lunedì 11 marzo 2024

Consorzio Cerasuolo di Vittoria, Guglielmo Manenti è il nuovo Presidente

                                                    Gianna Bozzali

 

 È Guglielmo Manenti dell’azienda Manenti Vini il nuovo presidente del Consorzio di Tutela dei vini Cerasuolo di Vittoria Docg e Vittoria Doc. Vicepresidente è stato eletto Alessio Planeta dell’omonima casa vitivinicola. L’elezione è avvenuta stamani nel corso della prima seduta del nuovo CdA. 
 

 È stato eletto Guglielmo Manenti, titolare dell’azienda Manenti Vini, alla guida del Consorzio di Tutela dei vini Cerasuolo di Vittoria Docg e Vittoria Doc per il prossimo triennio. L’elezione è avvenuta stamani, nella prima riunione del CdA del Consorzio eletto lo scorso 26 febbraio. Vicepresidente è stato eletto Alessio Planeta (Planeta Vini) mentre consiglieri sono Francesco Ferreri (Donnafugata), Beniamino Fede (Azienda Agricola Fede) e Marco Parisi (Feudi del Pisciotto). Manenti succede ad Achille Alessi che, con grazie alla preziosa collaborazione dei suoi consiglieri e il contributo dei vari associati, ha saputo rilanciare l’immagine dell’unica Docg della Sicilia attraverso numerose azioni di promozione e comunicazione. Ed è su questa strada già tracciata che il nuovo presidente intende proseguire con l’obiettivo di raggiungere nuovi ed importanti traguardi, riflesso di un consorzio dinamico e coeso.

«Continueremo ed evolveremo la linea tracciata dal precedente CdA – dichiara il neopresidente, Guglielmo Manenti-. Abbiamo molti progetti e idee in cantiere che vanno dalle attività promozionali, come CeraSoul e la presenza in alcune fiere di settore, al sostegno di progetti di ricerca riguardanti la difesa fitosanitaria e la valorizzazione delle cultivar locali. Importante sarà il coinvolgimento ed il contributo di tutti i soci del Consorzio, parte attiva delle decisioni che questo CdA prenderà nei mesi a venire, così come sarà fondamentale la sinergia stretta con l’Enoteca Regionale con sede a Vittoria e con la Strada del Vino del Cerasuolo di Vittoria dal Barocco al Liberty per avviare progetti comuni di promozione del territorio».

Il Consorzio di Tutela dei vini Cerasuolo di Vittoria DOCG e Vittoria DOC si occupa della tutela e valorizzazione dell’unico vino DOCG della Sicilia nonché dei vini che rientrano nella DOC Vittoria. Il Cerasuolo di Vittoria in particolare deve la sua preziosità alla virtù dei vitigni autoctoni che lo compongono (Nero d’Avola e Frappato), alla magia del clima e alla diligente coltura ad opera di appassionati operatori. Il Consorzio rappresenta circa il 90% dei produttori delle province di Ragusa, Catania e Caltanisetta, che sono le aree di produzione del vino Cerasuolo di Vittoria. Questo organismo ha dunque una costante vigilanza sulla qualità del prodotto ed una oculata opera di promozione svolta a favore di queste perle enologiche. Per maggiori informazioni www.cerasuolovittoria.it


Qui sotto si riportano gli ultimi dati produttivi che si riferiscono alla vendemmia 2023:

Cerasuolo di Vittoria Docg

Ettari vitati 140

Uva prodotta 6.474,78 ql

Vino vinificato 4.186,94 hl

Vino imbottigliato 558.258 bottiglie prodotte

Vittoria Doc

Ettari vitati 78

Uva prodotta 4.811,71 ql

Vino vinificato 3.310,12 hl

Vino imbottigliato 441.349 bottiglie prodotte







Agricolture e allevamenti, non tutti sanno che...

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CHI CONTROLLA IL CIBO?

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Inchieste e reportage

Indovina chi viene a cena
I padroni del cibo


Il nuovo feudalesimo agricolo, la verità sull’agricoltura. 

I trattori che hanno sbagliato direzione. 

La verità sul sistema che arricchisce i soliti noti. 

Chi controlla e governa il nostro cibo? 

Chi ruba il nostro patrimonio vegetale? 

Chi decide che...

  Sabrina Giannini e Nuria Biuzzi hanno percorso migliaia di chilometri,  per trovare le risposte.



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                                     ALLEVAMENTI MORTALI



Un nuovo documentario italiano svela il nesso tra allevamenti intensivi e potere politico. 

Si chiama “Food for profit” il documentario di Giulia Innocenzi e Pablo D'Ambrosi che porta alla lce gli orrori degli allevamenti intensivi di tutta Europa. Smascherando anche il sisquo che lega lobby e istituzioni

Food for profit è il nuovissimo documentario diretto da Giulia Innocenzi e Pablo D'Ambrosi che mostra il collegamento tra industria della carne, lobby e potere politico. Un’inchiesta che è durata più di 5 anni, volta a portare alla luce gli orrori degli allevamenti intesivi in giro per l’Europa e le iniquità del sistema. A tutti i livelli, soprattutto istituzionali. Smascherando conflitti di interesse, ipocrisie, occultamenti che hanno come comun denominatore i palazzi del potere. Da Bruxelles alle campagne più industrializzate, la giornalista Giulia Innocenzi in prima persona si confronterà con allevatori, multinazionali e politici. Un viaggio scioccante ma al tempo stesso che fa aprire gli occhi su un argomento fondamentale per la salute pubblica e per l’ambiente. In questo video il trailer.

Food for profit è un lavoro monumentale all’interno del sistema degli allevamenti intensivi di tutta Europa. Grazie a una rete di infiltrati che hanno lavorato sotto copertura in questi campi di concentramento per animali, si mostrano le barbarie compiute quotidianamente dietro la produzione di carne e formaggi. Giulia Innocenzi e Pablo D’ambrosi svelano anche la connivenza delle istituzioni che finanziano con i soldi pubblici questo sistema iniquo e corrotto. Non solo dal punto di vista dei diritti degli animali ma anche per quanto riguarda l’inquinamento delle acque, lo sfruttamento dei migranti, la perdita di biodiversità. Nel documentario si mostrano scene forti che non hanno il solo scopo di scioccare ma di mettere lo spettatore davanti a delle verità che non possono essere taciute. Anche alla luce delle politiche europee, come il Green Deal o il PAC, dichiarate dai giornalisti di Food for profit inefficaci e poco penetranti, nonché complici del finanziamento di questo sistema. Intento di Giulia Innocenzi e Pablo D’ambrosi non è quello di far smettere di mangiare carne, ma solo far aprire gli occhi su quello che accade alla luce del sole a tutti i livelli, anche politici.


“C'è un conflitto di interessi tra eurodeputati e lobby della carne”. 

intervista a giulia innocenzi


 





venerdì 8 marzo 2024

Il ruolo, la valorizzazione e il pagamento dei servizi ecosistemici

 

 Il Position paper analizza i mezzi per preservare i cosiddetti “servizi ecosistemici”, che gli ecosistemi apportano al benessere umano. Tra le principali attività di tutela, il Gruppo di lavoro 11 dell’Alleanza ha individuato lo strumento della ‘perequazione territoriale’, volta ad attribuire un valore uniforme a tutte le proprietà che possono concorrere alla trasformazione di uno o più ambiti del territorio, a prescindere dall’effettiva possibilità di edificare. 

Secondo il Paper, sono fondamentali anche i Pagamenti dei servizi ecosistemici (Psea), strumenti che obbligano i beneficiari di un certo servizio ecosistemico (come i coltivatori, nell’utilizzo dell’acqua) a pagare per la preservazione e il miglioramento del capitale naturale utilizzato. Il Position paper raccoglie una serie di proposte e le buone pratiche prese in esame su scala nazionale. 

PositionPaper

A livello nazionale, la Legge n. 221 del 2015 all’art. 67 ha disposto l’istituzione del Consiglio del Capitale naturale e la realizzazione dell’annuale Rapporto sullo stato del Capitale naturale in Italia. All’art. 70 la stessa legge aveva inoltre disposto una delega al Governo per l’introduzione di un sistema di “Pagamento dei Servizi Ecosistemici e Ambientali” (PSEA) che non è stata esercitata. I principi e criteri direttivi per i decreti legislativi prevedevano: 

a) la remunerazione di una quota di valore aggiunto derivante dalla trasformazione dei servizi ecosistemici e ambientali in prodotti di mercato, fermo restando la salvaguardia nel tempo della funzione collettiva del bene; b) l’attivazione, specialmente in presenza di un intervento pubblico di concessione di un bene naturalistico di interesse comune, per mantenere intatte o incrementare le sue funzioni; c) l’individuazione dei servizi oggetto di remunerazione, specificando il loro valore, gli obblighi contrattuali e le modalità di pagamento; d) la remunerazione in ogni caso dei servizi di fissazione del carbonio, regimazione delle acque, salvaguardia di biodiversità e qualità paesaggistiche, produzione energetica, pulizia e manutenzione dell’alveo di fiumi e torrenti; e) il riconoscimento del ruolo svolto dall’agricoltura e dal territorio agroforestale; 14 IL RUOLO, LA VALORIZZAZIONE E IL PAGAMENTO DEI SERVIZI ECOSISTEMICI f) meccanismi di incentivazione attraverso cui creare programmi con l’obiettivo di remunerare gli imprenditori agricoli che proteggono, tutelano o forniscono i servizi; g) il coordinamento e la razionalizzazione di ogni altro analogo strumento e istituto già esistente in materia; h)  l’individuazione di beneficiari finali nei comuni, le loro unioni, le aree protette, le fondazioni di bacino montano integrato e le organizzazioni di gestione collettiva dei beni comuni; i) forme di premialità a beneficio dei comuni, che utilizzano sistemi di contabilità ambientale. Anche se i decreti attuativi non sono stati emanati, l’art. 70 della Legge n. 221 del 2015 fornisce comunque un quadro di riferimento interessante, sia per il legislatore nazionale che per quelli regionali. 

Forestazione e cambiamento climatico

 

La riforestazione ha frenato il mutamento del clima negli Stati Uniti orientali

Nelle foreste degli Stati Uniti orientali gli alberi raffreddano la superficie terrestre di 1-2°C all'anno rispetto alle vicine praterie e ai campi agricoli. Foto: Miguel.v CC0 1.0 DEED CC0 1.0 Universal

La diffusione degli alberi con la riforestazione iniziata negli anni ’30 del XX secolo, spiega uno studio dell’Università dell’Indiana, ha saputo mitigare l’effetto del clima. Raffreddando gli USA orientali mentre il resto del Paese si riscaldava

di Matteo Cavallito

 

La diffusione degli alberi determinata dalla significativa riforestazione sperimentata dagli Stati Uniti nel secolo scorso avrebbe contribuito a contrastare l’aumento delle temperature. Un fenomeno che evidenzia il potenziale espresso dalle aree boschive nella mitigazione climatica. Lo rileva uno studio dell’Università dell’Indiana pubblicato sulla rivista Earth’s Future.

Gli USA orientali si sono raffreddati di 0,3 gradi in cento anni

Tra la fine del XVIII e l’inizio del XX secolo, segnala una nota diffusa dai ricercatori, gli Stati Uniti hanno sperimentato un’ampia deforestazione legata allo sfruttamento del legname e all’espansione dell’agricoltura e dell’allevamento con perdite superiori al 90% della copertura in alcune aree. A partire dagli anni ’30 del Novecento la tendenza si è invertita con un progressivo ritorno degli alberi. Da allora la ricrescita ha interessato circa 15 milioni di ettari di foresta.

Nello stesso periodo, notano gli scienziati, il riscaldamento globale ha provocato un rialzo delle temperature pari a 0,7°C di media in tutto il Nord America. Tra il 1900 e il 2000, tuttavia, la costa orientale e il sud-est si sono raffreddati di circa 0,3 gradi. Perché? Studi precedenti hanno suggerito che il raffreddamento potrebbe essere stato causato da vari fattori, inclusi l’attività agricola e l’aumento delle precipitazioni. Queste ricerche, osservano però gli studiosi, non avevano preso in considerazione le foreste come possibile spiegazione dell’anomalo e diffuso raffreddamento.

Gli alberi sono stati il fattore decisivo

Utilizzando una combinazione di dati provenienti dai satelliti e da 58 torri meteorologiche per confrontare le foreste con i pascoli e i terreni coltivati vicini, gli autori hanno esaminato gli effetti dei cambiamenti nella copertura forestale sulle temperature della superficie del suolo. “Le foreste degli Stati Uniti orientali raffreddano la superficie terrestre di 1-2°C all’anno rispetto alle vicine praterie e coltivazioni, con un effetto massimo a mezzogiorno durante la stagione di crescita, quando l’abbassamento della temperature oscilla tra 2°C e 5°C”, afferma lo studio.

Le foreste più giovani, con un’età compresa tra i 20 e i 40 anni, “hanno il più forte effetto refrigerante sulla temperatura superficiale.

Ma le scoperte non finiscono qui. L’analisi storica della copertura del suolo e dei dati meteorologici giornalieri di 398 stazioni meteorologiche dal 1900 al 2010, infatti, “ha dimostrato che i benefici della riforestazione in termini di raffreddamento si estendono a tutto il paesaggio”. In particolare, “le zone circostanti sono risultate fino a 1°C più fresche rispetto alle località vicine che non hanno subito cambiamenti nella copertura del suolo mentre le aree dominate da foreste in ricrescita mostrano una tendenza al raffreddamento in gran parte degli Stati Uniti orientali”.

Le foreste sono una risorsa per la mitigazione delle temperature

A contribuire all’abbassamento delle temperature, rilevano i ricercatori, sono stati anche altri fattori come, ad esempio, i cambiamenti nell’irrigazione agricola. Ma la riforestazione, in definitiva, ha avuto il ruolo più importante nel determinare l’anomalia del raffreddamento. Oltre a riaccendere i riflettori sul noto potenziale di mitigazione degli alberi, lo studio evidenzia dunque “il potenziale della riforestazione come strategia locale di adattamento al clima nelle regioni temperate”.

In queste zone, spiega la ricerca, la diffusione degli alberi “potrebbe fornire una serie di benefici complementari: mitigare i cambiamenti climatici rimuovendo l’anidride carbonica dall’atmosfera e, allo stesso tempo, raffreddare le temperature della superficie e dell’aria su aree ampie”.

Tuttavia, in ambienti diversi come le regioni boreali coperte di neve, l’aggiunta di alberi potrebbe avere un effetto riscaldante mentre in alcuni luoghi il rimboschimento potrebbe anche influenzare le precipitazioni e altri processi determinando svantaggi. Per questo le politiche di gestione del territorio devono quindi considerare vari fattori ambientali nel valutare l’utilità delle foreste come strumento di adattamento al clima.

giovedì 7 marzo 2024

Progetto europeo i2Connect


                           Il progetto i2Connect è un’Azione di Coordinamento e Supporto (Coordination and Support Action - CSA) finanziata dal Programma Horizon 2020.

i2Connect è finalizzato a sostenere una cultura di supporto all'innovazione interattiva e a garantire, di conseguenza, una più ampia attuazione del PEI-AGRI a livello europeo.

Il progetto, coordinato dall'Assemblee Permanente Des Chambres D'agriculture (APCA), coinvolge  organizzazioni (tra beneficiari e terze parti), tra cui il CREA PB, in rappresentanza di 21 paesi europei.



                             Un  percorso interattivo è stato organizzato dal CREA PB e condotto da Simona Cristiano, Patrizia Proietti, Alberto Sturla e Valentina Carta a Roma.  

                         Al percorso  hanno partecipato  20 rappresentanti  provenienti da diverse regioni italiane, in diversi ambiti. Tre giorni pieni di entusiasmo, discussioni, interazioni ed energia creativa.

Gli strumenti:  cerchio della coerenza, spirale dell’innovazione, triangolo della co-creazione, analisi del network, processi caldi e freddi,  hanno innescato maggior interesse e curiosità nel gruppo.

Il Dipartimento Agricoltura ha realizzato  un database dei stakeholder della Rete regionale Sistema della conoscenza e dell’innovazione in agricoltura, che chiaramente non può che interloquire con le iniziative di CREA PB

L'obiettivo generale del progetto i2Connect è quello di accrescere le competenze dei consulenti che supporteranno i processi di innovazione interattiva nel settore agricolo e forestale. In particolare, gli obiettivi specifici del progetto  sono:

-           1. Rafforzare le capacità e le competenze dei consulenti nel supportare l'innovazione interattiva, attraverso l'identificazione e l'analisi delle migliori pratiche di consulenza in tutta Europa, lo sviluppo di strumenti e metodi efficaci e di un programma di formazione mirato per i consulenti, l'organizzazione di networking tra pari e visite incrociate all'estero;

-           2. Rafforzare e delineare il ruolo dei consulenti nei processi di innovazione interattiva a diversi livelli, attraverso una migliore comprensione dei sistemi nazionali di conoscenza e innovazione nel settore agricolo e forestale (AKIS), l'identificazione dei molteplici fornitori di servizi di consulenza in tutta Europa e l'individuazione di strumenti, anche di natura politica, che contribuiscano a creare un ambiente favorevole e inclusivo per i servizi di consulenza;

-           3. Creare una rete professionale di consulenti finalizzata al coaching reciproco e alla condivisione di esperienze per lo sviluppo di una "nuova cultura" di supporto all'innovazione guidata dal basso.

Il progetto ha obiettivi ambiziosi. In particolare, si propone di sviluppare e implementare strategie didattiche idonee per lo sviluppo di competenze chiave (conoscenze, abilità, atteggiamenti) dei consulenti e delle organizzazioni di consulenti, tali da favorire il cambiamento culturale nell'approccio all'innovazione nei diversi contesti operativi. Al contempo saranno create e rafforzate le reti di professionisti con la finalità di sostenere l'apprendimento continuo e il miglioramento delle competenze e dei metodi, nonché lo sviluppo di condizioni favorevoli per i processi di innovazione interattiva.

Il team del progetto i2connect sta lavorando per alimentare le competenze dei consulenti e delle loro organizzazioni per coinvolgere e supportare agricoltori  nei processi di innovazione interattiva. L'innovazione è un fattore chiave per il continuo adattamento alle varie e talvolta contraddittorie sfide e per cogliere nuove opportunità.    Una rete di supporto e una cultura del networking tra consulenti che facilitano i processi di innovazione nell'agricoltura e nella silvicoltura europee

L'innovazione interattiva enfatizza la cooperazione tra i vari attori, la condivisione della conoscenza e l'intermediazione efficace tra gli attori lungo le catene del valore e ai diversi livelli territoriali. La chiave per l'innovazione interattiva è quella esistente (a volte tacito) la conoscenza è inclusa per cui gli utenti finali e i professionisti non sono coinvolti solo come oggetti di studio, ma le loro capacità imprenditoriali e le conoscenze pratiche vengono utilizzate per sviluppare la soluzione o l'opportunità, creando così la comproprietà.

Un prerequisito per l'innovazione interattiva è un approccio multi-attore che coinvolga tutti gli attori rilevanti lungo l'intero progetto; dalla partecipazione alla pianificazione del lavoro e degli esperimenti, la loro esecuzione, fino alla diffusione dei risultati e all'eventuale fase dimostrativa. Gli attori rilevanti sono quelli che condividono un problema complesso, che richiede nuove conoscenze e pratiche e include attori di diversi settori sociali come i ricercatori, imprenditori, educatori, lavoratori del governo, Rappresentanti di ONG e agricoltori / gruppi di agricoltori, consulenti, imprese, eccetera.

 

 

mercoledì 6 marzo 2024

Pesticidi e tumori

 

Mentre l'Europa agricola, o meglio agroindustriale e delle lobby della chimica, festeggiano, perchè hanno costretto la Presidente della Commissione EU a ritirare il regolamento sulla riduzione dei fitofarmaci, la ricerca(molto più credibile dei tanti parolai)  ribadisce  con certezza assoluta  che...
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Pesticidi e tumori: esiste un pericolo reale 

La relazione tra pesticidi e tumori è al centro di numerosi studi e ricerche in questi anni. Sono molte, inoltre, le autorità che si sono espresse a proposito, dall’Unione Europea all’Agenzia Statunitense per l’Ambiente, e hanno evidenziato la possibilità che l’esposizione a pesticidi possa corrispondere a un maggiore rischio di sviluppare una forma tumorale. Il caso più famoso è quello del glifosato, erbicida ampiamente utilizzato in campo agricolo, oggetto di numerose sentenze e processi (12.000 soltanto negli Stati Uniti), accusato proprio di provocare il cancro. La questione è, tuttavia, molto delicata e non c’è ancora un’evidenza scientifica inconfutabile che chiarisca definitivamente qual è il rapporto tra pesticidi e tumori. Presentiamo, dunque, gli elementi attualmente a disposizione.

PESTICIDI E TUMORI: I MOTIVI DELLA POSSIBILE CORRELAZIONE

I pesticidi sono sostanze che potenzialmente condizionano il funzionamento del sistema endocrino e, secondo quanto riporta lo Studio Sentieri della Fondazione Veronesi, “possono alterare le funzioni delle ghiandole endocrine, causando effetti avversi sulla salute di un organismo integro e delle sue progenie”. Le sostanze che hanno questo effetto vengono definite come “interferenti endocrini” e la ricerca è orientata a capire quali sono i possibili collegamenti con lo sviluppo di tumori. Ne fanno parte non solo i pesticidi, ma anche i metalli pesanti, i prodotti della combustione oppure di sintesi industriale e i fitoestrogeni che si comportano come un ormone, bloccandone però di fatto i recettori, oppure provocando un’alterazione della sintesi e del trasporto.

coltivazioni pesticidi

Zbynek Pospisil/istock.com

L’esposizione a queste sostanze, sia a causa dell’inquinamento atmosferico, che tramite gli alimenti, sostengono gli epidemiologi, può provocare un danno alla funzionalità endocrina da cui potrebbe derivare il rischio di cancro. Lo spiega la dottoressa Annamaria Colao responsabile dell’area complessa di endocrinologia dell’Università Federico II di Napoli, intervistata da Fondazione Veronesi: “oltre un terzo dei tumori al seno e alla prostata sono alimentati da ormoni, gli estrogeni e il testosterone. In più la tiroide e il testicolo, di fatto, sono due ghiandole endocrine. È dunque più che probabile che queste sostanze, comportandosi come gli ormoni, abbiano un ruolo nello sviluppo di alcuni tumori a carico di questi organi”.

Il rischio sarebbe, dunque, concentrato su alcuni tipi di tumore come senoprostata, testicolo, ovaio e tiroide le cui diagnosi precoci, tuttavia, sono in crescita, frutto anche delle campagne di screening e di una rinnovata attenzione alla propria condizione di salute, come fotografato anche dall’Osservatorio Salute condotto da Nomisma.

È difficile, tuttavia, affermare che esiste un rischio certo di causalità tra gli interferenti endocrini, come i pesticidi, e il cancro, poiché si tratta di patologie complesse per cui, molto spesso, non esiste un’unica causa quanto, piuttosto, una concatenazione di fattori tra i quali è possibile che ci siano anche proprio questi prodotti chimici. Vediamo ora quali sono i pesticidi più usati e più discussi dal punto di vista della salute.

pesticidi agricoltura

mladenbalinovac/istock.com

LA CLASSIFICAZIONE DEI PESTICIDI SECONDO LO IARC

Ci sono cinque tipi di pesticidi, insetticidi ed erbicidi che sono inseriti nelle liste compilate dall’International Agency on Cancer Research (IARC). Si tratta di:

  • malathion,
  • diazinon,
  • glifosato,
  • tetrachlorvinphos;

I primi tre sono inseriti nel Gruppo 2A (sostanze probabilmente cancerogene), mentre gli ultimi due nel Gruppo 2B (sostanze possibilmente cancerogene). Questi ultimi, tetrachlovinphos e parathion, sono vietati nell’Unione Europea secondo il principio del “no exposure”, per cui dovrebbe essere sanzionato qualsiasi tipo di esposizione a queste sostanze.

Malathion, contro gli insetti portatori di malaria

Il Malathion, insetticida organofosforico, è utilizzato contro insetti portatori di patologie come malaria, febbre gialla, dengue e malattie tropicali. Per questo non è molto diffuso nell’Unione Europea che, tuttavia, ne ha autorizzato l’impiego a livello agricolo.

L’insetticida blocca il funzionamento di uno specifico enzima del sistema nervoso, l’acetilcolinesterasi, con effetti tossici sia sugli insetti che sull’uomo. Tuttavia, la dose necessaria perché le conseguenze siano percepibili sull’essere umano è molto elevata: oltre 100 grammi di prodotto puro. Un’esposizione pressoché impossibile da subire quando viene utilizzato contro gli insetti.

colture utilizzo pesticidi

fotokostic/istock.com

Diazinon: è vietato, ma ancora utilizzato

Anche il Diazinon è, come il Malathion, un insetticida organofosforico utilizzato contro blatte, pesciolini d’argento, formiche e pulci. Tuttavia ha un grado di tossicità più elevato, motivo per cui nel 2007 è stato vietato l’utilizzo nell’Unione Europea. Intervistato da Il Corriere della Sera, Angelo Moretto, ordinario di Medicina del Lavoro all’Università degli Studi di Milano e direttore del Centro Internazionale per gli Antiparassitari e la Prevenzione Sanitaria ASST Fatebenefratelli Sacco, spiega però che “continua ad essere adoperato in molti Paesi in agricoltura, mentre generalmente non viene invece più utilizzato contro gli insetti a scopo casalingo”.

Glifosato, il diserbante più utilizzato

Come anticipato, il caso del glifosato è a sé stante poiché oggetto di un ampio dibattito che ha coinvolto autorità, centri di ricerca, associazioni di categoria, enti pubblici. Questo erbicida agisce sulle piante bloccando un enzima che nell’uomo non è presente e, nonostante la ricerca sia ancora in corso, nel 2018 il Comitato d’appello dell’Unione Europea ha rinnovato l’autorizzazione a utilizzare il glifosato in ambito agricolo fino al 2023.

In Italia esistono dei limiti di utilizzo: a partire dal 2016, infatti, non è possibile usarlo nelle fasi del raccolto e della trebbiatura, nei pressi dei parchi pubblici e dei campi sportivi. Tra favorevoli (EFSA e ECHA in Europa) e contrari (AIRC e Legambiente), molti esperti predicano prudenza e sottolineano come, anche alla luce dello scandalo dei Monsanto Papers, sia necessario del tempo per poter approfondire la relazione tra esposizione al glifosato e tumori.

glifosato

Mihajlo Maricic/istock.com

LA DIFFICOLTÀ DI INDIVIDUARE IL NESSO TRA PESTICIDI E CANCRO

Al momento, dunque, non esistono pareri scientifici concordi a proposito del rapporto tra pesticidi e cancro. Ciò poiché ci sono molte difficoltà che complicano il percorso di ricerca. In primo luogo, il fattore temporale: il prof. Moretto aggiunge, infatti, come sia difficile “ricostruire esposizioni avvenute 20 e più anni addietro, visto che lo sviluppo di una neoplasia richiede appunto un ventennio e più. Inoltre ci troviamo spesso nell’impossibilità di quantificare l’esposizione”.

Un’altra criticità è capire a quali composti il soggetto è stato esposto, e quale sia il rapporto con altri fattori di rischio dello sviluppo di cancro, in primis quelli legati allo stile di vita. Inoltre, attualmente, non c’è una spiegazione biologica a questa relazione. Tutti gli insetticidi e gli erbicidi, prima di essere messi in commercio, devono ottenere un’autorizzazione e, perché questa sia riconosciuta, gli effetti di queste sostanze devono essere analizzati attraverso alcuni test di laboratorio. Solo se i risultati sono negativi, come accade per esempio anche per i cosmetici, troviamo questi prodotti sul mercato.

Cosa fare, dunque? La prevenzione dei tumori resta il campo sul quale ciascuno può agire maggiormente. Gli esperti, infatti, sottolineano come intervenire sui fattori di rischio riconosciuti sia già un primo passo: scegliere un’alimentazione salutare, praticare attività motoria costante ed evitare abitudini quali il fumo o il consumo di alcol, i cui effetti negativi per la salute sono noti. Un’altra pratica di prevenzione che, per alcuni, può essere preziosa, è quella di stipulare una polizza assicurativa individuale che accompagni ciascuno in un percorso di miglioramento dello stile di vita. UniSalute, per esempio, propone Protezione Famiglia che include anche lo studio, da parte di un team di professionisti convenzionati, di un piano alimentare e motorio personalizzato che ha proprio questo fine. Lo conoscevate?

 

Fonti:

EFSA
ECHA
IARC
Fondazione Veronesi
 

lunedì 4 marzo 2024

L'agricoltura da occidente ad oriente

 

  In tutto il mondo i prodotti agricoli, e l'agricoltura in generale  è  sovvenzionata, ma a chi vanno questi soldi? ma soprattutto a vantaggio di chi?  ..dell'agroindustria, degli allevamenti super-intensivi, dell'ambiente, o del prossimo?

Aspetto non secondario è rappresentato dal fatto, se i finanziatori della PAC (cittadini contribuenti) sono incondizionatamente disponibili a mantenere questo sistema di assistenza, ...all'infinito?  

I contadini indiani brandiscono i forconi contro il premier Modi, chiedendo riforme nel settore agricolo in crisi, mentre il debito agricolo continua a crescere Forconi d’Oriente e d’Occidente hanno tanto in comune

 Non c’è solo la protesta dei trattori che in fila indiana si accingono a circondare i palazzi del potere, tanto per imporre all’Europa una o più correzioni alla filosofia del Green Deal che, accusano gli agroindustriali, e anche una componente della politica, responsabili della loro crisi.

 

In India gli agricoltori minacciano una marcia su Nuova Delhi per protestare contro il mancato supporto del governo nella garanzia dei prezzi dei prodotti agricoli. Una situazione esplosiva anche in vista delle prossime elezioni. 

Tuttavia, come riporta Katharina Buchholz di Statista, sebbene i prezzi minimi garantiti offrano agli agricoltori la sicurezza di poter vendere almeno una parte del raccolto con un profitto, in passato pochi agricoltori sono riusciti a trarre vantaggio dal sistema. Ciò è dovuto al fatto che la capacità del governo di acquistare e ridistribuire i prodotti agricoli è limitata. Inoltre chi paga i prezzi maggiorati? Lo stato, dando quindi un contributo agli agricoltori, oppure i consumatori, pagando dei prezzi superiori, fissati dallo stato, sui prodotti agricoli?

C’è invece un altro sistema: lo stato può dare dei contributi per mantenere artificialmente bassi i prezzi dei prodotti agricoli. In questo modo,  gli agricoltori sono sovvenzionati, ma i consumatori hanno un vantaggio, pagato dallo stato, perché i prezzi sono più bassi di quanto stabilito dal mercato.

Gli esperti intervistati da Money Control hanno fatto pressione per aiutare gli agricoltori con sussidi diversi dalla moderazione dei prezzi, una politica molto comune in tutto il mondo nel settore agricolo. Infatti, molti paesi del mondo sostengono i loro agricoltori con aiuti finanziari e allo stesso tempo chiedono ai loro consumatori e contribuenti di pagare di più per i prodotti agricoli, come mostrano i dati dell’OCSE. In India lo stato ha scelto di sovvenzionare i consumatori a spese degli agricoltori, perché ha posto dei forti limiti all’export agricolo e quindi la sovrabbondanza di ben agricoli tiene i prezzi più bassi di quanto sarebbe a livello internazionale. Il contributo economico viene pagato dagli agricoltori a favore di consumatori. 

L’OCSE ha stimato che le perdite per gli agricoltori indiani ammonteranno a 163,6 miliardi di dollari nel 2022, anche al netto dei pagamenti di sostegno finanziario o degli sconti che i produttori ricevono. Mantenendo bassi i prezzi nei mercati all’ingrosso e aiutando i consumatori attraverso programmi come il Targeted Public Distribution System, che distribuisce cibo alle famiglie povere, il governo indiano fa risparmiare ai consumatori più di 100 miliardi di dollari all’anno.

In Argentina, che ha una distribuzione simile del sostegno all’agricoltura, i redditi degli agricoltori sono stati ridotti di circa 9,5 miliardi di dollari, mentre i consumatori sono stati aiutati per 9,1 miliardi di dollari. Anche la Cina, con i vincoli commerciali, viene a garantire un pesante contributo ai consumatori pagato dagli agricoltori.

Potete ben capire che una situazione del genere non può durare a lungo. Prima o poi gli agricoltori si stancheranno...


 Tutto dipende dalla strategia che anima la politica agricola, ma anche dalla pazienza dei finanziatori della PAC (cittadini contribuenti) nel continuare ad alimentare l'assistenza.

Non bisognerebbe tirare troppo la corda.Vi invitiamo a leggere questo post

azionisti di maggioranza


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