lunedì 2 settembre 2024

la cucina italiana candidata a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità

 

 

    NinoSutera 

 

Mangiare è un atto agricolo, così  il  poeta-agricoltore americano Wendell Berry, parlava di cibo, che  è diventato ormai uno stile di vita, per cui la gente mangia come vorrebbe vivere e si identifica nelle proprie scelte alimentari quotidiane, o almeno prova a farlo, non sempre però i risultati sono soddisfacenti per tutti.

 



La candidatura nasce nel 2023 su impulso della Fondazione Casa Artusi, dell'Accademia Italiana di Cucina, del Collegio Culinario e della rivista La Cucina Italiana. 

Il dossier evidenzia come, in Italia, la pratica della cucina sia un elemento quotidiano, un modo di prendersi cura di sè e degli altri, ma anche di ricordare le proprie origini e mantenerle vive trasmettendole alle nuove generazioni. Il dossier, da questo momento, sarà sottoposto ad una lunga e complessa valutazione da parte di un organo di esperti mondiali che concluderà il proprio esame a dicembre 2025. 


Periodicamente  si organizzano eventi, manifestazioni, convegni ect. all'insegna della dieta mediterranea, del cibo sano,grande e giusto,  del K zero (un inno nazional popolare..dello zero appunto)    ...durano da sempre, quando la brina di primavera al spuntar  del sole.  Il proliferare di organizzazioni, associazioni  e congregazioni più o meno specializzati solo ad intercettare risorse pubbliche, a danno dei azionisti di maggioranza, "gli agricoltori " rappresenta ancora una volta una conferma.



 "In tanti parlano di cibo, pur non avendone titolo,    sconoscono completamente la materia, per non parlare di chi per promuovere la cucina italiana si ispira a chef francesi"

In un mondo in cui mangiare ha assunto molti altri significati rispetto a quello energetico, l’ identità, il conforto, la socialità, l’ etica, la politica e naturalmente  l’ agricoltura, rivestono un ruolo non secondario.

E’ innegabile che il cibo ha un stretto legame con l’agricoltura e la cucina,  definiva e raccontava  la nostra italianità   Una identità che riflette nel bene e nel male la nostra storia millenaria,  e rispecchia fedelmente la nostra geografia: un Paese che si estende per quasi 1300 km di lunghezza, con una ricchezza impressionante di territori, suoli e paesaggi (collina, montagna, pianura, mare, lago, vulcani) nonché di climi ed ecosistemi (da quello gelido alpino/appenninico a quello arido mediterraneo). Recentemente la cucina italiana è stata candidata  a Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

Una cultura alimentare, insomma, che si è sedimentata per secoli sullo scambio tra città e campagna, tra aree geografiche vicine e tra ricchi e poveri; sulla differenza tra Nord e Sud, tra regioni e addirittura tra campanili; sull’assimilazione di stimoli esterni (arabi, francesi, spagnoli, americani, austriaci), rielaborati e reinterpretati con l’italico genius loci. https://terra.regione.sicilia.it/borghi-geniusloci-de-co-legame-fra-uomo-ambiente-clima-e-cultura-produttiva/

Pur tuttavia, va anche detto che l’Italia nel settore alimentare non è più autosufficiente e deve importare grandi quantità di materie prime dall’estero. Una situazione ben conosciuta dagli addetti ai lavori, ma meno nota al grande pubblico, che vorrebbe sempre comprare cibo “made in Italy”  che  peerò non c’è.

Questa mancanza si traduce nella necessità di importare ingredienti da trasformare in prodotti finiti destinati sia al consumo interno sia all’esportazione.   Il nostro Paese non riesce a produrre tutte le risorse di cui ha bisogno sia a causa di politiche restrittive dell’Unione Europea, sia per la diminuzione dei terreni destinati all’agricoltura, che per l’abbandono delle attività agricole poco remunerative  da parte dei contadini.

L’esempio della pasta è indicativo: il grano duro italiano copre solo il 65 % del fabbisogno, occorre importare frumento da Paesi come Canada, Stati Uniti, Sudamerica. Anche per il grano tenero vale la stessa cosa poiché il prodotto interno copre solo il 38% di ciò che richiede il settore, con importazioni da Canada, Francia, ma anche Australia, Messico e Turchia. Non cambia la situazione per altre categorie merceologiche: le carni bovine italiane rappresentano il 76% dei consumi e per il latte si scende addirittura al 44%,  lo zucchero viene soprattutto dal Brasile, mentre il pesce da Paesi Bassi, Thailandia, Spagna, Grecia e Francia, oltre a Danimarca ed Ecuador.   Inoltre la maggior parte dei legumi non sono italiani, a causa di drastiche riduzioni delle coltivazioni. Adesso le importazioni provengono principalmente dal Medio Oriente, Cina, Stati Uniti, Canada,   

Siamo invece autosufficienti per quanto riguarda vino, frutta fresca, uova e pollo(attenti ai allevamenti super industriali)   Solo in questi casi abbiamo la quasi totale certezza di comprare un prodotto made in Italy al 100%.

Esiste quindi un tema centrale,  la sovranità alimentare

Secondo la FAO la sovranità alimentare è un modello di gestione delle risorse alimentari che ha come priorità e motore delle proprie politiche non la massimizzazione del profitto economico ma la soddisfazione delle esigenze alimentari delle persone; che promuove un tipo di produzione alimentare sostenibile e rispettosa del lavoro di chi produce il cibo; che punta a incoraggiare le economie alimentari locali, riducendo la distanza tra fornitori e consumatori, lo spreco e la dipendenza da società distanti dai luoghi in cui il cibo viene prodotto. In altre parole, la sovranità alimentare si propone di dare il controllo delle risorse alimentari soprattutto a chi le produce, le distribuisce e le consuma anziché a grandi aziende che le utilizzano come mezzo per arricchirsi.

Non tutti sanno, che la cucina italiana era una volta tradizione, nata dall’incontro di culture,  la più alta espressione del Made in Italy Agro-Alimentare  era  composta da materie prime rigorosamente autoctone, (la Sicilia era fino a qualche secolo addietro il granaio dell’Impero)  quando perde il legame fra uomo, ambiente, clima e cultura produttiva, diventa un mero prodotto commerciale.

domenica 1 settembre 2024

Gal Rocca di Cerere

Viaggio nei 23  
GAL della Sicilia.

               Dopo il Gal Madonie, il GAL Tirrenico Mare e Monti e Borghi, il GAL Etna Sud, ecco il Gal Rocca di Cerere  

 

 la comunicazione è partecipazione

I Gruppi di Azione Locale (GAL) sono partenariati tra rappresentanti locali, pubblici e privati, creati per favorire lo sviluppo delle aree rurali, finanziati dall'Assessorato Regionale all'Agricoltura, attraverso il PSR 2014-2022.



 

                        La Sicilia ha ottenuto il riconoscimento di Regione Europea della Gastronomia per il 2025 conquistando i giudici dell’Igcat per i suoi sapori, ma ad affascinare quegli uomini e quelle donne che nel 2023 hanno girato in lungo e in largo la nostra isola, sono stati anche la sua storia, la sua cultura e il suo territorio, ognuno con le sue unicità.

Come quelle racchiuse dal Gal Rocca di Cerere Unesco Global Geopark, ovvero bellezze di un territorio ricco di storia e cultura nel cuore della Sicilia, e che fa riferimento ai comuni di Enna, Aidone, Assoro, Nissoria, Leonforte, Piazza Armerina, Valguarnera e Villarosa, nell’Ennese e a quello di Calascibetta in provincia di Caltanissetta. In questa area, sono racchiusi due parchi archeologici famosi in tutto il mondo, quello di Morgantina e la Villa Romana del Casale a Piazza Armerina (300mila visitatori ogni anno), quest’ultima tra i 7 siti Unesco che si trovano in Sicilia e ancora il Geoparco della Rocca di Cerere, da cui trae il nome il Gal stesso.

Villa del Casale (foto villaromanadelcasale.it)

E la storia del territorio si intreccia con la mitologia, perché il nome di questo luogo è legato al mito del ratto di Proserpina da parte di Plutone, ambientato proprio nel cuore della Sicilia. Si racconta che Plutone, a bordo di una biga alata, rapì Proserpina mentre era intenta a raccogliere i fiori di crocus e di zafferano, sulle rive del lago di Pergusa. A seguito della sua scomparsa, Cerere, la dea delle messi si recò adirata da Giove, per scoprire che la figlia era stata portata nell’Oltretomba. Si arrivò ad un patto, secondo il quale Proserpina avrebbe passato sei mesi con il marito e sei mesi sulla terra.

“Il nostro Gal – spiega Salvatore Troia, direttore del Piano – nasce nel 1998. Da allora ci sono state modifiche sostanziali sul nostro territorio, ma quello che è certo è lo stretto legame con la terra, proprio per questo al nome Rocca di Cerere si aggiunge quello di Geopark”. Lo stesso Troia ricorda che quella di Enna è la provincia con il più alto rapporto tra numero beni culturali per abitante, e quello che è presente “sul nostro territorio racconta bene tutte le dominazioni che hanno avuto a che fare con la Sicilia nei secoli”.

Il territorio si sviluppa su un’area racchiusa dalle estreme pendici meridionali dei Nebrodi e delle Madonie a nord, e dai rilievi degli Erei che ne occupano gran parte della superficie, ed è dunque costellato da catene montuose, valloni, fiumi e laghi, antichi centri arroccati e colline. Oltre ai già citati siti di Morgantina e Piazza Armerina, custodisce la Polis di Morgantina ad Aidone, i Boschi di Piazza, la Valle dell’Imera e il Bosco di Rossomanno, solo per citarne alcuni.

Ma a cosa fa riferimento la definizione Geopark? “L’Unesco ci ha conferito questo riconoscimento nel 2015 – spiega Troia – e fa riferimento a quei territori che hanno la presenza di un patrimonio geologico di rilevanza internazionale, tale da aiutare a raccontare la storia della formazione della Terra. Naturalmente il riconoscimento è arrivato dopo un lavoro durato anni, e che continuiamo a fare costantemente, perché ogni 4 anni viene messa in atto dall’Unesco una rivalutazione”.

Mandorlo Prunus dulcis

Storia, cultura e naturalmente gastronomia. La zona è famosa per le sue produzioni di Olio Evo e per coltivazioni specifiche del territorio, come il mandorlo Prunus dulcis, capace di resistere al caldo delle estati siciliane e che, nei secoli, è stato utilizzato per la pasticceria dei “monsù” e delle monache dei conventi siciliani che diedero vita alla Pasta Martorana o Reale. Grandi le produzioni di legumi, dal cece nero rugoso a quello nero liscio, passando per la lenticchia nera e la fava larga di Leonforte.

Sul fronte dei cereali la storia viene portata nelle cucine dei siciliani con produzioni di grano perciasacchi, un grano duro antico altamente digeribile, e quelle di grano Timilia, le cui coltivazioni risalgono al Medioevo e di cui scrisse Goethe tra le righe del suo Viaggio in Sicilia: “La tumenia, il cui nome deriverebbe da bimenia o da trimenia, è un bellissimo dono di Cerere, una specie di grano estivo che matura in tre mesi. Lo seminano a capodanno fino a giugno ed è sempre maturo alla data stabilita. Non abbisogna di pioggia abbondante, ma di forte caldo; all’inizio la foglia è molto delicata, ma poi cresce insieme col grano e alla fine si rafforza assai. La semina del grano avviene in ottobre e novembre, e a giugno è già maturo

sabato 31 agosto 2024

La pioggia ...c'era una volta!

  ...sembra impossibile, eppure!

 

Come far piovere in tempo di siccità. Qualcuno alzerà il sopracciglio, eppure esistono da sempre molti modi per provocare scrosci e piogge. Ad esempio preghiere e rituali sono sempre esistiti e pare funzionavano davvero.  


 Per i credenti così la Chiesa prega per la pioggia 


Il Papa l’ha ribadito più volte: la siccità è un problema grave. Che chiede interventi concreti. All’Angelus, nella solennità dei santi Pietro e Paolo, Francesco ha auspicato «che si attuino le misure necessarie a fronteggiare queste urgenze e a prevenire le emergenze future. Tutto questo deve farci riflettere sulla tutela del creato, che è responsabilità nostra, di ciascuno di noi. Non è una moda, è una responsabilità – ha aggiunto il Pontefice –: il futuro della terra è nelle nostre mani e con le nostre decisioni!».Vanno in questo senso tante iniziative lanciate dalla diocesi italiane. Qualche anno addietro l’arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini ha recitato il Rosario in tre chiese di campagna «per il dono dell’acqua» e ha promosso un pellegrinaggio mariano nel territorio agricolo del Milanese ferito dalla carenza di acqua. «La preghiera per la fecondità della terra e la pioggia che viene dal cielo – ha sottolineato Delpini – richiede la fede semplice dei bambini che si fidano del Padre che sta nei cieli. Richiede la fede sapiente che raccoglie in ogni situazione l’occasione per accogliere la chiamata a conversione verso uno stile di vita che abiti la terra come chi coltiva il giardino piantato da Dio in Eden. Richiede la fede cristiana che, obbediente al comando di Gesù, prega: “Sia fatta la tua volontà, come in cielo, così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano”».

Molto nota in questo ambito la preghiera di Paolo VI recitata la prima volta all’Angelus del 4 luglio 1976, anche allora tempo di siccità:

“Dio, nostro Padre, Signore del cielo e della terra (Mat. 11, 25),

tu sei per noi esistenza, energia e vita (At. 17, 28).

Tu hai creato l’uomo a tua immagine (Gen. 1. 27-28)

perché con il suo lavoro faccia fruttificare

le ricchezze della terra

collaborando così alla tua creazione.

Siamo consapevoli della nostra miseria e debolezza:

nulla possiamo senza di te (Cfr. Gv. 15).

Tu, Padre buono, che su tutti fai brillare il tuo sole (Mat. 5, 45)

e cadere la pioggia,

abbi compassione di quanti soffrono duramente

per la siccità che ci ha colpito in questi giorni.

Ascolta con bontà le preghiere a te rivolte

fiduciosamente dalla tua Chiesa (Luc. 4, 25),

come esaudisti le suppliche del profeta Elia (1 Re 17, 1),

che intercedeva in favore del tuo popolo (Giac. 5, 17-18).

Fa’ scendere dal cielo sopra la terra arida

la pioggia sospirata,perché rinascano i frutti (Ibid. 5, 18)

e siano salvi uomini e animali (Sal. 35, 7).

Che la pioggia sia per noi il segno

della tua grazia e benedizione:

così, riconfortati dalla tua misericordia (Cfr. Is. 55, 10-11),

ti renderemo grazie per ogni dono della terra e del cielo,

con cui il tuo Spirito soddisfa la nostra sete (Gv. 7, 38-39).

Per Gesù Cristo, tuo Figlio, che ci ha rivelato il tuo amore,

sorgente d’acqua viva zampillante per la vita eterna (Ibid. 4, 14).Amen”.



Una volta...

Nell’antica Roma, durante la cerimonia chiamata “aquilicium”matrone scalze e con capelli sciolti, salivano sul Campidoglio. Facevano ruzzolare pietre, invocando Giove Pluvio, urlando a squarciagola; simulando il brontolio del tuono. Ancora oggi si pensa che il cantare stonando porti la pioggia! Più avanti, verso la metà del quarto secolo, papa Liberio trasformò la cerimonia pagana d’invocazione delle precipitazioni in una pubblica preghiera cristiana.

Da allora l’uso è rimasto e ancora oggi il vescovo, in caso di prolungata siccità, indice una processione o un pellegrinaggio ‘ad petendam pluviam‘ (per invocare la pioggia). Ricordiamo anche le processioni medioevali dei flagellanti, indette ogni volta che la siccità minacciava i raccolti. I rituali per la pioggia sono particolarmente diffusi in Italia perché veniamo da una tradizione agricola. Papa Gregorio alla fine del VI secolo istituì anche le Rogazioni, sostituendo i riti pagani ad pluviam petendam con preghiere e processioni.

Preghiere per invocare la pioggia

In Veneto ancora oggi, durante i periodi di siccità, si realizzano delle croci con rami di ontano da portare in processione e a lasciare all’ingresso dei campi, per propiziare l’arrivo della pioggia. Anticamente, quando non pioveva da tempo e le cisterne erano vuote, si portava l’immagine della Madonna in processione. I contadini, scalzi, e i giovani del paese con corone di rovi sul capo, seguivano la processione, invocando la Vergine.

In alcune zone, ogni 7 anni la Madonna esce dalla chiesa; dinanzi alla quale centinaia di persone aprono una pettorina e si percuotono con delle spille. Hanno un sughero nel quale sono stati conficcati o pezzetti di vetro o spilli. Sono i battenti e accompagnano con il sangue versato la processione. Il fedele che si batte offre alla Madonna il bene più prezioso. Versando il sangue, lo si offre alla Madonna.

Rituali per la pioggia

In cambio si chiede la sopravvivenza per la comunità che lei può garantire facendo piovere. Anche all’estero accade così. In Bielorussia, le donne arano il fiume, cantando canzoni rituali. In Macedonia, gruppi di persone alzando le mani e la testa verso il cielo, eseguono riti  e canti ritmici; chiamando la pioggia. Esistono tantissimi rituali, come nei villaggi di Gagauz e degli slavi meridionali. Una ragazza, vestita a festa, va in una vigna, con una ghirlanda in testa; scavalca tutti i cortili del villaggio e i contadini la innaffiano d’acqua.

Oppure si va nella landa desolata a mezzanotte; facendo un cerchio d’acqua intorno. Si alzano le mani verso il cielo e si cammina in senso orario lungo il sentiero dell’acqua fino a quando non si asciuga. Si continua a camminare accompagnando il tutto con parole volte a richiedere la pioggia dalla natura. I ceceni sacrificano un serpente e un gallo nero.

Processioni per la pioggia

Esiste un rituale dei druidi, in cui ci si siede a gambe incrociate verso ovest e meditare; e bisogna visualizzare l’acqua che risciacqua il nostro corpo o che lo purifica. Poi si deve invocare l’elemento dell’acqua nel modo che si preferisce e recitare ringraziando l’elemento. Dodola, parola che ricorre nel canto, è il nome di una divinità femminile della mitologia Slava. “Che la pioggia venga a bagnare questa terra; che venga a purificare le nostre anime e risciacqui il nostro cuore.

Aquilicium e come far piovere

Io ti prego elemento Dell’acqua di portare la pioggia in questa terra! Così sia!”.  E’ la Dea della pioggia e moglie di Perun, il Dio del tuono. Nel rito per propiziare la pioggia, giovani donne cantano canzoni per Dodola. Sono canzoni specifiche e ne esiste un vasto repertorio, chiamate appunto Dodolske Pesme. I canti sono accompagnati da danze e le giovani donne, nel rituale, sono coperte di foglie e piccoli rami. Sin dall’antichità si attribuisce a druidi e sacerdoti il potere di controllare il tempo atmosferico; comandare le tempeste, incatenare il vento, proviamo!

Sarebbe meglio eseguire le cerimonie in riva ad uno stagno o ruscello, Si raccoglieva l’acqua in un calderone e poi la si agitava con dei rametti. Mentre si agita l’acqua, s’invoca i lo spirito della pioggia chiedendo abbondanti piogge per la fertilità dei campi.

Giove Pluvio

Successivamente, con i rametti, si mescola il liquido per nove volte in senso orario e subito dopo per nove volte in senso antiorario. Poi scuotendo l’acqua ancora si ripete il processo per tre volte. Si spruzza l’acqua nell’aria come se stesse effettivamente piovendo. Il rituale veniva ripetuto in sequenze dispari e concluso gettando l’acqua del calderone sulla terra.



Pachino, Festa della vendemmia 2024

 

 Si svolgerà da venerdì20 a domenica 22 settembre la terza edizione della “Festa della vendemmia“, la manifestazione organizzata dall’associazione “Vivi vinum Pachino” che promette un’edizione esclusiva, per le tante novità a partire dal luogo.Sarà infatti la vecchia stazione di Pachino in piazza Pietro Nenni, per l’occasione “Stazione del vino”, a ospitare la manifestazione diventando per tre giorni luogo di aggregazione e di scambio culturale, quel “palmento a cielo aperto” delle passate edizioni che inebria l’aria di mosto.

È arrivato il momento di valorizzare altri punti della città, come quartieri e zone mai resi vivi o ritenuti importanti – riferisce Walter Guarrasi, presidente dell’associazione “Vivi vinum Pachino” – La stazione di Pachino per noi è la “stazione del vino” e su quei binari viaggiava il mosto caricato presso i magazzini del vino lungo la ferrovia, su quei binari viaggiava il Nero Pachino. Parliamo di una parte importante della storia del nostro territorio“.





 

Il presidente del sodalizio organizzatore, ringraziando l’amministrazione comunale per il patrocinio, sottolinea: “Con questa voglia di crescita e di sviluppo stiamo contribuendo da 7 anni a migliorare il territorio, a diffondere la cultura del “bello” e a trasmettere la consapevolezza che è possibile ripensare e interpretare un modello nuovo di ri-generazione urbana, sociale ed economica. La nostra associazione è riuscita a raggiungere risultati importanti perché si pensa al “Noi” e non all’ “Io”, ogni socio pensa e agisce come squadra. La Festa della vendemmia, come “tradizione innovativa” riesce a tradurre questo pensiero perché unisce, valorizza, promuove. Al centro di questa visione si richiamano i sani principi della cooperazione, la “comunità artigiana” che “costruisce per ricostruire”.

La festa si svolgerà in piazza Pietro Nenni, che dista qualche centinaio di metri dal centro storico.

Il programma si preannuncia ricco di appuntamenti, con il 3° “Palio della botte“, conferenze sulla cultura vitivinicola e sull’enoturismo, il concerto del sabato sera con un ospite di fama nazionale, mentre la domenica del folklore sarà dedicata alla pigiatura con la presenza dei carretti con l’uva e con il gruppo folk “Pachino ‘nciuri – Carmelo Latino”.

Al centro degli eventi la degustazione di oltre cento etichette di vino, lungo un percorso dedicato alle aziende vitivinicole di Pachino e non solo, protagoniste della “Festa della vendemmia”. La gastronomia contadina e il cibo della vendemmia presente nella rotonda dei “Pachinesi nel mondo”, per celebrare “il rito della tradizione”. Il ponte di via XXV Luglio sarà impreziosito dall’artigianato, dalle arti e dai mestieri, grazie alla cooperativa di comunità “Le terre di Ebe”.

La “mustata”, dolce tipico della vendemmia di Pachino, sarà sui banchi per tutti e tre i giorni, così come sarà organizzato il 3° concorso amatoriale “La vendemmia nel piatto”. Poi ancora i “giochi di una volta” per i bambini delle scuole, e la presenza del Centro diurno anziani, degli istituti superiori “Calleri” e “Bartolo”.

Tra le novità, la rubrica “Di che vendemmia sei… incontro con l’ospite d’onore” e il 1° concorso enologico “Il vino dello Scagno”.

L’associazione “Inverdurata di Pachino” realizzerà un mosaico vegetale dedicato e interagirà con il laboratorio per inverduratori. Sarà assegnata quindi la 3ª “Pampina d’oro“.

venerdì 30 agosto 2024

FESTIVAL INTERNAZIONALE DELL’UVA IGP DI MAZZARRONE

 

   XVI EDIZIONE – ANNO 2024 6/7/8 SETTEMBRE 2024

La manifestazione è finalizzata a promuovere e valorizzare il prodotto uva da tavola di Mazzarrone ha visto la prima edizione nel 1981  finanziata dall’Assessorato Regionale all’Agricoltura

Il progetto mira a promuovere ed a valorizzare l’uva da tavola IGP di Mazzarrone e il suo territorio; questo generoso prodotto agricolo, del comparto ortofrutta, che viene coltivato non solo su un’estesa superficie del territorio di questo Comune, ma anche nei Comuni limitrofi.


Per l’anno 2024 tutto ruoterà attorno a due termini: AGGREGAZIONE e INNOVAZIONE, con rafforzamento dell’impegno sul fronte dell’aggregazione produttiva, della concentrazione dell’offerta, della distintività e dell’innovazione.

Il Progetto prevede incontri tra aziende del territorio che metteranno in vetrina, in appositi stands, oltre al prodotto principe, l’uva, anche altri prodotti identitari del territorio;

A tal fine sarà coinvolto, attraverso la partecipazione all’evento, il Consorzio dell’Uva da tavole IGP di Mazzarrone e anche le O.P. operanti in ambito agricolo.

Il Progetto, inoltre, si distinguerà come progetto “INCOMING BUYER” attraverso la previsione di incontri tra aziende del territorio e buyer.

Gli incontri saranno effettuati anche a mezzo conferenza.

Attraverso l’informazione e la promozione attuata con la degustazione di uva ci si propone innanzitutto di allargare la conoscenza dei consumatori e addetti al settore.

Ci si attende che una campagna promozionale e informativa possa creare solide basi per una migliore sinergia tra intraprendenza e laboriosità produttiva e sistema di distribuzione, a beneficio di un dinamismo industriale e commerciale.

INIZIATIVE E PROGRAMMA

Allo scopo di promuovere il prodotto uva da tavola di Mazzarrone, si intendono attuare svariate iniziative:

-          Si intende organizzare una Fiera espositiva che accoglierà oltre all’uva le eccellenze del territorio e i prodotti tipici del territorio;

-          Saranno allestiti stand espositivi e zone di degustazione di uva e di prodotti tramite percorso eno-gastronomico e un espositore di tutte le varietà di uva prodotte nel territorio.

-          Saranno organizzate visite nelle aziende allo scopo di far conoscere i vari stadi del ciclo dell’uva, al fine di far conoscere il sistema di produzione, le varietà, le tecniche di produzione e la trasformazione che avviene nei magazzini, con la lavorazione che viene effettuata in base alla destinazione del prodotto, con particolare attenzione ai gusti del consumatore finale;

-          Sarà organizzata una conferenza a tema con la partecipazione di personalità e relatori esperti del settore, durante la quale si effettuerà un incontro con gli operatori del settore e le forze politico-produttive;

-          Promozione del prodotto e del territorio mediante la produzione e la divulgazione di materiale informativo ed editoriale, comunicazione televisiva e a mezzo stampa. L’obiettivo sarà quello di cogliere l’interesse di importanti testate giornalistiche straniere.

Le iniziative, a carattere divulgativo, saranno tese a dare una maggiore informazione sul prodotto, non solo attraverso materiale cartaceo ed editoriale, ma anche iconografico e multimediale e attraverso la stampa (con servizi speciali) e spots televisivi.

Sarà effettuata la videoripresa della manifestazione e dei momenti culturali. Ciò allo scopo di pubblicizzare il prodotto su scala mondiale, con l’uva da tavola IGP di Mazzarrone L’informazione-promozione sarà attuata, inoltre, a mezzo depliants illustrativi, locandine, manifesti 

 

 

giovedì 29 agosto 2024

percorrere la trasformazione dell'agricoltura italiana

 

“Playlist sviluppo rurale: percorrere la trasformazione dell'agricoltura italiana”. La pubblicazione, frutto di un percorso collaborativo tra Rete Rurale Europea e Rete Rurale Italiana insieme al contributo delle Istituzioni regionali, fornisce buone pratiche innovative per il sistema agro-alimentare italiano. Il documento offre, nella prima parte, alcuni esempi di pratiche innovative e progetti all'avanguardia; nella seconda parte, vengono proposti indicazioni per la condivisione delle buone pratiche, attraverso un approccio sistematico, per favorire le azioni di rete e la collaborazione ai diversi livelli, nell'ottica di accelerare il processo innovativo e lo sviluppo di soluzioni sinergiche.


La competizione Agricultural and Rural Inspiration Awards (ARIA) premia, dal 2019, i progetti di sviluppo rurale più stimolanti, cofinanziati dall'UE per la capacità di rafforzare le competenze per l'agricoltura e le aree rurali attraverso l'apprendimento permanente, l'innovazione e la competitività.

All'edizione 2023 (V edizione) hanno preso parte venti Stati membri che hanno inviato 92 candidature riferite alle quattro categorie tematiche correlate agli obiettivi della PAC: agricoltura intelligente, competitiva, resiliente e diversificata; protezione ambientale; tessuto socioeconomico delle aree rurali; competenze degli stakeholder rurali.
Il lavoro è frutto di un percorso reso possibile grazie alla collaborazione tra la Rete Rurale Europea e la Rete Rurale Italiana e al prezioso contributo delle Istituzioni regionali, che hanno deciso di partecipare al premio ARIA 2023 (Agricultural & Rural Inspiration Awards), mettendo a fattor comune buone pratiche ed esperienze innovative per influenzare il sistema agro-alimentare italiano.
Il documento offre, nella prima parte, alcuni esempi di pratiche innovative, persone appassionate, progetti all'avanguardia. Nella seconda parte, con lo scopo di non tenere l'innovazione confinata in singole esperienze, vengono proposti spunti di riflessione e indicazioni utili per l'individuazione e la condivisione delle buone pratiche, attraverso un approccio più sistematico. In questo senso, questa pubblicazione suggerisce l'importanza di favorire le azioni di rete e la collaborazione ai diversi livelli, nell'ottica non solo di accelerare il processo di innovazione, ma anche di facilitare lo sviluppo di soluzioni sinergiche a sfide comuni.

Inycon, 26ª edizione: la Festa del Vino a Menfi in programma dal 4 al 6 Ottobre


La manifestazione è stata inserita nel “Calendario delle Manifestazioni di grande richiamo Turistico 2024 e 2025” della Regione Siciliana.


Menfi, città del vino, dell’olio e del cibo si prepara ad accogliere una nuova edizione di Inycon che ritorna dopo cinque anni, la storica festa del vino che celebra la cultura vitivinicola e le eccellenze enogastronomiche del territorio

 

 Da Venerdì 4 a Domenica 6 Ottobre 2024, Menfi, Città Italiana del Vino 2023, diventerà il cuore pulsante del vino siciliano, offrendo tre giorni ricchi di eventi, degustazioni e spettacoli: giunta alla sua 26ª edizione, la più antica manifestazione del vino di qualità in Sicilia continua a rinnovarsi, combinando tradizione e innovazione per offrire ai visitatori un'esperienza unica. 

 

L'evento, inserito nel “Calendario delle Manifestazioni di grande richiamo Turistico 2024 e 2025” della Regione Siciliana, è un'occasione imperdibile per gli amanti del buon vino, gli appassionati di cucina e tutti coloro che desiderano scoprire il patrimonio culturale e naturale di Menfi e della Sicilia. La città belicina proprio nei giorni scorsi è entrata a far parte delle città dell’Associazione Nazionale Città dell'Olio grazie alla collaborazione con gli oleifici locali e la Fondazione Inycon
 Grazie al vino Menfi è diventata capitale dell’agricoltura in Sicilia, con un percorso di promozione del territorio a fini turistici. Vino, olio, gastronomia e turismo sono oggi i pilastri sul quale si regge il sistema Menfi e che saranno al centro della prossima edizione di Inycon: tutti i dettagli saranno svelati nei prossimi giorni ed il programma sarà visionabile qui https://inyconsicilia.it/

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