martedì 23 aprile 2024

Gruppi Operativi tra passato e presente. Evento nazionale a Palermo

 Il 23 e 24 maggio si terrà a Palermo il convegno "Gruppi Operativi tra passato e presente: scambio di esperienze e condivisione"


L'evento, organizzato dalla Rete Rurale Nazionale, si rivolge ai Gruppi Operativi del PEI AGRI allo scopo di favorire lo scambio e la condivisione di esperienze sull'attuazione dei progetti. A tal fine saranno promossi i racconti di alcuni gruppi operativi testimonial su aspetti legati all'approccio interattivo e organizzate delle visite in campo. Inoltre, i GO interessati potranno presentare un poster del loro progetto entro il 26 aprile 2024, all'indirizzo innovazione.rrn@crea.gov.it, seguendo le istruzioni previste per l'invio dei contributi. 

Si specifica che, a causa del numero limitato di posti, il convegno è a numero chiuso ed è principalmente dedicato ai GO selezionati nelle fasi finali del periodo di programmazione 2014-2022 e ancora in corso. Sarà cura dell'organizzazione comunicare la conferma di partecipazione.

Le registrazioni dovranno essere effettuate entro il 30 aprile 2024, utilizzando il modulo di iscrizione disponibile al seguente link: 

 
 
 
 

lunedì 22 aprile 2024

Canapa, l'esperienza di Millasensi

   

                               NinoSutera

        Il dipartimento agricoltura dell’assessorato Agricoltura, nell’ambito della Rete regionale sistema della conoscenza e dell’innovazione in agricoltura ha avviato diverse iniziative informative-divulgative attraverso i lavori dei  Gruppi Tematici 

Coltivata prima dai Mongoli, poi dai Tartari e dai Giapponesi la canapa è una pianta con una storia misteriosa e antichissima. Una storia molto più antica di quella del cotone e della seta: anche se si pensa che sia originaria dell’Asia e del Medio Oriente, recenti studi affermano che la canapa era presente in Italia e nel bacino Mediterraneo già 13.500 anni fa. Lo storytelling che accompagna questa pianta parte da migliaia di anni or sono, per arrivare ai nostri giorni, in quella che tutti speriamo diventi l’era del cambiamento, diventandone protagonista, grazie alle sue infinite proprietà e capacità, sia a livello ambientale che produttivo.

La filiera della canapa industriale è il volano per far crescere l’economia circolare in modo sostenibile: lo sanno bene gli addetti ai lavori che però in Italia, fino ad oggi, non sono riusciti a creare dei modelli locali che potessero poi funzionare su larga scala, creando lavoro agricolo e industriale con un bassissimo impatto sull’ambiente. Ed è proprio su questo punto che vuole intervenire Millasensi, start up agricola innovativa, riconosciuta come società benefit, che non è solo un titolo, ma un’idea diversa del fare impresa.

“Nella nostra attività non perseguiamo unicamente finalità di profitto ma anche scopi di beneficio comune, che abbiano ricadute positive sulla collettività, operando in maniera sostenibile e responsabile nei confronti delle persone e dell’ambiente – sottolinea Roy Orlando, che di Millasensi è lo Strategy Manager -. L’idea di base è quella di fare da system integrator e far dialogare il mondo agricolo con quello industriale mettendo al centro la canapa”. E quindi “incentivare l’agricoltore, convertire le coltivazioni di chi vuole partecipare al progetto e migliorare il sistema di filiera che stiamo promuovendo in Sicilia e dove vogliamo arrivare in pochi anni a coltivare 2000 ettari”.

venerdì 19 aprile 2024

Genome editing di piante agrarie e animali


  La Federazione italiana Scienze della Vita e la Società Italiana di Genetica Agraria rendono noto che   è stata ufficialmente autorizzata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) la prima sperimentazione TEA -Tecniche di Evoluzione Assistita   con genome editing.  

Il tema è divisivo, molto divisivo, perchè come al solito ci sono e ci saranno chi ispirati dal "il fine giustifica i mezzi" ...qualsiasi mezzo!! e chi vorrebbe ritornare a consumare cibi  della tradizione contadina, genuini in primis, perchè come è noto per diversi millenni il contadino è stato disseminatore di vita,  senza la chimica e diavolerie similari.

 

 Di Vittoria Brambilla per SIGA – Società Italiana Genetica Agraria

Le tecniche di genome editing vengono utilizzate in diversi ambiti della scienza e hanno enormi potenzialità per l’agricoltura. Infatti, il genome editing permette di inserire piccoli cambiamenti all’interno dei genomi che possono ricreare alleli favorevoli nelle piante di interesse agrario.

CRISPR, la tecnica biomolecolare più versatile

Il genome editing è basato su tecniche biomolecolari.
La più nota e versatile, ad oggi, è la tecnica CRISPR, messa a punto nel 2012. Essa permette di tagliare il doppio filamento del DNA e di innescare due possibili vie di riparazione cellulare: la Non Homologous End Joining (NHEJ) e la Homology-Directed Repair (HDR).

L’enzima che taglia il DNA è una nucleasi sito-specifica e le due tipologie di riparazione portano a risultati differenti: la NHEJ inserisce frequentemente mutazioni indel (con questo termine ci riferiamo a inserzioni o delezioni molto piccole, di 1 o poche basi) che sono solitamente inserite per ottenere la perdita di funzione dei geni, mentre la HDR può essere provocata causando due tagli sul DNA a breve distanza e fornendo del DNA stampo che può essere usato per la riparazione della rottura grazie a sequenze di omologia esterne alla regione spaccata.

La differenza sostanzialmente è che, sfruttando la NHEJ ci si limita all’inserzione di indel, mentre tramite DNA stampo e HDR si può virtualmente inserire qualsiasi sequenza di DNA in modo sito specifico. Pertanto, le modifiche risultanti sono di entità diversa.

Base editing e prime editing

Quando le mutazioni da inserire devono essere specifiche, oltre alla HDR si può scegliere di ricorrere ad altre due evoluzioni della tecnica CRISPR, dove la nucleasi è stata modificata per riconoscere il DNA ma non tagliarlo.
La prima è il base editing, che è in grado di sostituire in modo specifico singole basi di DNA (ad esempio una Citosina in una Timina o una Adenosina in una Guanina).
L’altra è il prime editing, che permette di sostituire o solo inserire sequenze di DNA a piacimento. Dunque, se il base editing permette di inserire specifici polimorfismi a livello delle singole basi (SNPs), anche se in modo più specifico del NHEJ, il prime editing può essere usato per sostituire o aggiungere sequenze più lunghe.

Specie agrarie: tante possibilità di miglioramento genetico

Nelle specie agrarie, soprattutto in quelle ben caratterizzate come i cereali e alcune orticole, per molti geni sono state mappate negli anni varianti alleliche favorevoli per tratti legati al miglioramento genetico. Queste sono talvolta originate da indels, che causano la perdita di funzione di un gene, da SNPs specifici oppure da cambiamenti più grandi. Dunque, per poterle riprodurre tramite genome editing sarà necessario utilizzare approcci diversi: a volte basterà lasciare che la cellula ripari il suo DNA tramite NHEJ, altre volte sarà necessario ricorrere a tecniche più sofisticate come l’attivazione della HDR, il base editing o il prime editing. Se la prima tecnica è molto semplice e di facile ottenimento, le altre hanno una efficienza più bassa e maggiori restrizioni al loro utilizzo.

Il genome editing per ricerca di base o applicata per rendere il riso più resistente a una malattia

In laboratorio, nella maggior parte dei casi usiamo genome editing e NHEJ per inattivare i geni ma recentemente abbiamo anche inserito varianti tramite HDR, base editing e prime editing.

NHEJ è quello che ci serve tutte quelle volte che vogliamo capire la funzione di un gene perché, eliminandolo, possiamo vedere cosa accadrebbe alla pianta in sua assenza, ma è anche utile quando il fenotipo è dato dalla mancanza della funzione di uno o più geni. Nella letteratura scientifica si trovano molti geni interessanti che migliorano il fenotipo della pianta se inattivati. Uno di questi è il gene di suscettibilità alla malattia fungina del riso nota come “brusone”, che si chiama Pi21. Delezioni e anche mutazioni inattivanti in Pi21 causano una maggior resistenza a brusone.

Nel genoma di riso ci sono altri geni che hanno probabilmente una funzione simile a Pi21. Due di questi sono HMA1 e HMA2 che, se inattivati, migliorano la resistenza a brusone. La nostra prima applicazione di genome editing e NHEJ a scopo di miglioramento genetico risale a sei anni fa e ci ha portato ad ottenere delle piante di riso meno suscettibili a brusone tramite inattivazione di Pi21HMA1 e HMA2.

Ora serve la sperimentazione in campo

Le applicazioni del genome editing a scopo di ricerca di base non suscitano grandi problemi visto che le piante ottenute solitamente servono a fare esperimenti in laboratorio. Ma è fondamentale che le piante prodotte per il miglioramento genetico siano sperimentate in campo, dove poi potranno essere coltivate se si comporteranno in modo migliore delle loro corrispettive non genome edited. Per questo motivo, una volta ottenute piante dove Pi21HMA1 e HMA2 sono stati inattivati tramite l’introduzione di indels indotte da NHEJ, abbiamo cercato di sperimentarle in campo. Nonostante HDR e prime editing possano essere utilizzati per introdurre nel DNA delle piante sequenze di DNA che vengono da altri organismi o sono addirittura sintetiche, la maggior parte delle piante genome edited, tra cui le nostre resistenti a “brusone”, contengono indels del tutto simili a quelle che si trovano comunemente in natura.

Ma la scienza corre molto più veloce delle normative.

Visto che le applicazioni della biologia molecolare in agricoltura sono tra quelle viste con maggior sospetto dai non esperti, una sentenza della Corte di Giustizia Europea del luglio 2018 ha preso una posizione cautelativa concludendo che il genome editing avrebbe dovuto essere normato alla stregua degli OGM. Una sentenza di morte per il genome editing, visto che gli OGM non possono essere coltivati sulla maggior parte del suolo comunitario e non possono essere nemmeno seminati per scopi sperimentali in Italia.

Il punto sull’attualità

Col passare del tempo, complice la deregolamentazione progressiva da parte degli stati extraeuropei rispetto alle piante prodotte con genome editing, le pressioni degli scienziati e degli agricoltori che chiedevano nuove soluzioni hanno spinto la Commissione Europea a consultare esperti, portatori di interesse e cittadini per proporre, infine, a luglio 2023, una possibile normativa che separi OGM da genome editing.

Le piante fatte con NHEJ o base editing e quelle in cui HDR o prime editing non hanno permesso di introdurre sequenze più lunghe di 20 nucleotidi vengono inserite nella categoria NGT-1 (New Genomic Techniques tipo 1) mentre il tipo 2 rimane escluso dalla proposta. La proposta della Commissione è stata approvata anche dal Parlamento Europeo nel febbraio 2024. Ora manca un passaggio in Consiglio con l’opinione dei singoli stati membri ma siamo sempre più vicini ad una nuova normativa che sia basata sul tipo di prodotto rispetto al processo con cui è stata fatta.

Nel frattempo, alcuni stati hanno cercato di favorire la sperimentazione in campo di piante NGT-1 tra cui l’Italia che ha citato le sperimentazioni in campo di queste piante, chiamate in Italia anche TEA (o frutto delle “Tecniche di Evoluzione Assistita”) nella legge per contrastare la siccità del giugno 2023 e che ha snellito le pratiche per poter richiedere campi sperimentali.

Grazie a questa legge, che però ha validità solo fino a fine 2024, abbiamo fatto richiesta al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica italiano di poter fare un campo sperimentale del nostro riso NGT-1 con indels in Pi21HMA1 e HMA2 in primavera-estate 2024. La nostra richiesta è arrivata esattamente 20 anni dopo l’ultima richiesta, bocciata, per mettere in campo limoni OGM dall’Università di Catania. Mentre aspettiamo una decisione del Ministero altri gruppi di ricerca italiani stanno seguendo la nostra strada.

Inaugurazione del 271° Anno Accademico dei Georgofili

 


Evento in diretta streaming

Collegamento a partire dalle ore 11.00

Dopo il saluto delle Autorità e la relazione del Presidente, terrà la prolusione inaugurale Michele Pasca-Raymondo, Presidente della Sezione Internazionale dei Georgofili, su:
- L’Agricoltura è ancora essenziale per lo sviluppo dell’Unione Europea?
Nel corso della Cerimonia, verranno consegnati i diplomi ai nuovi Accademici Emeriti, Ordinari e Corrispondenti stranieri.
Verranno inoltre conferiti il riconoscimento al “Merito Georgofilo” e il “Premio Antico Fattore, edizione 2024”.

Tra le personalità insignite il Dott. Antonino Drago Dirigente dell'Area 3  del Dipartimento Agricoltura

Biancomangiare nebroideo

                                            Prof Pietro Ficarra

Anche se biancomangiare e mostarde appena fatte stanno quasi al confine dell'universo dei dolci siciliani – dolci al cucchiaio, così in fondo li releghiamo - pure facevano parte di quella confidenza con quel sapore dolce che in Sicilia si acquisisce fin dalla più tenerissima età, un tempo come oggi. 

 

Ma sono ottimi dolci anche se biancomangiare e mostarde erano e rimangono preparazioni casalinghe a risparmio di zucchero: se nel biancomangiare ne va poco, soprattutto le seconde sfruttano ingredienti – mosto d'uva e fichidindia - che sono ricchi di zuccheri già nel frutto, per cui possono anche fare a meno di aggiunte. Onore al risparmio ma, naturalmente, tutto questo discorso è relativo, e solo in relazione al fatto che sui Nebrodi e ancor di più nel resto della Sicilia, il sapore dolce abbonda come nel resto dell'Isola (e svela l'antica confidenza). Sul biancomangiare o “bianco mangiare” si è scritto di tutto, considerata la sua presenza nella cucina e nella gastronomia dall'Alto Medioevo in poi, dai primi ricettari della cucina alta all'Artusi alle mille rielaborazioni dei nostri giorni. Non mancano quindi anche studi seri sul tema e questi convengono come, oltre alle infinite varianti della preparazione, in comune ci sia sostanzialmente solo l'elemento del colore bianco, che in epoca medievale era già di per sé una nota di raffinatezza. Gli alimenti usati all'epoca (e anche dopo) erano infatti i più disparati, non riconducibili neppure a un nucleo essenziale oltre alla nota di colore, andando dal riso alla polpa dei pesci. Per la versione siciliana, che poi è quella di riferimento per la dolciaria e per il senso comune che oggi si dà al biancomangiare, la versione più nota e semplice, si vuole, come troppe cose, di influenza araba, da noi come per il nostro tramite per il resto d'Europa. Non entro nel merito dell'origine, che è un discorso che mi convince poco, e credo sia più utile annotare che, come in alcune aree della Sicilia, soprattutto nel Sud-Est dell'Isola, è frequente la versione che sostituisce il latte vaccino con quello di mandorle. Il resto lo fa un addensante, spesso l'amido, un po' di zucchero e la buccia di limone. E il servizio facile nel piatto, talvolta però anche nello stampo, per un po' di eleganza che non guasta anche al più semplice dei dolci “al cucchiaio”, come nella foto. Aggiunte e variazioni sono infinite, sui Nebrodi come nel resto della Sicilia, ma la più frequente riguarda l'aggiunta della cannella, che anche sui Nebrodi non manca mai in tante preparazioni, anche in quelle in cui non te l'aspetti. Un peccato che ristorazione tipica e sagre popolari snobbino di solito il biancomangiare (anche le mostarde al cucchiaio del resto). Con l'eccezione di qualche sagra di antichi sapori in cui viene offerto giusto il biancomangiare, proprio con la cannella, come ad esempio, per quello che ho potuto visitare, a Ficarra. Quindi, visto il luogo e il mio cognome, non potevo non proporre altra immagine che una replica dalla cucina di casa!

giovedì 18 aprile 2024

La Sicilia che innova finalista del ‘Pei Agri Innovation Award’


NinoSutera

  

I progetti sono stati finanziati dal PSR 2014-2022 Misura 16 per l’Italia sono stati ammessi alla fase finale del “Pei Agri innovation award” 7 GO, di questi 2 sono siciliani: INPOSA – Innovazione nel pomodoro e sostenibilità in agricoltura Category Sustainable management of natural resources in farming practices); e   FICO Project EBioScart (Category Business models in supply chains)


Per votare visitate la pagina dedicata https://eu-cap-network.ec.europa.eu/campaign/eip-agri-innovation-awards-2024-nominees_en#paragraph-77186 



 Sarà possibile votare fino a venerdì 3 maggio. 

 


Viticoltura biologica la Sicilia da primato

                                   NinoSutera

Secondo Nomisma negli ultimi 12 mesi il 52% degli acquirenti abituali di vino in Italia ha preferito optare per un vino bio. I dati tratti dall’Osservatorio Wine Monitor parlano di un incremento del 20% nell’ultimo anno. Un trend che supera certamente gli ultimi numeri ufficiali che risalgono all’annata 2021. La buona notizia è stata oggetto di dibattito nel corso del focus “Vini biologici siciliani: primato italiano” organizzato dalla Regione Siciliana al Vinitaly di Verona.

Nell’Isola circa il 38% di superficie dedicata al bio sul totale della viticoltura regionale: su 103 mila ettari di vigneto oltre 37 mila sono condotti in bio . Ma non solo. Altri punti di forza del vigneto bio siciliano sono l’ampia biodiversità e la grande ricchezza varietale che permette di produrre un vino per ciascuna esigenza o per ciascun tipo di palato.


       Per Dario Cartabellotta, direttore generale del dipartimento regionale Agricoltura, il primato è frutto di una strategia adottata dalla Regione fin dall'attuazione dei Reg CEE 2078/92 e successivi, l’impegno dell’Assessorato a “fare squadra” con le imprese e gli addetti ai lavori, con adeguate azioni tecniche a supporto, attività informative, divulgative e promozionali. 

Il concetto, nel corso di una degustazione molto apprezzata dai wine lover presenti, è stato ripreso da Gianni Giardina, enologo Irvo, che ha addirittura alzato l’asticella: «Anche i vini siciliani convenzionali hanno dei parametri che rientrano nel regolamento comunitario sul biologico». Il riferimento è all’anidride solforosa: nei vini bio deve essere inferiore a 100 milligrammi al litro nei rossi e a 150 milligrammi nei bianchi. Da qui una proposta “provocatoria”: «l’assessorato regionale all’Agricoltura si faccia promotore del lancio di un dibattito a livello nazionale per abbassare i limiti dei solfiti per la certificazione biologica». .

Gaetano Aprile, direttore dell’Istituto regionale Vino e Olio (Irvo), ha descritto un fenomeno che vede la Sicilia staccare la Toscana e le Marche. «Siamo i primi in Italia e non è un caso: l’assessorato e l’Irvo hanno investito molto su questo comparto, partendo da un forte radicamento delle aziende siciliane nel settore, per una scelta strategica ma anche per la particolare vocazione del nostro territorio e del nostro prodotto che si prestano con naturalezza alla dimensione del bio».

Lillo Alaimo Di Loro, presidente di Italia Bio, ne ha approfittato per presentare la rassegna internazionale “Bio Divino” che si svolgerà a partire dal mese giugno per concludersi nella seconda metà di novembre a vendemmia conclusa. Un appuntamento quello di Bio Divino arrivato alla 19a edizione e che ha l’obiettivo di promuovere un comparto che in Italia è cresciuto parecchio negli ultimi anni.


mercoledì 17 aprile 2024

la viticoltura che verrà


                                                                                               Piera Conti

Tutti o quasi  sanno, che quando si fà promozione non c'è spazio per  le criticità del settore. Ma quando termina l'evento mondiale dell'anno, i problemi sono dietro la porta rigorosamente in fila indiana, a volte anche in ordine sparso. L'aumento dei costi di produzione,( acqua, bonifica, gasolio e  mezzi tecnici vari)  i danni della mancata produzione del 2023, le produzioni basse (al sud la produzione media per ettaro e inferiore del 50-60 % rispetto al nord. Le nuove sfide del vino dealcolizzato, e la costante riduzione dei consumi, fanno il resto. Il settore sopratutto al sud, ha bisogno di nuove risorse economiche per sopravvivere, e forse la vendemmia verde da sola non è sufficiente.  Allora in molti si chiedono,   qual'è la viticoltura che verrà?

 

              Il cambiamento climatico sta influenzando la resa dell’uva, la composizione e la qualità del vino. Di conseguenza, la geografia della produzione vinicola sta cambiando. In questa recensione, discutiamo le conseguenze dei cambiamenti di temperatura, precipitazioni, umidità, radiazioni e CO 2 sulla produzione globale di vino ed esploriamo le strategie di adattamento. Le attuali regioni vinicole si trovano principalmente alle medie latitudini (California, USA; Francia meridionale; Spagna settentrionale e Italia; Barossa, Australia; Stellenbosch, Sud Africa; e Mendoza, Argentina, tra gli altri), dove il clima è abbastanza caldo da consentire all'uva maturazione, ma senza calore eccessivo e relativamente asciutto per evitare una forte pressione fitosanitaria. 


Circa il 90% delle regioni vinicole tradizionali nelle regioni costiere e pianeggianti di Spagna, Italia, Grecia e California meridionale potrebbero essere a rischio di scomparire entro la fine del secolo a causa dell’eccessiva siccità e delle ondate di caldo più frequenti legate ai cambiamenti climatici. Le temperature più calde potrebbero aumentare l’idoneità per altre regioni (Stato di Washington, Oregon, Tasmania, Francia settentrionale) e stanno guidando l’emergere di nuove regioni vinicole, come il Regno Unito meridionale. L'entità di questi cambiamenti nell'idoneità dipende fortemente dal livello di aumento della temperatura. I produttori esistenti possono adattarsi a un certo livello di riscaldamento modificando il materiale vegetale (varietà e portinnesti), i sistemi di allevamento e la gestione dei vigneti. Tuttavia, questi adattamenti potrebbero non essere sufficienti a mantenere una produzione vinicola economicamente sostenibile in tutte le aree. La ricerca futura dovrebbe mirare a valutare l’impatto economico delle strategie di adattamento ai cambiamenti climatici applicate su larga scala.

Punti chiave

Il cambiamento climatico modifica le condizioni di produzione del vino e richiede un adattamento da parte dei coltivatori.

L’idoneità delle attuali superfici viticole sta cambiando e ci saranno vincitori e vinti. Nuove regioni vinicole appariranno in aree precedentemente inadatte, inclusa l’espansione in regioni collinari e aree naturali, sollevando problemi per la conservazione dell’ambiente.

Le temperature più elevate anticipano la fenologia (fasi principali del ciclo di crescita), spostando la maturazione dell’uva a una parte più calda dell’estate. Nella maggior parte delle regioni vinicole del mondo, negli ultimi 40 anni la vendemmia è aumentata di 2-3 settimane. Le conseguenti modifiche nella composizione dell'uva al momento della vendemmia cambiano la qualità e lo stile del vino.

Cambiare il materiale vegetale e le tecniche di coltivazione che ritardano la maturità sono strategie di adattamento efficaci a temperature più elevate fino a un certo livello di riscaldamento.

L’aumento della siccità riduce la resa e può comportare perdite di sostenibilità. L’uso di materiale vegetale resistente alla siccità e l’adozione di diversi sistemi di allevamento sono strategie di adattamento efficaci per far fronte alla diminuzione della disponibilità idrica. Anche l’irrigazione supplementare è un’opzione quando sono disponibili risorse di acqua dolce sostenibili.

Anche l’emergere di nuovi parassiti e malattie e il crescente verificarsi di eventi meteorologici estremi, come ondate di caldo, forti piogge e possibilmente grandine, mettono a dura prova la produzione di vino in alcune regioni. Al contrario, altre aree potrebbero trarre vantaggio da una riduzione della pressione di parassiti e malattie.

 

L'uva è la terza coltura   più preziosa al mondo, dopo patate e pomodori, con un valore alla produzione di 68 miliardi di dollari nel 2016  . La produzione globale nel 2020 è stata di 80 milioni di tonnellate di uva, raccolta da 7,4 milioni di ettari . Dell'uva prodotta, il 49% è stata trasformata in vino e liquori, mentre il 43% è stata consumata come uva fresca e l'8% come uva passa. Il vino, in quanto merce, può essere valutato in una fascia di prezzo che va da 3 dollari USA a oltre 1.000 dollari USA per bottiglia, a seconda della qualità e della reputazione . Pertanto, la sostenibilità finanziaria non si basa solo sull’equilibrio tra resa e costi di produzione, come per la maggior parte dei prodotti agricoli, ma anche sulla qualità e sulla reputazione. La regione di produzione è uno dei principali motori della reputazione e del valore . Questa variazione regionale nella qualità del vino non sorprende, perché il clima, o più precisamente la “giusta varietà nel giusto clima”, è un attributo ben identificato della produzione di vino premium  . L'effetto delle condizioni climatiche sulla composizione dell'uva al momento della raccolta (e quindi sulla composizione e qualità del vino) sembra essere ancora più importante del tipo di terreno  .

Con il cambiamento climatico, questa fondamentale influenza regionale sulla qualità e sullo stile del vino sta cambiando  . Ad esempio, in molte regioni come Bordeaux e l'Alsazia (Francia)  si è già osservato un sostanziale anticipo delle date di vendemmia e/o un aumento del tasso alcolico del vino . L’idoneità alla produzione del vino nelle regioni vitivinicole consolidate è destinata a cambiare nel corso del XXI secolo . Le pressioni derivanti dall’aumento della temperatura e dalla siccità potrebbero mettere a dura prova la produzione in regioni già calde e secche al punto da farne perdere l’idoneità, con enormi conseguenze sociali ed economiche negative. Le regioni vinicole alle medie latitudini potrebbero essere sempre più esposte agli eventi di gelate primaverili, a causa del germogliamento anticipato  L'aumento previsto della gravità delle grandinate può causare danni ai raccolti e alle piante Tuttavia, alcune di queste proiezioni sono eccessivamente pessimistiche, poiché non tengono conto della possibilità dei coltivatori di adattarsi alle mutevoli condizioni Ad esempio, le principali leve tecniche per l'adattamento includono cambiamenti nel materiale vegetale, nei sistemi di allevamento e/o nelle pratiche di gestione stagionale 

Inoltre, nuove regioni vitivinicole potrebbero emergere in aree precedentemente inadatte, poiché i climi freddi e subumidi registrano un aumento delle temperature, creando opportunità economiche ma anche minacciando gli habitat selvaggi quando queste regioni emergenti non derivano da terreni agricoli convertiti . Se questi nuovi vigneti verranno irrigati, ciò aumenterà la concorrenza per le risorse di acqua dolce. Anche la conversione dei terreni agricoli esistenti alla viticoltura significa meno terra coltivabile dedicata alla produzione alimentare.

 Sono stati pubblicati molti articoli sugli impatti regionali dei cambiamenti climatici sulla produzione di vino e il nostro obiettivo è quello di riunire questi risultati per produrre un quadro globale dei cambiamenti geografici del vino. Discutiamo degli impatti dei cambiamenti di temperatura, delle radiazioni, della disponibilità di acqua, dei parassiti e delle malattie e della CO 2 sulla viticoltura e sul vino. Vengono discusse le potenziali misure di adattamento e i loro limiti, ad esempio, i produttori esistenti possono adattarsi a un certo livello di riscaldamento modificando il materiale vegetale (varietà e portinnesti), i sistemi di allevamento e la gestione dei vigneti. Tuttavia, questi adattamenti potrebbero non essere sufficienti a mantenere una produzione vinicola economicamente sostenibile in tutte le aree. 


van Leeuwen, C., Sgubin, G., Bois, B. et al. Impatti dei cambiamenti climatici e adattamenti della produzione vitivinicola. Nat Rev Earth Environ 5 , 258–275 (2024) 

 

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