mercoledì 18 dicembre 2024

PIANA DEGLI ALBANESI CELEBRA DUE PRODOTTI TIPICI CON UNA GIORNATA DEDICATA AL PANE E AL BUCCELLATO


Piana degli Albanesi, cittadina arbëreshë in provincia di Palermo, oltre al cannolo, famoso in tutto il mondo, ha tanti altri eccellenti prodotti culinari tipici: tra questi il buccellato e il pane locale protagonisti di una giornata unica il prossimo 27 dicembre 2024 dalla mattina al pomeriggio.

 Bukë è il tradizionale pane di forma rotonda realizzato con grano duro e con pasta madre all’antica di Piana degli Albanesi. Ciò che lo contraddistingue è il processo di produzione tradizionale, tramandato di generazione in generazione. Inoltre, le farine di grano duro utilizzate vengono trasformate seguendo l’antico metodo della fermentazione naturale, conferendo al pane un sapore unico e inconfondibile.

Të plotë sono invece i buccellati, dolci ripieni di marmellata di fico di varie forme. Si tratta di dolci tradizionali a forma sferica o schiacciata di pasta lievitata, fritta e zuccherata. Il buccellato è un dolce da forno che viene consumato nel periodo natalizio in tutta la regione. Non esiste zona della Sicilia dove non vengano preparati questi dolci la cui notorietà ha ormai superato i confini nazionali

Per celebrare questi due prodotti in piazza Vittorio Emanuele a Piana degli Albanesi si potranno degustare gratuitamente sin dalle 10.00 del mattino nelle casette gastronomiche i prodotti locali, il famoso pane di Piana e il tipico e particolare buccellato che si caratterizza per forma e gusto e poi non potrà mancare il buonissimo sfincione rosso. Nel pomeriggio andranno in scena una serie di dimostrazioni con le signore di Piana che tramandano la storica ricetta e che per l'occasione prepareranno i buccellati coinvolgendo anche i più piccoli. La giornata di concluderà con momenti di intrattenimento legati al natale e spettacoli musicali.

“Piana degli Albanesi - afferma il sindaco Rosario Petta - ha un importante patrimonio di prodotti tipici gastronomici tramandati di generazione in generazione che mantengono inalterati i sapori di un tempo. Con questa sagra vogliamo valorizzare il nostro famoso pane di Piana degli Albanesi, tra i più apprezzati a livello regionale, e i nostri buccellati unici e tipici del periodo natalizio. Una giornata all’insegna della tradizione con esposizioni di prodotti tipici, dimostrazioni, degustazioni e spettacoli musicali per rendere ancora più speciale le feste natalizie per la nostra comunità e per i visitatori che sceglieranno di venire a Piana degli Albanesi, che potranno fare un tour culturale visitando il museo MUSARB, il museo a cielo aperto del quartiere sheshi e le nostre magnifiche chiese”.

 L’iniziativa, finanziata dell’Assessorato regionale dell’Agricoltura dello Sviluppo rurale e della Pesca mediterranea – Dipartimento regionale dell’Agricoltura, è organizzata dal Comune di Piana degli Albanesi. L’evento, inoltre, è promosso all’interno del riconoscimento Sicilia Regione Europea della Gastronomia 2025

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Linguaggio e vite: una storia millenaria.


Giuliana Cattarossi, Giovanni Colugnati

Colugnati&Cattarossi, Partner Progetto PER.RI.CON.E.


Nella glottocronologia (una branca della linguistica che studia i rapporti cronologici fra le varie lingue) la parte settentrionale della Mezzaluna fertile è anche considerata la terra d’origine di tutte le lingue indoeuropee. Utilizzando dei metodi computazionali all’avanguardia già sperimentati nella biologia evolutiva, Gray e Atkinson (2003) hanno ricostruito l’albero genealogico ipotetico delle lingue, trovando indizi convincenti che dimostrerebbero come tutte le lingue indoeuropee si siano sviluppate circa 8700 anni or sono partendo dalla lingua (oggi estinta) degli Ittiti, un antico popolo dell’Anatolia sudorientale. Più precisamente, circa 9500-8000 anni fa, da quella regione dell’Anatolia cominciarono a diffondersi le varie lingue indoeuropee, seguendo di pari passo la diffusione dell’agricoltura, il che dimostrerebbe come la Mezzaluna fertile si possa considerare anche la culla della civiltà moderna.


Pare, infatti, che in quel periodo nell’Anatolia sudorientale sussistessero tutte le condizioni favorevoli per dar vita alla domesticazione della vite e alla produzione del vino. Inoltre, analizzando la parola “vino” e i suoi corrispondenti nelle maggiori lingue indoeuropee tradizionalmente legate alla viticoltura, si nota che tutte le accezioni derivano da una radice comune proto-indoeuropea - la lingua che si ritiene fosse parlata dalle prime popolazioni transcaucasiche e dell’Anatolia orientale – ossia *woi-no, *win-o o *wie-no. Ma anche le lingue non indoeuropee, come quelle kartveliane (Georgiano e Mingrelico), quelle semitiche (Accadico, Ugaritico ed Ebraico antico), e camito-semitiche (Egizio antico), lasciano intravedere una radice comune ancora più remota e al momento sconosciuta, benché fra queste lingue non ci sia alcun collegamento semantico. Ciò nondimeno, alcuni autori georgiani affermano che la radice più antica della parola “vino” sarebbe il Kartveliano ɣvino/ღვინო, un termine tuttora utilizzato nel Georgiano moderno, e questa sarebbe una prova inconfutabile che la Georgia sia la culla della viti-vinicoltura (Gamkrelidze e Ivanonv, 1990).

Probabilmente non lo sapremo mai con esattezza, ma le analisi dei reperti archeologici di uva e delle antiche anfore potrebbero fornire qualche indizio. I reperti di vite o uva rinvenuti negli scavi archeologici sono di solito dei semi carbonizzati e frammenti di legno bruciacchiati, che raramente consentono di distinguere fra sottospecie selvatiche (silvestris) e coltivate (vinifera). I semi della vite selvatica di solito appaiono rotondi e con un becco corto, mentre quelli della sottospecie coltivata sono più a forma di pera, con un becco ben sviluppato (Stummer 1911; Terral et al. 2010), ma purtroppo il processo di carbonizzazione e l’enorme variabilità all’interno delle due sottospecie fanno sì che la mera morfologia dei semi non si possa considerare una caratteristica distintiva sicura Jacquat e Martinoli 1999; Zohary e Hopf, 2000). Di semi carbonizzati di vite ne sono stati rinvenuti in molti scavi archeologici sia in Europa (Grecia, ex Jugoslavia, Italia, Svizzera, Germania, Francia e Spagna) (Rivera Nunez e Walker, 1989), sia nell’Asia minore (Zohary e Hopf, 2000), ma è assai probabile che questi reperti antichi provengano da acini di uva selvatica che si raccoglievano molto prima della domesticazione della pianta. Secondo l’ampelografo georgiano Revaz Ramishvili, sei semi di 8000 anni rinvenuti nel sito neolitico di Shulaveris-Gora sulle colline a Sud di Tiblisi – uno degli insediamenti permanenti più antichi conosciuti in Georgia - hanno la forma caratteristica della sottospecie coltivata, e potrebbero costituire una prova dei primi semi addomesticati di Vitis vinifera subsp. Vinifera (McGovern 2003), ma la possibilità di identificare in modo affidabile questi reperti carbonizzati è ancora controversa. Per gli archeobotanici Daniel Zohary e Maria Hopf (2000), i semi di uva rinvenuti nel sito dell’Età del bronzo (ca. 5700-5200 anni fa) di Tellesh-Shuna (Giordania settentrionale) costituirebbero la più antica prova convincente della coltivazione della vite, poiché la sottospecie Vitis vinifera silvestris non è presente nella Giordania di oggi. Tuttavia, benché sia piuttosto improbabile che queste regioni oggi così aride, cinque o seimila anni orsono fossero un habitat idoneo alla vite, si potrebbe obiettare che potrebbe essere scomparsa dal territorio solo in tempi recenti.

Molto meno opinabili, invece, sono i reperti rinvenuti in diversi siti archeologici risalenti alla prima Età del bronzo (circa 5400-5200 anni fa) a Gerico (Palestina), Lachish (Israele), Numeira (Mar Morto, forse l’antica Gomorra), Arad (Israele) e Kurban Höyük (nei pressi di Urfa, nella Turchia meridionale), dove sono stati riportati alla luce non solo semi carbonizzati, ma anche frammenti di tronco di vite bruciacchiati e interi acini essiccati, da cui emergono prove affidabili della coltivazione di queste piante (Zohary e Hopf, 2000). Tuttavia, i primi tentativi di coltivazione della vite devono essere molto più antichi rispetto a questi reperti, visto che le prime prove chimiche della presenza di vino risalgono al sesto millennio avanti Cristo. Utilizzando la spettrometria a raggi infrarossi per rintracciare la presenza di acido tartarico nei depositi delle anfore (una sostanza che dimostra la presenza di uva), l’enoarcheologo Patrick McGovern e altri autori (1966) hanno scoperto che il vino veniva già prodotto intorno a 7400-7000 anni fa a Hajji Firuz Tepe (Iran settentrionale, monti Zagros), una zona collocata nella fascia più periferica dell’area di distribuzione attuale della vite selvatica. Le anfore in questione provengono da una residenza del Neolitico, dove giacevano sul lato, interrate nel pavimento della “cucina”, ed erano provviste di tappi di terracotta, il che dimostra che contenevano vino, e non mero succo d’uva. A questo vino – probabilmente simile alla Retsina greca – si aggiungeva della resina come conservante. Altre tracce di vinificazione sono emerse da analisi chimiche eseguite su alcuni campioni prelevati nel sito di Shulaveris-Gora in Georgia. In tempi molto recenti, gli scavi condotti in un sotterraneo di Areni, nell’Armenia sudorientale, hanno rivelato la presenza del più antico impianto di vinificazione mai scoperto sul Pianeta, un reperto confermato da analisi di cromatografia liquida e spettrometria di massa, risalente alla prima Età del rame, ossia a circa 6000 anni fa (Barnard et al. 2011).


Blue green care

                                  Emilia Fonte

 

              Il tema della connessione esistente tra natura, benessere e salute sta diventando sempre più rilevante, soprattutto dopo l’ epidemia di Covid-19, anche se va detto che il fenomeno nasce almeno 40 anni addietro, comunque è innegabile il crescente interesse per l'impatto positivo che le soluzioni basate sulla natura (NbS Nature-based Solutions ) hanno sulla salute delle persone. Diventa quindi essenziale capire come promuovere e sostenere iniziative di Blue green care  che possono contribuire ad alleviare alcuni fenomeni tipici della nostra società come lo stress, l'esclusione sociale di alcune categorie, le malattie mentali, ma anche per prendersi cura di se stessi

 


Sdraiarsi sulla sabbia del mare d’inverno, aprire le mani al sole e

 lasciare evaporare l’identità

Il mare d’inverno può essere considerato una vera e propria medicina naturale. Se è vero, che è la meta più ambita per le vacanze estive, non bisogna sottovalutare il fascino e le suggestioni che riesce a regalarci durante i mesi più freddi. 

 Il lungomare solitario, qualche barca rimasta nel litorale, i gabbiani in cerca di cibo e quel magnifico silenzio che ci mette a contatto con la natura. Andare al mare d’inverno non è triste, è magico.

L’atmosfera deserta, con le attività commerciali chiuse, ci riportano agli albori, alla distesa blu sconfinata in cui si vede l’orizzonte e lo si può osservare senza essere disturbati dal suono dei clacson o dal chiacchiericcio della gente.

Ma andare al mare d’inverno porta anche tantissimi benefici alla salute, vediamo quali.

Lo iodio è un aerosol naturale

Grazie allo iodio e alla salsedine, il mare migliora la respirazione grazie a una sorta di aerosol naturale che contiene sali come cloruro di sodio e di magnesio, calcio, potassio, bromo e silicio e l’acqua di mare. Fate un bel po' di respiri sul litorale per sentirvi subito meglio!

Il blu rilassa gli occhi

Il blu è il colore del relax per eccellenza, non a caso viene consigliato per ambienti come la camera da letto e le camerette dei bambini. Secondo la cromoterapia, il blu rappresenta la calma, ha un effetto rilassante, che induce alla riflessione e all’armonia. E dove osservarlo se non nel mare sconfinato?

Il suono e il movimento delle onde rilassano corpo e mente

Il ritmo delle onde può essere associato alla percezione delle emozioni. Il mare aumenta il nostro stato di calma e di benessere e il perché ha una spiegazione scientifica: le onde del mare generano ioni negativi che producono alterazioni molecolari nel nostro corpo e provocano sensazioni di pace e equilibrio.

Rende la mente lucida e creativa

L’acqua ci riporta al nostro stato naturale per cui stimola il nostro cervello. Se ci fate caso, sono tantissimi che vanno in spiaggia proprio quando devono sviluppare un nuovo progetto o prendere una decisione importante. Provateci!

Stimola il sistema immunitario

Il mare rafforza le difese dell’organismo e il sistema immunitario perché grazie all’assorbimento degli oligoelimenti presenti nell’acqua che dei sali marini, si ripristina l'equilibrio del corpo. Chiaramente in inverno non dovrete farvi un bagno nell'acqua gelida, basta bagnarsi leggermente le mani o per i più impavidi i piedi. 

Migliora l'umore e diminuisce lo stress

Sabbia e mare sono ottimi strumenti per staccare la spina dalla quotidianità e diminuire così i livelli di stress che ogni giorno accumuliamo. Sarebbe bene a questo scopo evitare di portare in spiaggia, o quanto meno di stare costantemente incollati, a smartphone e tablet per godere al meglio dei benefici dell’ambiente sul sistema nervoso. Ottimo anche passeggiare, nei nostri piedi tra l’altro vi sono migliaia di terminazioni nervose e camminare sulla sabbia è un sistema per stimolarle compiendo un vero e proprio massaggio.

Calma l’ansia

Il rumore del mare è molto benefico per il nostro sistema nervoso. Ascoltare le onde che si infrangono sulla riva può effettivamente calmare l’ansia e cullarci in uno stato rilassato che permette il rilascio di dopamina e serotonina.



Un termine, tante definizioni

Per molti esperti,  Blue green care   è un concetto emergente che si riferisce alla " gamma di attività che promuove la salute fisica e mentale e il benessere attraverso il contatto con la natura " (Sempik  et al. , 2010, p.121). A causa della centralità della natura per l a salute e il benessere,     Blue green care   può anche essere compreso nel contesto delle soluzioni basate sulla natura  (NbS) (IUCN, 2013). L'approccio si basa sull'impatto degli ecosistemi e dei loro servizi sulla salute e il benessere individuali e collettivi. È importante notare che Blue green care  è  un processo attivo  che intende  promuovere o migliorare la salute e il benessere,  in contrapposizione a un'esperienza puramente passiva della natura. In altre parole,  i benefici per la salute derivanti dall'esperienza della natura sono sempre più riconosciuti.
 Il concetto di  Blue green care  può essere compreso dalle diverse prospettive dei settori in cui opera. Alcuni collegano il concetto solo al sistema sanitario, mentre altri ampliano il concetto per includere riabilitazione sociale, istruzione e occupazione (Sempik et al ., 2010). Blue green care, può anche essere visto  come un termine generico che riassume un'ampia gamma di attività e beneficiari mirati, che vanno dalla promozione della salute  (mirata a una popolazione generale),  alla prevenzione delle malattie  (accessibile a una popolazione generale, ma in genere mirata a individui o gruppi più vulnerabili) e interventi terapeutici che includono interventi terapeutici o di trattamento/riabilitazione mirati per affrontare esigenze specifiche (Sempik et al., 2010). 

 

 La salute e della “cura”

Secondo l'OMS,  la salute  è " uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l'assenza di malattia o infermità " (OMS, 1948). Il termine incorpora questa definizione all'interno di un concetto di salute più dinamico, riconoscendo la salute come  " la capacità di adattarsi e di autogestire "  (Huber et al., 2011). Ciò implica che la capacità delle persone di adattarsi e gestire la propria situazione è fondamentale per la salute. Detto questo, l'implicazione della capacità delle persone di adattarsi e gestire da sole la propria situazione deve essere sottolineata, poiché non tutte le persone possono prendersi cura di se stesse. È qui che entra in gioco la "cura". Il dizionario Oxford definisce "cura" come "il processo di prendersi cura di qualcuno/qualcosa e fornire ciò di cui hanno bisogno per la loro salute o protezione ". Inoltre, poiché la definizione di salute dell'OMS collega esplicitamente la salute al benessere, il benessere    definito come " uno stato olistico e soggettivo che è presente quando una gamma di sentimenti, tra cui energia, sicurezza, apertura, divertimento, felicità, calma e cura sono combinati ed equilibrati " (Pawlyn e Carnaby, 2009).

 

● Promozione della salute : "La promozione della salute è il processo che consente alle persone di aumentare il controllo sulla propria salute e sui suoi determinanti attraverso sforzi di alfabetizzazione sanitaria e azioni multisettoriali per aumentare comportamenti sani". (OMS, 2020). 

● Prevenzione delle malattie : “Interventi specifici, basati sulla popolazione e sull’individuo per la prevenzione primaria e secondaria (individuazione precoce), volti a ridurre al minimo il peso delle malattie e dei fattori di rischio associati”. (OMS, 2020). 

● Intervento sanitario e riabilitazione :  questi due concetti sono definiti come interventi terapeutici e riabilitativi forniti a un segmento della popolazione con esigenze speciali, come determinato da condizioni di salute fisica, mentale o sociale. Le attività sono supervisionate o fornite da professionisti formati/qualificati. Le attività in questa categoria sono principalmente reattive e a posteriori a un evento, incidente o morbilità collegato a una disabilità o che ha portato a una malattia. 

martedì 17 dicembre 2024

"Alla scoperta degli antichi sapori" – 3ª Edizione: Un viaggio tra le tradizioni culinarie sicane


Il Comune di Prizzi, cuore dei Monti Sicani, è lieto di annunciare la terza edizione del progetto “Alla scoperta degli antichi sapori”, un'iniziativa che si propone di valorizzare le tradizioni culinarie dell’entroterra siciliano, con particolare attenzione ai sapori e ai prodotti tipici del territorio prizzese.

Questa iniziativa è finanziata dall’Assessorato Regionale dell’Agricoltura dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea-Dipartimento Regionale dell’Agricoltura



Giunto alla sua terza edizione, il progetto intende promuovere la cultura gastronomica locale attraverso un’esperienza sensoriale unica, mirata a riscoprire i gusti e le tradizioni culinarie dell'antica cucina siciliana. Un percorso esperienziale che coinvolge numerosi settori tra cui turismo, cultura, ambiente e artigianato, con un’attenzione particolare alle nuove generazioni, troppo spesso abituate ai prodotti industriali della grande distribuzione. Un’opportunità per apprezzare i prodotti tipici di qualità per sostenere un modello di cucina sostenibile e genuina.

Il progetto è volto a incentivare lo sviluppo economico del territorio, attraverso la promozione dei prodotti agricoli, agroalimentari e silvicolturali identitari della Sicilia .Un'importante occasione di crescita per la comunità, che mira a stimolare l’innovazione nel marketing dei prodotti tipici, anche online, e a favorire nuove iniziative imprenditoriali nel settore della ristorazione.

Il programma include un percorso enogastronomico nella suggestiva cornice del centro storico di Prizzi, caratterizzato dalla sua struttura viaria medievale, dove si potranno degustare piatti tipici realizzati con grano, carne ovina e bovina, olio extravergine di oliva, formaggi freschi e ricotta, erbe spontanee locali e altre prelibatezze della tradizione culinaria prizzese. I visitatori avranno la possibilità di partecipare a laboratori pratici, scoprendo le tecniche di preparazione delle ricette tradizionali e assaporando i prodotti freschi.

L’iniziativa, che si svolgerà nei giorni 21, 27 e 28 dicembre 2024, si inserisce nel periodo delle festività natalizie, quando il paese accoglie le famiglie emigranti e i giovani che studiano o lavorano fuori, creando un’opportunità per riunire la comunità attorno alla riscoperta delle tradizioni culinarie.

Alla scoperta degli antichi sapori” si allinea perfettamente con gli obiettivi della Sicilia come “Regione Europea della gastronomia”, promuovendo la sostenibilità, l'autenticità e la qualità dei prodotti agroalimentari locali. «Un’iniziativa che mira a favorire la valorizzazione dell’identità culturale e a incrementare l’attrattività turistica del nostro territorio», afferma la sindaca Antonina Comparetto.

La terza edizione di “Alla scoperta degli antichi sapori” si inserisce nel solco tracciato dalle edizioni precedenti e rappresenta un passo importante nella valorizzazione della cultura gastronomica dei Monti Sicani. L’iniziativa continua a essere un’opportunità per rafforzare l’economia locale e sostenere le imprese del territorio, in un'ottica di sostenibilità e sviluppo a lungo termine.



 



Pasta siciliana Dop, il 20 dicembre si riunisce il comitato promotore.

 Di recente durante l'evento dedicato alla pasta, organizzato dal Consorzio Ballatore, il DG Dario Cartabellotta aveva sollecitato gli organizzatori a fissare subito una  data

 La data è fissata: 20 dicembre 2024 al Dipartimento regionale siciliano dell’Agricoltura. Quel giorno verrà convocato il Comitato promotore della Dop Pasta Siciliana.

Chiunque abbia interesse a partecipare, dai pastifici ai mulini ai produttori e coltivatori, potrà far parte del gruppo per poter inviare la richiesta formale per la denominazione di origine protetta al Ministero all’Agricoltura.



D’altronde, la coltivazione del grano duro in Sicilia ha origini molto antiche che vengono fatte risalire alla colonizzazione greca, quando dal vicino Oriente venne introdotto il primo frumento duro. Da secoli la coltivazione di grano duro, per via del clima favorevole e della fertilità del suolo, è una delle attività più importanti del territorio. Si tratta di un tesoro da preservare per le generazioni future e da valorizzare. È quindi ovvio pensare che il riconoscimento di origine protetta diventi dopo così tanti anni necessario per chi giorno dopo giorno dedica il suo lavoro alla realizzazione di prodotti in cui emerge in tutto e per tutto il made in Sicily.

Basta fare un salto nella storia per scoprire che la pasta secca, così come la conosciamo oggi e così come è commercializzata in tutto il mondo, è stata inventata per la prima volta in Sicilia. Lo affermano i ricercatori più competenti in materia e lo dimostra la letteratura storica, che fa risalire al 1100 il primo stabilimento produttivo, ubicato a Trabia nei pressi di Palermo, che produceva quantità di prodotto (verosimilmente spaghetti) che veniva esportato in tutto il bacino del Mediterraneo.

Tornando ai tempi moderni, il settimo censimento dell’agricoltura dell’Istat rivela come la Sicilia con circa 140.000 aziende sia la seconda regione (la prima è la Puglia con circa 190.000 aziende) in termini di numero di aziende agricole. In particolare, il 26% dell’ammontare complessivo delle aziende agricole siciliane coltivano cereali, 37.023 aziende cerealicole su un totale di 142.416 aziende agricole. Dal 2019 al 2023 il frumento duro ha interessato nell’Isola una superficie di circa 267 mila ettari, realizzando una produzione di 732.695 tonnellate di granella, pari al 18,7% dell’intera produzione nazionale.

Intanto, per poter inoltrare la richiesta al Ministero competente, il Consorzio di Ricerca “Gian Pietro Ballatore” della Regione siciliana ha già realizzato un disciplinare di produzione che specifica tutte le caratteristiche che deve avere la pasta di grano duro siciliana. Si va da quelle fisiche a quelle chimiche, fino alla descrizione dell’aspetto del prodotto una volta cotto. Dovrà avere una consistenza compatta ed elastica con una cottura mediamente rapida dai 7 minuti fino a tempi superiori in base ai formati. E poi le caratteristiche organolettiche: il sapore dovrà essere sapido con gusto definito di grano duro, dovrà avere un odore di frumento appena molito, mentre nei formati prodotti con semolato o semola integrale l’odore di frumento dovrà essere spiccato. La zona di produzione e confezionamento della Denominazione di Origine Protetta Dop “Pasta Siciliana”, comprende tutto il territorio della Regione Siciliana, isole comprese. La maturazione della granella direttamente in campo, prima della raccolta, avviene sfruttando le particolari condizioni meteoclimatiche del clima siciliano di raccolta, con temperature estive elevate capaci di seccare il chicco di grano nel periodo di tempo che va da maggio a luglio.

Se si pensa che la popolazione residente siciliana risulta essere quella che maggiormente consuma pasta al mondo (pari a circa 40 chili di pasta pro capite/ anno; fonte Regione Siciliana), la richiesta sembra essere più che consona. La palla passa quindi al comitato promotore: dopo la costituzione verrà fatta richiesta al Ministero che inoltrerà di conseguenza la richiesta all’Unione Europea. E avverrà così la costituzione del Consorzio della Pasta di grano duro made in Sicily

Evento RRN: Condizionalità rafforzata ed ecoschemi nella Semplificazione della PAC

 

Le recenti modifiche che hanno interessato il Piano Strategico della PAC in attuazione del Regolamento (UE) 2024/1468, rendono necessaria la programmazione di momenti di confronto tra l'Amministrazione centrale, e tutti gli addetti ai lavori per assicurare la massima diffusione delle novità intercorse, in particolar modo nell'assetto delle norme della condizionalità rafforzata e negli ecoschemi, ai fini della corretta attuazione delle stesse da parte dei beneficiari.  

 

L'evento ha focalizzato l'attenzione sulla nuova introduzione della diversificazione colturale nella norma BCAA 7 della condizionalità, sull'eliminazione del requisito relativo alla percentuale minima di seminativi aziendali da destinare a superfici ed elementi improduttivi della norma BCAA 8 e sua contestuale introduzione come impegno premiabile all'interno del nuovo livello 1 dell'Ecoschema 5 già destinato al pagamento per misure specifiche per gli impollinatori.  

Inoltre, l'evento  ha affrontato e chiarito alcuni aspetti connessi alle modalità operative degli impegni biennali assunti con l'adesione all'Ecoschema 4, la compatibilità tra avvicendamento e diversificazione colturale, nonché, in ultimo, alle recenti modifiche che hanno interessato l'Ecoschema 1.

VIDEO 

lunedì 16 dicembre 2024

“3* Sagra Regionale del buon cibo di montagna”:

 

 

L’iniziativa del Centro Commerciale Naturale di Gangi è finanziata dall’Assessorato regionale dell’agricoltura dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea – dipartimento regionale dell’agricoltura


 

- Torna a Gangi, il 21 e 22 dicembre, la "3 Sagra Regionale del buon cibo di montagna", l'evento organizzato dal Centro Commerciale Naturale di Gangi -“I Negozi di Gangi”, con la collaborazione della condotta Slow Food Madonie, dedicato alla valorizzazione dei prodotti tipici locali. Si inizia sabato 21 dicembre alle 18.30 con l'apertura degli spazi espositivi nel centro storico del borgo medievale. Alle 20 appuntamento immancabile per gli amanti del buon cibo di una volta con la distribuzione delle antiche pietanze madonite a base di legumi e carni locali, accompagnate dal buon vino delle Madonie. Alle 21.30 spazio al divertimento con l'animazione musicale a cura del Forum Giovani di Gangi.

Domenica 22 dicembre si ricomincia alle 10 del mattino con la riapertura degli spazi espositivi e, a seguire, le attività ludiche e laboratoriali per bambini, a cura del progetto "Strumenti di Crescita e Sostenibilità" dell'Associazione Ekopolis. Alle 11 torna protagonista il buon cibo di montagna, con lo "Spazio Food" dove il Centro Commerciale naturale di Gangi tornerà a valorizzare i prodotti tipici del territorio.

Alle 12.30, sempre all'interno dello Spazio Food, in centro storico, una dimostrazione di piatti a base di prodotti tipici locali realizzati dallo chef del noto bistrot "MadoniEat" Raffale Ferrarello. Seguirà la presentazione dei  De.c.o., fra cui le cucchie e i turrunetti, accompagnati dal "rosolio", il tipico liquore locale a base di diverse essenze. L'intera giornata sarà allietata dal dj Roby D'Antoni. Questa iniziativa è finanziata dall’Assessorato regionale dell’agricoltura dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea – dipartimento regionale dell’agricoltura.

progetto Hospital Chef

 Francesca Cerami

Con il decimo incontro dedicato alla “Golosità Ragionata – Biscotti di Natale, profumo di festa” si conclude la terza edizione del progetto Hospital Chef, la buona cucina in ambiente sanitario.

 


Hospital Chef, ideato dal prof. Alberto Firenze dell’Università degli Studi di Palermo, direttore sanitario dell’AOU Policlinico Paolo Giaccone, si avvale di un ampio partenariato pubblico-privato (Istituto Idimed APS, Associazione cuochi e pasticceri Palermo, Ordine dei Biologi della Regione Siciliana, Ordine degli Agronomi e Forestali della provincia di Palermo e Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana) ed ha come obiettivo la promozione della conoscenza e l’assunzione della consapevolezza del valore del cibo e dell’alimentazione all’interno dell’ambiente ospedaliero. L’iniziativa è realizzata presso la cucina allestita ad hoc, adiacente l’Aula Nicolosi, al primo piano dell’edificio 13 che ospita l’ambulatorio di oncologia. Nel corso degli incontri (10 incontri di 3 ore ciascuno) sono state affrontate le tematiche relative all’alimentazione e alla relazione con lo stato di salute/malattia, con relazioni teoriche e momenti pratici di preparazione/degustazione di ricette in versione salutistica.  Una occasione unica per scoprire nuovi stili di vita, alimenti e pratiche culinarie, rispettose del gusto e della salute, capaci soprattutto di garantire benessere a chi vive la malattia nella quotidianità e di realizzare una efficace azione di prevenzione primaria.

 Il progetto è stato inoltre sostenuto da Copagri Sicilia e da diverse aggregazioni e associazioni del privato sociale nonché distretti e aziende agricole. Non sono mancati gli approfondimenti che hanno dato voce ad esperienze di buone pratiche, sperimentazioni e progetti in essere nonché testimonianze di aziende agroalimentari (testimonial del settore di riferimento: agrumi, legumi, olio EVO, frutta e verdura, aromatiche, farine …). Gli incontri si sostanziano in momenti culturali, scientifici, gastronomici, condotti da nutrizionisti, psicologi, oncologi, agronomi, seguendo il principio consolidato che la salute comincia a tavola. Una bella esperienza rivolta ai pazienti e ai loro familiari, ma soprattutto al personale medico e paramedico e agli studenti di Medicina, ai biologi e quest’anno anche agli agronomi e psicologi (50 partecipanti). La collaborazione con gli ordini ha permesso inoltre, ai diversi professionisti di acquisire i crediti formativi per gli incontri accreditati.

Alle 15,00, di giorno 17 dicembre, il decimo e ultimo incontro, prenderà il via con i saluti istituzionali: Dott.ssa Maria Grazia Furnari, Direttore Generale A.O.U.P P. Giaccone di Palermo; Prof. Alberto Firenze, Direttore Sanitario A.O.U.P P. Giaccone di Palermo; Prof. Antonio Russo, Responsabile UOC Oncologia A.O.U.P P. Giaccone di Palermo; Dott. Alessandro Pitruzzella, Presidente Ordine dei Biologi della Regione Sicilia; Dott.ssa Silvia Martinico, Vice-presidente Ordine dei dottori Agronomi e Forestali di Palermo; Dott.ssa Gaetana D’Agostino, Presidente Ordine degli Psicologi della Regione Siciliana; Dott.re Natale Mascellino, Copagri Sicilia e dal prof.re Mario Puccio dell’Associazione cuochi e pasticceri di Palermo.

Seguiranno gli interventi di Ildegarda Campisi, nutrizionista; Francesca Cerami, psicologa; Maria Montagno, agronomo e presidente del Consorzio Manna Madonie e Salvatore Gazziano, Direttore del Consorzio di tutela del Pistacchio di Raffadali D.O.P. (AG). Il focus del decimo appuntamento sarà: i dolci della tradizione, dipendenza dai cibi industriali (merendine) e differenza con quelli caserecci (naturali), benefici degli alimenti bio a filiera corta, il ruolo dei consorzi.

Poi, gli approfondimenti: ChocoModica - Consorzio di Tutela del Cioccolato di Modica I.G.P. (RG); Sicily Experience e Candido Sogno Siciliano, Confartigianato Imprese Sicilia (SR); Giornata Mondiale dell’Alimentazione FAO del 16/10/24 - Istituto Superiore L. Sturzo di Bagheria (PA); Azienda Nobile Natura delle sorelle Conti Cutugno, Tripi (ME).

Infine, per l’occasione, lo Chef Giuseppe Molinaro, dell’Associazione Cuochi e Pasticceri di Palermo, supportato dal compartimento giovani, preparerà nella cucina adiacente, con spiegazione, in tempo reale, delle ricette tradizionali e innovative con gli ingredienti messi a disposizione dalle aziende.

Un progetto che mira a riflettere sull’inestimabile valore della salute e sulla necessità di costruire pratiche multidisciplinari di approccio al fenomeno utilizzando una visione sistemica, cooperativa e sostenibile.  

"È stata una edizione ricca di contributi e di partecipazione, afferma il prof.re Alberto Firenze, ideatore dell'Iniziativa e direttore sanitario dell'A.O.U.P. P. Giaccone di Palermo, abbiamo condiviso conoscenza, scienza e coscienza alimentare. Promosso corretti stili di vita e rinsaldato alleanze istituzionali. Siamo soddisfatti del percorso svolto e sicuri di aver fatto un passo in avanti verso la sana alimentazione in ambiente ospedaliero, sempre più vicini alla meta che non ci stancheremo mai di perseguire"

 

 

progetto "Novarancia"

 Cinzia Oliveri

L’innesto a gemma può favorire lo sviluppo competitivo dell’arancia rossa certificata   

 

 

 

L’impiego di materiale di propagazione certificato sotto il profilo genetico e fitosanitario è un prerequisito fondamentale per lo sviluppo di un’agrumicoltura competitiva. Le recenti normative hanno fatto notevoli progressi ma i risultati sono modesti. L’obiettivo è oggi   difficile in considerazione dell’ampio numero di cloni di arancia rossa e di portinnesti, della mutevole domanda di mercato, delle numerose piante madri necessarie per la produzione e dei controlli da effettuare per assicurarne quantità sufficienti.. Problema che molti Paesi hanno affrontato mantenendo l’impiego dell’innesto a gemma. Il nostro Paese, per avere piante più strutturate al momento dell’impianto, 50 anni fa ha incoraggiato la tecnica dell’innesto a marza che comporta l’impegno di 3-4 gemme per ogni pianta innestata. Il che riduce la capacità di fare fronte al fabbisogno di materiale di propagazione certificato, richiede portinnesti di almeno 24 mesi di età, estende a oltre 36 mesi dal seme il ciclo di produzione delle piante.

Il progetto "Novarancia", finanziato dal PSR  Sicilia 2014-2022, al termine di valutazione in vivaio di piante di arancio Tarocco (Lempso, Ippolito e Meli) ottenute per innesto a marza e a gemma su  citrange Carrizo e C35,  ha allestito in aziende partner quattro campi sperimentali per rilievi anche a lungo termine. Allo scopo il materiale di propagazione utilizzato è stato sottoposto a controlli normativi e avanzati (NGS) sviluppati in altra linea del progetto.  

Al termine del secondo anno in vivaio i risultati mostrano che l’innesto a gemma consente di operare su portinnesti  giovani (semenzali di 7-12 mesi), abbrevia di 12 mesi il ciclo di propagazione (14-24), riduce l’esigenza di materiale di propagazione certificato (una sola gemma/pianta invece di 3-4 nel caso della marza) e limita i rischi di esposizione prolungata delle piante in contenitore a stress abiotici e biotici. La modalità di innesto non influenza in modo significativo l'altezza, la struttura, il quoziente di robustezza delle piante e altri parametri (peso secco di radici, steli e foglie). Differenze maggiormente legate alla combinazione d’innesto, rilevate in pieno campo al termine del primo anno.

Si aggiunga che innesti a gemma vegetante eseguiti in settembre e ottobre hanno messo in evidenza ottime percentuali di attecchimento finché i portinnesti (Carrizo e C35) erano in attività vegetativa. Il che offre una possibile programmazione stagionale degli interventi.  In tale prospettiva, sezioni incrementali allestite in serra su limone rugoso, macrophylla e volkameriana di un anno hanno permesso di ottenere abbondante materiale di propagazione utilizzato nel periodo marzo-settembre.

 

Sulla base dei risultati, la diffusione della tecnica di innesto a gemma, opportunamente assistita da un breve periodo di formazione e addestramento degli operatori del settore, consentirebbe di superare rapidamente una delle difficoltà principali per la corretta diffusione di nuovi cloni di arancia rossa e di portinnesti compatibili con le condizioni di campo.
















seminario conclusivo del Progetto Demetra.

 

 

Casa San Filippo ha ospitato il seminario conclusivo del Progetto Demetra. Dopo i saluti istituzionali e le relazioni scientifiche, si è svolto un Focus Group dedicato alla normativa regionale e nazionale sulla biodiversità agricola, con particolare attenzione al caso della Sicilia.



Il Centro per la Biodiversità Mediterranea è uno degli obiettivi raggiunto a termine del progetto: una collezione pensata per studiosi e appassionati, che racconta la storia e valorizza le peculiarità dei grani antichi siciliani.

“Ad oggi, siamo l’unica struttura in Sicilia che dispone di una banca dati consultabile sul tema della biodiversità – ha dichiarato Lillo Alaimo Di Loro, agronomo e coordinatore del progetto, evidenziando l’importanza strategica e innovativa del Centro per la Biodiversità Mediterranea Demetra – siamo orgogliosi dei risultati raggiunti in questi anni nell’ambito del Progetto Demetra, che non rappresentano un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Questo patrimonio ha rappresentato una risorsa fondamentale per lo sviluppo delle aziende agricole multifunzionali e per la promozione delle comunità del cibo, temi centrali nei processi di sostenibilità e innovazione nel settore agroalimentare”.

Grazie alla direzione di Roberto Sciarratta, il Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi ha dimostrato la capacità di unire passato e futuro, valorizzando non solo il patrimonio culturale ma anche quello agricolo, essenziale per la sostenibilità e per l’identità del territorio siciliano.

“Il Parco, che è archeologico, ma anche paesaggistico – ha detto il Direttore Sciarratta – negli ultimi anni ha investito tanto nel piano della progettazione e nella biodiversità. Il percorso Demetra ci ha consentito di realizzare importanti campi di collezione, una biblioteca, una banca dati informatizzata e un Museo del Grano, che potranno essere consultati dal mondo scientifico. Siamo molto contenti dei risultati ottenuti in questi anni, una buona partecipazione ai corsi di formazione, sia dal punto di vista dei docenti, che dei corsisti”.

Il Centro per la Biodiversità Mediterranea Demetra, ospitato a Villa Aurea, custodisce una vasta collezione di grani antichi e legumi siciliani, raccolti e classificati durante il progetto”.

Tra le sue caratteristiche principali figurano 52 bacheche espositive, contenenti piante intere accompagnate da schede descrittive e QR code, che permettono l’accesso alle informazioni dettagliate di ogni varietà, utili per orientare scelte di coltivazione e produzione.

Ai lavori, coordinati da Lillo Alaimo Di Loro, sono intervenuti: Paolo Inglese, Ordinario di Arboricoltura Generale dell’Università degli Studi di Palermo e responsabile scientifico del Progetto Demetra, il Tenente Colonnello Vincenzo Castronovo, Comandante Centro Anticrimine Natura Carabinieri, Tommaso La Mantia, Ordinario di Scienze Agrarie, Alimentari e Forestali, dell’Università degli Studi di Palermo, Nunzio Alessandro Terrana, Architetto, Maria Ala, Agronomo.

  A seguire il Focus Group coordinato da Nino Sutera dell'Osservatorio Neorurale del Dipartimento Agricoltura della Regione Siciliana, dedicato alla normativa regionale e nazionale sulla biodiversità agricola, con particolare attenzione al caso della Sicilia, hanno preso parte Vincenzo Montalbano e Maurizio d'Aristotele  del MISAF, Dario Costanzo del CORIBIA e Lillo Alaimo di Loro, sono stati chiariti le modalità di accesso e iscrizione alla banca data nazionale sulla biodiversità. La Sicilia come è noto aveva già intrapreso la strada della difesa della Biodiversità con la Legge sul Born in Sicily voluta da Dario Cartabellotta all'epoca Assessore Regionale all'Agricoltura. 

I primi di dicembre il MISAF  ha presentato il portale nazionale sulla biodiversità   http://agrobiodiversita.politicheagricole.it/


 

   



Mirto: al via l'8a edizione del “Festival dell'Olio dei Nebrodi”

 


 

 Nelle giornate del 20-21 e 22 dicembre p.v., una Kermesse patrocinata e  finanziata dall'Assessorato Regionale dell'Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea – Dipartimento Regionale dell'agricoltura.

 


Si rinnova l'appuntamento con il Festival dell'Olio dei Nebrodi, che si svolgerà a Mirto piccolo centro nebroideo nel week end del 20-22 dicembre p.v.   Una manifestazione patrocinata e finanziata dall'Assessorato Regionale dell'Agricoltura, dello Sviluppo Rurale e della Pesca Mediterranea,  tra le piu' importanti in ambito regionale  per la  valorizzazione e promozione dell'enorme patrimonio dell'Olivicoltura siciliana. Un patrimonio di 28 cultivar(e loro sinonimi) riconosciute come IGP Sicilia con Decreto della Regione Siciliana e che coinvolge in Sicilia più di 100mila aziende, 500 frantoi, 150mila ettari di superficie olivetata con 18 milioni di piante, e una produzione media di 500mila quintali di olio annui che la pone tra le prime Regioni per estensione e produzione.

 


Molte di queste cultivar sono presenti soprattutto nel territorio dei Nebrodi e alcune di esse addirittura si identificano con i nomi di alcuni Comuni della Zona, basta pensare alla Santagatese, all'Olivo di Mandanici, ma anche alla Nasitana per non parlare delle piu importanti e conosciute cultivar come l'Oglialora messinese o la Nocellara messinese, o infine la Vaddarica, conosciuta in passato in tutta la Sicilia come la “Scarsitta di Mirto”. Un patrimonio quindi che coinvolge un vasto territorio siciliano e di grande valenza per le aziende siciliane su cui bisogna pianificare e programmare per renderla sempre piu' una risorsa economica determinante e un veicolo di sviluppo economico.  A tal fine la giornata del 21 dicembre, “l'Olio a Mirto va di Moda”, sarà dedicata al Convegno sull'Olioturismo e sull'olivicoltura siciliana da realizzare all'interno del Palazzo Cupane che ospita il Museo del Costume e della Moda Siciliana, che vedrà la presenza di esperti del settore e rappresentanti politici ed operatori economici  dell'intero territorio regionale. Si vuole puntare l'attenzione sull'Olioturismo, la cui normativa nazionale è stata recentemente recepita dalla nostra Regione, ma che ancora necessita di essere regolamentata ed applicata nel territorio regionale. Una fruizione del territorio attraverso un turismo esperienzale che metta in rete tradizioni, produzioni, patrimonio culturale e fare Rete anche in considerazione del fatto che nel 2025 la Sicilia sarà Regione Europea della Gastronomia. Nella giornata del 21 previste, inoltre, le mostra “Ulivi e Frantoi”, con foto di Melo Minnella e Nino Giaramidaro, curata da Toti Librizzi e una su “I funghi dei Nebrodi” curata dall'Associazione Micologica di Torrenova. Previsto anche la consegna del Premio “MirtOlio 2024” per una personalità che si é distinta per valorizzare e promuovere l'olio e le olive di Sicilia. Infine in collaborazione con l'Anci Sicilia sarà presentata l'iniziativa di turismo esperienziale “La Rete dei Musei” a cui il Comune di Mirto ha aderito con il suo Museo del Costume e della Moda Siciliana. Previste Masterclass per giornalisti, amministratori locali, operatori ed appassionati, curati da Cronache di Gusto, con la partecipazione dell'assaggiatore Giuseppe Cicero.

Ma la Kermesse è dedicata anche alle nuove generazioni e in particolare il giorno 20 dicembre sarà dedicato  al  mondo della Scuola dove “L'Olio sale in Cattedra”, con diverse iniziativa in collaborazione con l'Istituto scolastico del territorio e con ospiti come Calogero Rifici, foodblogger e Stefania Milio assaggiatrice d'Olio.  La giornata del 22 sarà dedicato all'escursione e conoscenza dell'Itinerario di Olioturismo dedicato alla Vaddarica, che si snoda tra il fiume e la vallata del Fitalia tra le piu' suggestive della Sicilia, con la presenza di nove Comuni (unica in Sicilia) e in passato considerata luogo di approviggionamento dell'esercito romano.

 

 

 

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