis, non sparisca sono state ideate, da Luigi Veronelli, le DE.CO.
Per chiarire, se un prodotto è originario solo ed esclusivamente di quel comune, la sua amministrazione, dopo verifiche e attente analisi, ha facoltà di rilasciare una dichiarazione che ne attesti e, allo stesso tempo, ne enfatizzi la provenienza. Ciò grazie anche alla Legge Costituzionale n. 3, emanata il 18 ottobre 2001 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 24 ottobre 2001. Tale azione diventa un riconoscimento di grande valore in quanto consente la conservazione e lo sviluppo della cultura autoctona del territorio, favorendo contemporaneamente anche la protezione del prodotto stesso.

La DE.CO. è, all’atto pratico, una delibera, cioè una registrazione fatta da parte del sindaco che conferma che quella comunità si identifica con un certo prodotto, oppure con un determinato piatto.
Le DE.CO., come vedremo, sono di vari tipi poiché possono riguardare un prodotto dell’agricoltura, un processo produttivo, una preparazione gastronomica o una lavorazione artigianale.  
Tutto farebbe pensare di poter equiparare la DE.CO. ai marchi di qualità; in realtà la Denominazione Comunale nulla ha a che fare con le denominazioni istituzionalizzate come D.O.P. (Denominazione di Origine Protetta) o I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta), per citarne alcune.
La DE.CO. è soltanto una certificazione d’origine istituita, approvata e firmata dal sindaco che in un preciso momento attesta e censisce i prodotti e i fattori tramite i quali la propria comunità si identifica: la DE.CO. rappresenta una vera e propria “scheda anagrafica” del prodotto.
A livello economico il marchio DE.CO., dunque, non porta alcun beneficio diretto e ovviamente se non sfruttato e diffuso, non significa nulla e non aggiunge alcun valore al prodotto, nella realtà dei fatti, però, può diventare un grande e potente strumento di marketing territoriale, di riconoscimento per la destinazione nei confronti dei turisti e di autocoscienza per gli stessi cittadini.
Con la DE.CO., infatti, ogni comune identifica le proprie produzioni enologiche, gastronomiche e artigianali che la tradizione tramanda e come tali cerca di tutelarle: un prodotto DE.CO. costituisce, pertanto, un consolidamento dell'identità di un determinato territorio, favorendo anche il suo indotto turistico ed economico


 Teamwork 2012 / 7

venerdì 26 ottobre 2012

Le de.co. territorio e identità


Tutelare e salvaguardare il patrimonio e le ricchezze locali rappresenta non soltanto un dovere per ogni territorio, ma anche una valida occasione per aumentare la propria visibilità e appetibilità agli occhi dei visitatori.
Quando parliamo di mete turistiche nell’immaginario collettivo balenano nella mente località di mare, di montagna, luoghi di interesse storico-artistico o quelli che offrono servizi e divertimenti.
Le risorse di un territorio, tuttavia, non si limitano alla presenza di questi elementi, che spesso sì rappresentano la principale fonte di richiamo, ma non l’unica ed esclusiva. Una località turistica, infatti, è costituita certamente dalle infrastrutture, dagli impian­ti ricettivi e ricreativi e dal patrimonio storico, ma ogni destinazione deve sempre di più contare anche sulla propria cultura d’origine, quella fatta di tradizioni, di usanze, di saperi e sapori.
In particolare quella costituita dai prodotti tipici che si coltivano solo in quella parti­colare zona, oppure a un piatto che si cucina soltanto in un paese, a una lavorazione originale che contraddistingue una precisa località.
Conoscenze e aromi, dunque, che rappresentano un patrimonio dalle grandi potenzia­lità poiché donano una precisa e forte identità a un territorio esaltandolo e valoriz­zandolo agli occhi non solo dei visitatori, ma anche dei propri cittadini, dando loro la precisa idea della ricchezza di cui sono essi stessi depositari.
Tale patrimonio, pertanto, non va trascurato lasciando che cada nel dimenticatoio, ma anzi, al contrario deve essere sempre più sviluppato e potenziato in modo che non vada perduto: a questo servono le DE.CO., acronimo che sta per “Denominazione Comunale”.
Ma cosa è una DE.CO.? A cosa serve effettivamente? Come e chi la utilizza?
La DE.CO. altro non è che una certificazione rilasciata da un comune in merito a un prodotto oppure a una lavorazione, peculiari di un preciso luogo d'origine.
Molto più semplicemente, la DE.CO. può essere paragonata a una sorta di carta di identità di un territorio che ne descrive ed evidenzia i “segni particolari”.
Crescono di settimana in settimana i comuni che, dunque, vogliono fissare questo fat­tore identitario e riconoscibile che è legato a un piatto, a un prodotto e, più in generale, a un sapere che appartiene in modo precipuo alla comunità.
Attualmente, infatti, sono oltre quattrocento i comuni che hanno già fatto proprie le finalità che, come vedremo successivamente, la DE.CO. esprime.
Ogni realtà, infatti, ha un patrimonio unico fatto di storia e cultura che non dovranno mai essere dimenticate né abbandonate in quanto parte integrante e anima del terri­torio stesso.

Teamwork 2012 / 5

giovedì 25 ottobre 2012

La De.Co in Sicilia





Le Denominazioni Comunali costituiscono, nella loro straordinaria semplicità, una vera rivoluzione culturale nell' ambito della salvaguardia delle identità territoriali legate alla tradizione agroalimentare, enogastronomica e artigianale di un luogo. Esse si configurano come lo strumento principe per avviare congiuntamente sia un intervento di tutela delle specificità locali, sia un’azione di sviluppo sostenibile del territorio, in cui gli elementi endogeni costituiscono la vera leva di crescita sociale ed economica.
La Denominazione Comunale (De.Co.) impropriamente dette anche Denominazione comunale d’origine, è la nuova frontiera sulla quale possono operare i sindaci per salvaguardare l'identità di un territorio legato ad una produzione specifica, con pochi e semplici parametri, il luogo di “nascita” e di “crescita” di un prodotto e che ha un forte e significativo valore identitario per una Comunità.
 Si tratta  di un sistema che vuole difendere il locale rispetto al fenomeno della globalizzazione, la quale tende ad omogeneizzare prodotti e sapori.
«Il bene identificato da una De.Co è un bene di un ben limitato territorio che nessuno potrà imitare; frutto della terra, frutto della tradizione, di una particolare abilità manuale non importa: è un bene definito, nel senso etimologico del termine, cioè con dei confini.
Ciò che è dentro “è”, ciò che è fuori dai confini della De.Co. “non è”»

La Denominazione Comunale non è un marchio di qualità, ma la carta d’identità di un prodotto, un’attestazione che lega in maniera anagrafica un prodotto/produzione al luogo storico di origine.


" Come io ammiro Picasso perché lo riconosco, così posso apprezzare un vino o qualsiasi altra cosa che viene dalla terra, se la riconosco. Trovo che questo sia un recupero di civiltà, di intelligenza e di libertà estremamente importante ". Così Luigi Veronelli, in una delle sue ultime interviste, spiegava lo spirito e l'importanza delle Denominazioni Comunali, ovvero la capacità d’identificare un prodotto territoriale come proprio di un territorio, di un luogo concedendogli una "carta d'identità" in grado di attestarne la provenienza e l'origine.
I mutamenti a livello globale impongono una seria riflessione sul ruolo di acceleratore di sviluppo che l’Ente locale è riuscito a conquistarsi, nel panorama competitivo attuale, grazie alla valorizzazione delle sue potenzialità. Investire sul territorio sembra essere il leit-motiv della gestione dinamica e consapevole  che, necessariamente, deve passare per la promozione del suo patrimonio.
In questo contesto, le Denominazioni Comunali (De.Co.)  assumono un ruolo strategico non solo nella salvaguardia delle produzioni locali (siano esse agroalimentari, enogastronomiche o artigianali), valorizzando il processo identitario di un luogo, ma anche nella promozione del territorio sul mercato globale.
Proprio attraverso una semplice delibera di giunta viene istituita la "Denominazione Comunale" che censisce integralmente un prodotto come "proprio" di un luogo, depositario di quell'insieme di valori e significati che l'intero percorso storico di una comunità ha sedimentato nel corso dei secoli.
Nella loro prima accezione le De.Co. si trovano a svolgere una funzione non solo di difesa, ma di vera e propria conservazione del prodotto locale dalle contaminazioni e dai processi globali di standardizzazione culturale, che minano in misura sempre maggiore i cosiddetti antichi sapori e saperi tipici di un territorio.
Se non interveniamo oggi, molto probabilmente non avremo, fra 10-15 anni, il nostro patrimonio di saperi, sapori e tradizioni da trasmettere ai nostri figli e ai nostri “ospiti” che arrivano sul nostro territorio per conoscerlo, viverlo ed ascoltarlo.
Pertanto, la  De.Co. sulle produzioni locali consente di recuperare la memoria storica e le tradizioni di un luogo, come componenti determinanti del senso civico di appartenenza; di considerare la tradizione ed il lavoro alla base della qualità della vita; la conservazione eco-ambientale di un luogo come il mezzo necessario per la crescita dell’intero sistema socio-territoriale di riferimento.
Nella loro seconda valenza, invece, le Denominazioni Comunali diventano la leva su cui far ruotare l’intera economia locale. Basti pensare ai tanti “Piccoli Comuni” che trovano proprio nelle produzioni tipiche del territorio la vera “risorsa” su cui programmare il proprio sviluppo locale. Attraverso la loro valorizzazione formale e sostanziale s’inserisce un meccanismo di promozione all’esterno non soltanto del prodotto certificato come De.Co., ma dell’intero universo socio-culturale e storico del territorio d’origine.

La De.Co. è una realtà innovativa che restituisce agli abitanti le ricchezze del territorio e la loro tutela privilegia, chi il territorio lo vive: la Comunità.
La Comunità è chiamata a difendere e a riconoscere ciò che ne fa la storia e che nessuno potrà mai appiattire o imitare, realizzando in questo modo un livello di autocoscienza tale, riconosciuta dal Sindaco, che può dare adito allo sviluppo di un’economia, alla creazione di marchi o semplicemente a forme associative tra produttori.
 Per garantire la sostenibilità di una De.Co. occorrono tuttavia due principi, la storicità del prodotto da promuovere, perchè si eviti   improvvisazioni che possono nascere da meri interessi commerciali e la De.Co. come espressione di un patrimonio collettivo e non a vantaggio di una singola azienda.
Noi ci ispiriamo a un modello di De.Co per la Sicilia, che valorizza il Km zero, ma soprattutto, a burocrazia zero e chiaramente a costo zero, per le aziende, per le istituzioni e per i cittadini, dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenzache rappresentano la vera componente innovativa.  
L’auspicio che poi rappresenta la vera sfida, riuscire a realizzare una rete dei comuni De.Co. per valorizzare quei prodotti di nicchia che inducono gli appassionati viaggiatori ad andare ad acquistare e degustare i prodotti nelle loro zone di produzione per promuovere l’offerta integrata “del” e “nel” territorio, piuttosto che mettere su strada le merci”.
 L'amministrazione comunale può creare facilitazioni ed opportunità, ma poi occorre che il territorio creda nelle sfide. Il riferimento è alla visione di  un territorio dove  si possa avviare  un piano di sviluppo indirizzato a proporre prodotti di rilevanza da offrire   dotandoli di una loro unicità.  
La difesa del territorio è un fatto concreto, che ha bisogno di tanta fantasia e tanti fatti concreti.Come si evince dalla cartina, non aggiornata, in altre parti del paese la de.co  è una realtà consolidata



Normativa di riferimento


*       La legge 8 giugno 1990 n. 142 (e successiva legge del 3 agosto 199 n. 265) che consente ai comuni la facoltà di disciplinare nell’ambito dei principi sul decentramento amministrativo, la materia della valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali che risultano presenti nelle realtà territoriali;
*       Sulla scorta delle sentenze della Corte di Giustizia europea del 1991, del 1992 e del 1998 (rispettivamente denominate “Torrone di Alicante”, “Exportur” e “Birra Warsteiner”), anche un prodotto De.c.o può essere inteso quale prodotto a marchio collettivo ad “indicazione di origine geografica semplice” da tutelare (senza implicazioni di rapporti tra le caratteristiche del prodotto e la sua origine geografica) e quale prodotto da censire opportunamente e salvaguardare dall’eventuale estinzione in quanto ad alta valenza di biodiversità.
*        Il d. lgs 18 agosto 2000 n. 267 (artt. 3 e 13) e la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001, che consentono ai Comuni di tutelare e garantire i diritti e gli interessi pubblici derivanti dalla presenza di espressioni popolari riguardanti le attività agroalimentari, in quanto rappresentative di un rilevante patrimonio culturale;
*        Il d. lgs. 228/01 (legge di orientamento in agricoltura) in merito alla tutela dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, per cui il Comune è tenuto a tutelare e a garantire il sostegno al patrimonio di tradizioni, cognizioni ed esperienze relative alle attività agroalimentari riferite a quei prodotti, loro confezioni, sagre e manifestazioni che, per la loro tipicità locale, sono motivo di particolare interesse pubblico e, come tali, meritevoli di valorizzazione;
*        La recente Comunicazione della Commissione UE denominata “Pacchetto qualità” (GUCE 2010/C 341 del 16 dicembre 2010) inerente alle nuove disposizioni relativamente ai sistemi di certificazione ed alle indicazioni facoltative e di etichettatura che conferiscono valore aggiunto alle proprietà dei prodotti agricoli ed alla loro commercializzazione;
*        Gli obiettivi della legge 18 gennaio 2011 su “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari” che prevede, tra l’altro, per i prodotti non trasformati l’indicazione del luogo d’origine ovvero il Paese di produzione e per i prodotti trasformati l’obbligo di indicare il luogo dove è avvenuta l’ultima trasformazione sostanziale e il luogo di coltivazione o allevamento della materia prima agricola prevalente utilizzata.
*       Infine, ma non per ultimo, riteniamo che la legge approvata dall’ARS il 9 novembre 2011 possa essere di valido supporto alla diffusione della de.co. alla valorizzazione della filiera corta e al chilometro zero anche in Sicilia.




martedì 16 ottobre 2012

Il territorio, il vino e il Gattopardo. Viaggio nei luoghi del mito


l territorio, il vino e il Gattopardo. Viaggio nei luoghi del mito.




Sutera,Antonino
Il territorio, il vino e il Gattopardo: viaggio nei luoghi del mito / Nino Sutera.
S.I. ; s.n. 2008
1. Enogastronomia – Aspetti socio-culturali- Valle del Belice.
394.12094582 CDD-21                SBN   Pal0216041

CIP – Biblioteca centrale della Regione Siciliana “Alberto Bombace”
lurss.onlus@virgilio.it  

"Prendete un problema di qualunque natura (politico, sociale, culturale, tecnico o altro) e datelo da risolvere a due italiani: uno milanese e l'altro siciliano. Dopo un giorno, il siciliano avrà dieci idee per risolvere questo problema, il milanese nemmeno una. Dopo due giorni, il siciliano avrà cento idee per risolvere questo problema, il milanese nessuna. Dopo tre giorni, il siciliano avrà mille idee per risolvere questo problema, e il milanese lo avrà già risolto". 
 (citazione a memoria di una considerazione
di Giuseppe Tomasi di Lampedusa 1958  )






martedì 25 settembre 2012

De.Co Sicilia, il percorso


 


La Libera Università Rurale Saper&Sapor e De.Co. Sicilia  avvieranno   un percorso di progettazione partecipata  per lo sviluppo delle potenzialità delle  de.co in Sicilia   


 Al  percorso  parteciperanno dei“facilitatori”  ed è destinato a  un gruppo di “stakeholder” (liberi cittadini,  Pro-loco, Associazioni, Organizzazioni professionali di categorie, Assessori comunali e provinciali, Gal,  e  gruppi informali) interessati allo sviluppo della metodologia De.Co.

Le Denominazioni Comunali non sono marchi di qualità, ma delle  attestazioni che legano in maniera anagrafica la derivazione di un  prodotto/produzione al luogo storico di origine; sono dei certificati notarili contrassegnati dal sindaco a seguito di una delibera comunale; sono dei censimenti di produzioni che hanno un valore identitario per una comunità. Sono dunque strumenti flessibili per valorizzare le risorse della propria terra nel tentativo di garantire la biodiversità, traendone talvolta vantaggi anche sul piano turistico ed economico.
Rappresentano, insomma, il vero, autentico passaggio dal generico prodotto tipico al prodotto del territorio.
La De.Co. è una certificazione che ogni comune d’Italia può adottare per valorizzare quei prodotti, agroalimentari o artigianali, realizzati all’interno del comune stesso, identificano quindi il prodotto come proprio, riconoscendone il tratto identitario.
La De.Co. è un orientamento consapevole che molti Comuni hanno concepito come strumento di salvaguardia delle proprie produzioni e di sviluppo endogeno del proprio territorio, sono uno strumento semplice ed in grado di costituire una vera rivoluzione culturale nell’ambito della salvaguardia delle identità territoriali legate alla tradizione agroalimentare, enogastronomica e artigianale di un luogo.
Il prodotto certificato come Denominazione Comunale si differenzia rispetto ad altri che potremmo definire “tipici” , poiché ha determinati caratteri che lo circoscrivono in una determinata area comunale di origine la quale rappresenta la discriminante di base affinché esso possa essere riconosciuto come Denominazione Comunale. In più, tale ambito geografico gli concede un’unicità assoluta in cui tradizione e storia legittimano l’intera filiera produttiva.
La Denominazione Comunale è rilevante per due motivi. Il primo è legato alla sua capacità di salvaguardia delle produzioni locali conferendo direttamente al comune il potere di identificare, coordinare e controllare l’intera fase di adozione ed attuazione delle De.Co.. Il secondo, è connesso alla sua capacità di divenire un mezzo di promozione dei prodotti stessi.
Il percorso utilizzerà ICT come strumento di confronto, ma anche incotri frontali.
L’obiettivo dell’iniziativa: spirito di squadra  e tutela dell’identità dei prodotti, in un’ottica sempre più glocal
 L’identità é valore incommensurabile,  il prodotto può essere copiato, l’identità di un territorio no.
Se pensi che puoi dire la tua,  unisciti al gruppo inviando un email (nome cognome associazione, email)  lurss.onlus@virgilio.it 

sabato 4 agosto 2012

Le Denominazioni Comunali non sono marchi di qualità, ma delle attestazioni che legano in maniera anagrafica la derivazione di un prodotto/produzione al luogo storico di origine; sono dei certificati notarili contrassegnati dal sindaco a seguito di una delibera comunale; sono dei censimenti di produzioni che hanno un valore identitario per una comunità. Sono dunque strumenti flessibili per valorizzare le risorse della propria terra nel tentativo di garantire la biodiversità, traendone talvolta vantaggi anche sul piano turistico ed economico.
Rappresentano, insomma, il vero, autentico passaggio dal generico prodotto tipico al prodotto del territorio.
La De.Co. è una certificazione che ogni comune d’Italia può adottare per valorizzare quei prodotti, agroalimentari o artigianali, realizzati all’interno del comune stesso, identificano quindi il prodotto come proprio, riconoscendone il tratto identitario.
La De.Co. è un orientamento consapevole che molti Comuni hanno concepito come strumento di salvaguardia delle proprie produzioni e di sviluppo endogeno del proprio territorio, sono uno strumento semplice ed in grado di costituire una vera rivoluzione culturale nell’ambito della salvaguardia delle identità territoriali legate alla tradizione agroalimentare, enogastronomica e artigianale di un luogo.
Il prodotto certificato come Denominazione Comunale si differenzia rispetto ad altri che potremmo definire “tipici” , poiché ha determinati caratteri che lo circoscrivono in una determinata area comunale di origine la quale rappresenta la discriminante di base affinché esso possa essere riconosciuto come Denominazione Comunale. In più, tale ambito geografico gli concede un’unicità assoluta in cui tradizione e storia legittimano l’intera filiera produttiva.
La Denominazione Comunale è rilevante per due motivi. Il primo è legato alla sua capacità di salvaguardia delle produzioni locali conferendo direttamente al comune il potere di identificare, coordinare e controllare l’intera fase di adozione ed attuazione delle De.Co.. Il secondo, è connesso alla sua capacità di divenire un mezzo di promozione dei prodotti stessi.

mercoledì 23 maggio 2012

le minni di virgini un dolce sensitivo



Si è tenuta a Sambuca di Sicilia lo scorso 19 maggio, presso la Chiesa di Santa Caterina, la tavola rotondaLe Minni di Virgini, prodotto a Denominazione Comunale (De.Co.) a seguito dell’audizione pubblica del maggio del 2011. Hanno partecipato Antonella Dattolo Assessore di Sambuca di Sicilia, Calogero Guzzardo presidente della locale Proloco, Francesco Gagliano e Nino Sutera dell’ Ass. Risorse Agricole e Alimentari – Giuseppe Bivona della Libera Università Rurale Saper & Sapor Onuls, Antonio Meli del Club Papillon, Salvatore Montabano Presidente Ass. Palio dell’Udenza

Il Dott. Giuseppe Bivona della LURSS Onlus, ha fornito un’interessante rilettura storica e culinaria, sull’origine del prelibato dolce:
“Suor Virginia era una suora intelligente, aveva la consapevolezza della difficoltà in cui andava incontro, nel creare un dolce originale, tale da stupire i convitati della marchesa, in occasione del matrimonio del figlio Pietro. Ora, come tutte le donne intelligenti , non ebbe alcuna esitazione nel cimentarsi nel difficile antinomia tra “forma “e ”sostanza” . Certo in tempi in cui il Santo Uffizio , per molto meno licenziava al rogo donne meno perspicaci per la sola disavventura di usare erbe medicamentose, le “minni di virgini”, erano di certo una provocazione bella e buona! Suor Virginia non voleva rinunciare alle forme: sì, direte che si era ispirata alle colline “mammelliforme” che circondano la bella cittadina di Sambuca, ma il gioco era sottile ed intrigante! La pasta lievitata al punto giusto, morbida, vellutata, liscia come la seta, veniva plasmata con delicata voluttuosità a forma di mezzaluna, con le varianti a “coppa di champagne”, a “pera”, ecc. La forma aveva la sua massima espressione di libertà , foggiarla era come accarezzarla, un gioco di seduzione , al limite della tentazione…. La fantasia è cosi difficile imbrigliarla! Ma suor Virginia deve spendere la “sostanza” ovvero il contenuto, ciò con cui riempirà quella mezza luna a forma di minna. Nessuno le impedisce di riempirla delle specialità dolciarie esageratamente sdolcinate, tali da rimanere secchi stupiti, al primo assaggio, una eccedenza, un sovrabbondanza, senza limite, un crescente di voluttuosità senza confine, smisurata , quasi tracotante… Invece suor Virginia con molta saggezza decide di mitigare le lusinghe delle “forme”, non si lascia trascinare dallo smisurato, esorbitante, lusinghiero. Insomma un dolce “sensitivo”. Nell’ultimo mezzo secolo, la cultura materiale e con essa l’“arte bianca” del nostro patrimonio locale artigianale hanno ceduto “armi e bagagli” alle industrie agroalimentari. Non di meno le buone pasticcerie locali insistono con caparbietà a sfornare dolci a “km zero”, senza eccessive raffinazioni , freschi quanto lo richiedono la naturale decadenza dei prodotti , con materia prima di sicura e facile rintracciabilità. Sarebbe troppo sognare , conclude Bivona, in questi giorni ancora primaverili osservare lunghe file di scolaresche intrattenersi al banco delle pasticcerie del paese e chiedere all’unisono: Per favore mi dia una “minna di virgini”. Poi allontananti dalla pasticceria aprire lo zaino e buttare nelle cassette dell’immondizia le confezioni di brioscine e dolciumi industriali, alla stregua come si fa con la comune peggiore spazzatura.
Noi ci ispiriamo a un modello di De.Co per la Sicilia, che valorizza il Km zero, ma soprattutto, a burocrazia zero e chiaramente a costo zero, per le aziende, per le istituzioni e per i cittadini, ha ribadito Nino Sutera, dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenzache rappresentano la vera componente innovativa. La Denominazione Comunale non è un marchio di qualità, ma la carta d’identità di un prodotto, un’attestazione che lega in maniera anagrafica un prodotto/produzione al luogo storico di origine.
L’auspicio che poi rappresenta la vera sfida, riuscire a realizzare una rete dei comuni De.Co. per valorizzare quei prodotti di nicchia che inducono gli appassionati viaggiatori ad andare ad acquistare e degustare i prodotti nelle loro zone di produzione per promuovere l’offerta integrata “del” e “nel” territorio, piuttosto che mettere su strada le merci”.
I convenuti hanno poi concordato sulla opportunità di costituire un comitato promotore della De.Co. con la partecipazione della Pro-Loco l’Araba Fenicie, la Strada del Vino Terre Sicane, La Libera Università rurale Saper&Sapor Onlus, il Club Papillion, e la Soat di Menfi.
Al termine del convegno c’è stata degustazione del prelibato dolce, accompagnato da un buon vino delle Terre Sicane.

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