sabato 28 ottobre 2023

C’è la Sicilia nel Menù del film gastronomico

NinoSutera

C’è la Sicilia nel Menù del film gastronomico

                                             Regione Enogastronomica d’Europa 2025

L’obiettivo è  aumentare la consapevolezza sul cibo come patrimonio culturale e sul suo ruolo vitale nell’incoraggiare e sostenere lo sviluppo locale sostenibile nelle regioni di tutto il mondo.

 

Regione Enogastronomica d’Europa 2025

Vincitore della categoria:
Turismo Equilibrato e Sostenibile

https://youtu.be/XVEEek_klN8


 

Visit Via Selinuntina, Sicily, Italy

Menu del film gastronomico 2023 di IGCAT
Vincitore categoria: Visita Via Selinuntina, Sicilia, Italia
Categoria: TURISMO EQUILIBRATO E SOSTENIBILE

Osservazione della giuria: "Belle immagini gastronomiche. Fa proprio venire voglia di assaporare i piatti mostrati e crea un buon legame tra artigianato, tradizione e turismo sostenibile. " – Robert Palmer, Regno Unito

 

Un percorso che nasce da molto lontano che concorre  ad accrescere la competitività di un Born in Sicily basato su parametri di  “qualità  locale” dove gli elementi essenziali di relazionalità sono costituiti dalla legge delle 5 T (Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenza) che rappresentano la vera componente innovativa. Già nel 2013 la Regione si è dotata di una legge per la “Tutela e valorizzazione delle risorse genetiche Born in Sicily per l’agricoltura e l’alimentazione“, elaborata da Dario Cartabellotta già assessore all’Agricoltura della Regione Siciliana. Un progetto innovativo volto alla tutela e salvaguardia delle migliori produzioni siciliane di qualità: vini, oli, frutta, ortaggi, formaggi, cereali e carni ancorate a una biodiversità differenziata e non omologata che ne esalta le caratteristiche qualitative. Con questa norma l’assessorato mira a rafforzare l’attività di salvaguardia delle risorse genetiche e a tracciare la qualità per renderla riconoscibile e difenderla dalla concorrenza sleale di prodotti scadenti e dall’agropirateria, istituendo un marchio di identificazione dei prodotti a qualsiasi titolo riconducibili all’agrobiodiversità siciliana.





L’obiettivo, recuperare l’identità di un territorio come opportunità di arricchimento di significati e valori per l’economia locale. Il territorio costruito nel tempo lungo dalle civilizzazioni attente ai processi coevolutivi, su cui oggi viviamo, è un prodotto sociale per eccellenza e dunque va trattato e attenzionato come un bene patrimoniale comune da difendere e salvaguardare, per consegnarlo alle generazioni future. Avere un luogo di origine molto bello aiuta per il successo. La percezione di qualità è fortemente influenzata da fattori esterni quali la notorietà. Un territorio bello, famoso e ben organizzato e quindi un enorme vantaggio, per rappresentare uno strumento di comunicazione del brand.

La qualità e la varietà dei prodotti in un contesto agroalimentare d’eccellenza, una produzione vitivinicola di alto livello, un sistema gastronomico di livello con punte di vera eccellenza. Dai campi alla tavola, la Sicilia mostra i grandi passi avanti fatti negli ultimi anni. E ora per questa evoluzione positiva arriva un riconoscimento internazionale come Regione Enogastronomica d’Europa 2025 da parte dell’International Institute of gastronomy, culture, arts and tourism (Igcat). Si tratta della prima regione italiana che centra l'obiettivo del riconoscimento internazionale di Regione europea dell’enogastronomia: manca solo un ultimo passaggio formale, ma l’Igcat si è pronunciata a favore con una “raccomandazione” .

«La giuria è d'accordo che la qualità e la varietà dei prodotti e la ricchezza delle esperienze fatte rendono quella della Sicilia una candidatura eccellente. Considerato il dossier presentato, la discussione e i risultati della visita, la giuria ha decretato che la Sicilia deve essere raccomandata come Regione europea della gastronomia del 2025, passando alla fase finale» ha detto Diane Dodds, la presidente della giuria dell’Igcat al termine dell’iter di valutazione compiuto nei giorni scorsi nelle varie tappe siciliane dalla delegazione. «I commissari dell'Igcat hanno vissuto un'esperienza conoscitiva di straordinaria potenza, non solo per la bellezza dei luoghi, l'unicità delle produzioni e la cultura materiale dei territori, ma anche perché hanno potuto verificare la congruità del dossier di candidatura e comprenderne tutte le potenzialità di sviluppo  












venerdì 27 ottobre 2023

Melenzane, in una specialità nebroidea

 Pietro Ficarra

 

              Nella tradizione di molti paesi dei Nebrodi le melanzane possono costituire la base per ottimi piatti unici, e se la citata parmigiana ne è sempre l'esempio migliore, non meno frequenti sono le melanzane ripiene, spesso personalizzate ma frequentemente preparate secondo una ricetta tradizionale che si rassomiglia in molti centri.
Da quando ho memoria questo modo di cucinare le melanzane è sempre stato fra i miei preferiti, secondo solamente a quelle fritte e calde, da rubare prima che arrivassero nel piatto. La preparazione non è breve e chi vuole provare a prepararle al meglio deve tenere in debito conto qualche consiglio. Usato o meno come piatto unico, se fatta bene, questa preparazione a parer mio merita fra gli ortaggi ripieni il primo posto. Dato tutto quello che si dice delle melanzane in Sicilia, è quasi superfluo immaginare che per questo piatto occorra utilizzare solo melanzane viola e di modeste dimensioni, possibilmente ricche di sole nel sapore. Come per ogni preparazione di questo tipo, l'ortaggio va preparato a ospitare il ripieno, eliminando il picciolo come d'uso per ogni melanzana che si destini a qualsiasi preparazione, e ricavando, prima di “scavare”, nella parte alta un tappo a forma di piccolo cono che servirà da chiusura. È bene ricordarsi di conservare ogni tappo vicino alla melanzana da cui proviene, per rendere facile il riconoscimento quando sarà il momento di “chiudere” la melanzana riempita. Lo svuotamento delle melanzane si può fare in molti modi ma un levatorsoli, uno scavino o un resistente cucchiaio o un cucchiaino a punta, dai bordi sottili e quasi taglienti, sono gli attrezzi migliori per farlo dall'interno come si deve, ampliando al massimo lo spazio destinato ad accogliere il ripieno, ma senza rovinarne l'involucro, ossia lasciando uno strato sottile sotto la buccia ma senza bucarla. La polpa delle melanzane che è stata estratta con lo scavo non si butta, anzi è ingrediente essenziale del ripieno perché lo renderà particolarmente morbido e dolce.
La si fa quindi rosolare in una padella antiaderente, sminuzzando i pezzi più grossi, aggiungendo olio, sale e pepe quanto basta per farla insaporire e colorare. Per il resto, come si sa, il ripieno degli ortaggi si prepara con ciò che è rimasto o è a disposizione nel frigo, ma soprattutto con ciò che più aggrada: quindi alla polpa così preparata si aggiunge nella terrina dell'altro, a piacere, con uova per legare. Nel ripieno, che è tra i più semplici e tradizionali non può mancare, oltre al pangrattato – come per gli altri ripieni, non troppo fine e meglio grattugiato grossolanamente dal pane vecchio che acquistato - se piace, un trito di aglio, origano, pepe, sale, formaggio grattugiato, e poi in più, secondo il gusto, capperi, provola o formaggio stagionato a dadini, salame sbriciolato o della mortadella, ecc., ma questi ultimi due ingredienti sono un di più che farebbe scarsamente apprezzare le melanzane. Ognuno ha però il suo personale mitico equilibrio fra i sapori e quindi ciascuno farà sicuramente le sue aggiunte e le sue modifiche a questa ricetta, anche se il consiglio è quello di mirare a un sapore di fondo sempre e comunque delicato. Riempite con cura le melanzane, chiuse ognuna attentamente, ognuna con il proprio "tappo", si pongono con attenzione in un tegame antiaderente, capiente in ragione del fatto che si possa adagiarle comodamente su un lato e ogni tanto rigirare, su un fondo fatto di olio e di salsa di pomodoro, aggiustata di sale e insaporita con qualche spicchi d'aglio. Su quanta salsa serve ci si regola in base alle melanzane, tenuto conto che sopra di esse se ne spargerà dell'altra, insieme a un filo d'olio su tutte quante. Si cuoce a fuoco moderato, avendo cura ogni tanto di girare le melanzane per favorire una cottura uniforme e insaporire per bene l'esterno, aggiungendo qualche cucchiaio d'acqua calda quando e se serve. La cottura finisce quando l'esterno delle melanzane perde consistenza, dappertutto, senza più il colore e i riflessi lucidi dell'ortaggio. Si servono meglio tagliandole a metà e coprendo il ripieno con un po' del sugo ottenuto, cui a fine cottura si avrà avuto l'accortezza di aggiungere del basilico profumato. Non prima, perché come è noto, gran parte del profumo del basilico sparisce col calore.

giovedì 26 ottobre 2023

La Sicilia della birra

 

Continuano a crescere i microbirrifici in Sicilia,

 ma è l’ora di un maltificio


  NinoSutera

In inglese si chiama “beer tourism” ed è un termine abbastanza diffuso. In italiano, invece, non esiste un unico termine: si usano infatti espressioni come “turismo della birra” o “turismo birraio”. Questo grande contenitore comprende una serie di esperienze molto diverse tra loro che però hanno un filo conduttore: il legame tra il luogo e la birra che lì si beve. Ebbene, secondo le stime di Assobirra, negli ultimi 10 anni, il settore  è cresciuto dell’800%. E la Sicilia è una  delle regioni più dinamiche nella crescita dei microbirrifici.



Quello siciliano è un prodotto molto identitario: sono numerosi gli esempi di birra che riportano gli aromi dell’isola o si fondono con i prodotti più famosi. C’è la birra al ficodindia e quella con gli accostamenti al cioccolato. È una ricerca continua e con risultati di grande pregio oltre che di grande godibilità. Anche nel settore della birra tutto parte dal profumo della terra e dai ricordi legati soprattutto alla campagna. Il territorio è centrale per la produzione degli elementi base della birra come l’orzo e il luppolo. E in effetti, nell’isola, in cui sono esplosi i birrifici artigianali non sono mancati negli anni i progetti per creare una filiera dell’orzo siciliano, caratterizzando sempre di più il prodotto.

Brassicolo sta alla birra come enogastronomico sta a vino e cibo. Quindi è un qualcosa che ha a che fare con la birra,  turismo incluso. L’assessorato all’Agricoltura della Regione Siciliana, nell’ambito delle attività della Rete regionale del Sistema della conoscenza e dell’innovazione ha istituito un Gruppo Tematico Biodiversità al fine di programmare e mettere in campo le azioni necessarie a sostegno del settore, oltre a interagire con il Tavolo Tecnico istituito presso il Mipaaf e con la Rete interregionale per la ricerca agraria, forestale, acquacoltura e pesca, che di recente si è integrata con la Rete interregionale dei servizi allo sviluppo agricolo. L’assenza di un maltificio in Sicilia è un limite di non poco conto per un mercato che appare il forte espansione.

C’è stato un tempo in cui si contavano sulle dita di una mano. Erano pochi, sconosciuti ai più. Oggi tra microbirrifici, Beer Firm e Brew pub in Sicilia vi sono quasi 75 aziende. Un boom maturato in meno di dieci anni e che è ancora tutto da studiare e da approfondire, almeno sul fronte del valore economico e in particolare di mercato. Le storie raccontano di piccoli imprenditori arrivati alla produzione di birra direttamente con un proprio microbirrificio o indirettamente grazie a quelle che si chiamano beer firm con la birra prodotta da altri sulla base di una ricetta a volte proposta dallo stesso imprenditore a volte, invece, dal produttore. Ma soprattutto raccontano di grande passione per questo prodotto nella terra del vino e dei vigneti non certo del luppolo, almeno così è nell’immaginario collettivo.

“All’inizio – spiega Andrea Camaschella coautore con Davide Bertinotti dell’Atlante dei Birrifici italiani – c’è stata un po’ di difficoltà, ma poi il settore siciliano è cresciuto anche con grandi risultati in termini di qualità”. Il progetto INNOVA.LUPPOLO, finanziato dal MiPAAF e coordinato dal Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria (CREA), si pone come obiettivo generale di fornire conoscenze e servizi rilevanti per sostenere gli attori delle filiere brassicole e luppolicole italiane che desiderano implementare o utilizzare i processi e le tecnologie sviluppate da INNOVA.LUPPOLO per rendere sempre più sostenibili  e competitive le loro produzioni in termini ambientali e qualitativi, sposando i concetti di economia circolare e green chemistry.

LOB.IT “Luppolo, Orzo, Birra: biodiversità ITaliana da valorizzare

 Luppolo e orzo da una filiera sostenibile per una birra aromatica, poco alcolica e completamente italiana. Questi gli obiettivi principali del progetto “ LOB.IT “Luppolo, Orzo, Birra: biodiversità ITaliana da valorizzare ”, coordinato dal CREA e finanziato dal MASAF,   presentato   presso la sede centrale di Roma, in via della Navicella 2, alla presenza del Commissario Straordinario, Prof. Mario Pezzotti, del Direttore Generale Stefano Vaccari, del Direttore del CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Enzo Perri , dei principali stakeholders del comparto e dell'On. Sen. G. Naturale, Vicepresidente IX Commissione Agricoltura Senato, che porterà gli indirizzi di saluto a conclusione dell'evento.

Gli obiettivi primari di LO.BIT sono l'introduzione di genetiche italiane per le materie prime di uso brassicolo e la possibilità di individuare lieviti, appartenenti al genere Saccaromyces, in grado di connotare territorialmente le produzioni birrarie italiane. Inoltre, si mira ad una filiera realmente sostenibile e innovativa (dalla tecnica culturale ai processi, fino al prodotto) e partecipata, con misure di accompagnamento che consentono azioni di networking tra le imprese ei sistemi produttivi. 


Le azioni condotte LOB.IT prevedono una serie di azioni tecnologiche per la valorizzazione in chiave sostenibile della filiera, che si concentreranno sullo studio di ecotipi locali di luppolo e di incroci legati al territorio , che necessitino di minori input per la crescita , con una migliore sostenibilità ambientale ed economica, e sulla riduzione dell'incidenza delle malattie virali nel luppolo , tramite l'utilizzo di germoplasma controllato, ottenibile da risanamento e da selezione sanitaria. Si lavorerà per aumentare la disponibilità di varietà italiane di orzo distico , l'orzo da birra per eccellenza, di alta qualità e produttività, per lo sviluppo di micro-filiere tra agricoltori, micro-maltatori e micro-birrifici e per selezionare le varietà di questo cereale più adatto per ogni areale. Infine, si punterà alla ricostruzione in chiave statistico-economica della filiera brassicola, uno strumento utile agli stakeholder, in particolare a quelli istituzionali, per lo sviluppo di interventi legislativi tesi al consolidamento di una filiera made in Italy. 


Il ruolo della genetica italiana e dei lieviti Si punta a materie prime da genetica italiana, tramite l'adozione di modelli virtuosi per la gestione della filiera. Le prove sperimentali finalizzate al risanamento del materiale di propagazione, se condotte con successo, offriranno le basi per la disponibilità̀ di materiale di propagazione sano e la possibilità̀ di avviare la certificazione volontaria del materiale vivaistico. Non meno importante la ricerca di lieviti spontanei legati al territorio e in grado di influenzare positivamente il profilo metabolico e il grado alcolemico del prodotto finale: potrebbe svolgere un ruolo importante sia nella produzione di birre aromatiche, sia in quella di birre a basso tenore alcolico. 


“LOB.IT, terzo progetto nazionale sulla filiera coordinata dal CREA, - dichiara Katya Carbone, ricercatrice del CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura e coordinatrice del progetto - si pone come obiettivo quello di offrire a tutta la filiera strumenti tecnico-scientifici per la valorizzazione di una filiera italiana della birra: da nuove genetiche italiane per l'orzo distico e avvio di un programma di allevamento per il luppolo italiano, fino all'introduzione del concetto di terroir microbico, e all'esaltazione del luppolo in un'ottica di sostenibilità , dalla formulazione di nuovi prodotti al riutilizzo degli scarti”.

Scheda progetto LOB.IT è un progetto triennale a carattere nazionale, guidato dalla ricercatrice del CREA Olivicoltura, Frutticoltura e Agrumicoltura, Katya Carbone, coadiuvata dai centri CREA Difesa e Certificazione, Viticoltura ed Enologia, Politiche e Bioeconomia, Cerealicoltura e Colture Industriali, Genomica e Bioinformatica e dall'Università degli Studi di Parma, che intende consolidare e ampliare quanto acquisito nei due progetti precedenti INNOVA.LUPPOLO e LUPPOLO.IT, trasferendo agli operatori di settore strumenti utili a valorizzare le loro produzioni birrarie attraverso l'implementazione di materie prime autoctone , al fine di costruire una filiera brassicola italiana al 100%. Il CREA, infatti, è ormai da anni considerato uno dei centri di ricerca leader nello studio di questa filiera a livello nazionale e in quello della luppolicoltura a livello internazionale.

la Sicilia a Golosaria 2023

 

NinoSutera*


Milano, Golosaria 2023, c'è la Sicilia 

dell'enogastronomia di qualità

 

 L’edizione di quest’anno di Golosaria sarà all’insegna del fare e del saper fare,  che celebra con due compleanni: il 18esimo anno di Golosaria Milano e la 25esima edizione de IlGolosario, la guida di produttori, negozi e cantine di tutta Italia, cuore della rassegna. Non a caso il tema scelta è “La tradizione è innovazione”, con cui la manifestazione dà appuntamento dal 4 al 6 novembre all’Allianz MiCo – Fieramilanocity.

La Sicilia torna per il secondo anno di seguito a Golosaria con una presenza sempre più diversificata tesa a valorizzare tanto l'areale agricolo quanto la tradizione gastronomica dell'Isola.

Nello stand voluto dall'Assessorato Agricoltura, Sviluppo rurale e Pesca mediterranea, Dipartimento Agricoltura ci sarà un' importante rappresentanza di produttori sia per il vino che per il food.  Per la parte del food ecco 11 realtà, con l'Azienda Agricola Badiula, l’Azienda Agricola Appiano Emilio, il Birrificio 24 Baroni, la  Birra Bruno Ribadi, I Veri Sapori dell'Etna, Agroforniture Uva di Mazzarrone, Fichi d'India Geraci, Olio Mazì di Stallone Melchiorre, Terre di Entella, La Mannirata formaggi, Baglio Perciata Grani Antichi.

Quest'anno però la presenza raddoppia grazie alla presenza di 6 cantine (Az. Agr. Tamburello, Baglio Reale, Cantine Patria, Cantine Iuppa, Palmento Costanzo, Villa Viticce) che sarà possibile scoprire anche nel wine tasting dedicato (domenica ore 11).

Due poi gli appuntamenti da non perdere per conoscere la cucina siciliana interpretata da un grande chef: Roberto Pirelli. Il primo sabato alle ore 14 (La Sicilia tra cucina e agricoltura) e il secondo domenica alle ore 16 (La Sicilia in cucina: la pasta interpreta l'agricoltura).




Innovatori, spiega una nota, sono anzitutto i campioni del Golosario che saliranno sul palco sabato pomeriggio in occasione del talk show di apertura: si tratta di quei cento “storici” che hanno dimostrato il concetto di innovazione come frutto della tradizione. Domenica invece sarà la volta dei migliori Negozi de IlGolosario, divisi per categorie, scelti fra 4.000 citazioni.

“Il detto secondo cui la tradizione è un’innovazione ben riuscita nasconde una verità storica   La tradizione infatti non è mai qualcosa di fermo o di museale, ma un fattore in continuo movimento che trae dal passato ciò che è ancora attuale oggi. Per questo il tema di Golosaria 2023 ‘La tradizione è innovazione’, che può essere ribaltato invertendo i fattori: i produttori che hanno custodito la nostra grande biodiversità sono innovatori perché sanno rendere contemporaneo un consumo, sempre più consapevole. Nulla si inventa, tutto si ricrea, che è un altro modo per dire la medesima cosa: la terra è il laboratorio dove tutto questo avviene. Ecco perché merita d’essere rispettata”.

La manifestazione, come di consueto, si svilupperà su quattro aree. La prima quella del cibo che comprende il palco dell’Agorà, la sala degli show cooking e gli espositori provenienti da ogni parte d’Italia. La tre giorni milanese si conferma anche la casa dei territori italiani con le regioni Lombardia, Calabria, Liguria, Friuli Venezia Giulia e Sicilia. La seconda area sarà quella del vino (120 cantine) con la partecipazione di quei produttori insigniti del riconoscimento Top hundred, che quest’anno si sdoppia: 100 cantine nuove e 100 cantine storiche con un nuovo vino premiato rispetto a quello delle 21 edizioni precedenti. La terza area sarà quella della mixology, curata dai bartender di Milano bartender community. Ci sarà anche un’area Mixo Events dove approfondire le tendenze che caratterizzano il settore con 13 incontri tematici su gin, amari, vermouth e whisky italiani. Infine la quarta area, dedicata alla cucina di strada, con 12 espressioni che racconteranno la cucina italiana partendo proprio dalla filiera agricola. Tra le novità, la presentazione della nona edizione della guida IlGolosario ristoranti che lunedì radunerà 1.000 titolari di ristoranti e cuochi.

 

 

 

lunedì 23 ottobre 2023

Ottobrata zafferanese

 SalvoOgnibene

Ottobrata zafferanese, Domenica 29 il protagonista è il vino.
Presente il Comune di Barbaresco

Per l’ultima domenica dell’evento etneo più atteso, in programma il convegno "Prospettiva Etna: sostanza attiva e ragion d'essere" con la partecipazione del Comune di Barbaresco e degustazioni di vini artigianali e contadini

 L'ultima domenica dell'Ottobrata Zafferanese, uno degli eventi più attesi in Sicilia, è alle porte, e promette di portare emozioni e tradizioni senza precedenti. In programma per il 29 ottobre, l'essenza della cultura siciliana in una celebrazione di cibo, musica, approfondimenti con un focus speciale dedicato al vino. Si inizia la mattina alle 11:00 con il convegno "Prospettiva Etna: sostanza attiva e ragion d'essere" e poi degustazioni di vini artigianali e contadini. Vino, economia, futuro: fare vino sull’Etna vuole essere un’occasione di sviluppo aziendale a partire da una narrazione storica legata a progetti imprenditoriali. 



Queste le premesse sulle quali si confronterannoLuca Sammartino, Assessore regionale all’Agricoltura, Salvo Russo, Sindaco di Zafferana Etnea, Gabriele Boffa, amministratore del Comune di Barbaresco; Luigi Bonaventura, docente di Economia all’Università degli Studi di Catania, Matteo Gallello, cofondatore riviste Verticale e Bromio, Giorgio Fogliani di Possibilia Editore e Mauro Cutuli dell’Azienda Agricola Grottafumata e la giornalista Amanda Arena.
Ci sono modelli di economia territoriale dove natura,dimensione umana,un tempo passato e vocazione al futuro riescono a coesistere in modo compatibile: “
Un sistema agricolo che generi anche approcci sistemici efficienti e di valore, è questo quello che ci serve. Un’equazione a più variabili dove il risultato deve essere un ambiente curato, tutelato e valorizzato con professioni vitivinicole solide e sostenibili
- sottolinea il primo cittadino Salvo Russo - A Zafferana Etnea avvieremo una riflessione su questo tema coinvolgendo osservatori vitivinicoli italiani”.
Un territorio interessante fa fatica a raccontarsi se appesantito dalla sola quotidianità senza prospettiva: “
l’Etna rappresenta oggi un punto di riferimento nel mondo enologico e turistico - sottolinea Gabriele Boffa, amministratore del Comune di Barbaresco - in Piemonte grazie al vino abbiamo intrapreso un percorso che è stato vincente e la Sicilia sta facendo tanto bene da questo punto di vista”.
L
'Ottobrata Zafferanese è l’occasione ideale per discutere insieme ed esplorare il cuore vulcanico della Sicilia: il convegno "Prospettiva Etna: sostanza attiva e ragion d'essere" vuole mettere in luce l'incredibile ricchezza economica, culturale e ambientale dell'Etna e offrirà uno sguardo approfondito su questa straordinaria regione. Proprio nella giornata di Domenica 29 Ottobre si concluderà un mese di celebrazioni, con il centro storico di Zafferana Etnea che si trasforma in una festa all'aperto. A conclusione del convegno, che si terrà presso la Sala Consiliare di Palazzo di Città (Via Garibaldi 317), ci sarà una degustazione di vini artigianali e contadini etnei e di Barbaresco.

sabato 21 ottobre 2023

Politiche contro lo spreco alimentare

                                                                                                                        NinoSutera 

 Lo spreco alimentare è un problema urgente con significative conseguenze ambientali, sociali ed economiche. Ogni anno nell’UE vengono generati quasi 59 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari (131 kg/abitante). La quota più elevata di sprechi alimentari viene generata nelle famiglie e nei servizi di ristorazione. I gruppi alimentari che vengono maggiormente sprecati sono la verdura, la frutta e i cereali. I consumatori possono modificare direttamente molti comportamenti che portano allo spreco alimentare (ad esempio cucinare troppo), ma la loro capacità di prevenire lo spreco alimentare è influenzata anche da altri fattori (ad esempio politiche correlate, stili di vita). Ridurre lo spreco alimentare dei consumatori richiede la collaborazione tra tutti gli attori del sistema alimentare e l’affrontare la questione in un contesto più ampio (ad esempio, come parte di azioni volte a promuovere l’adozione di diete sane e sostenibili), in cui i politici svolgono un ruolo chiave.

L’impegno dei decisori politici nella riduzione degli sprechi alimentari – a tutti i livelli (nazionale, regionale e locale) – è essenziale per creare un ambiente politico favorevole che acceleri il cambiamento e per coordinare le azioni correlate da parte dei principali attori della filiera alimentare. Svolgono inoltre un ruolo importante nel sostenere e coordinare la ricerca e le azioni pratiche per ridurre gli sprechi alimentari.

1)  Individuare ambasciatori locali/nazionali (persone o organizzazioni) per promuovere programmi di riduzione degli sprechi alimentari dei consumatori. Queste possono ispirare e dare l’esempio nelle loro reti locali, amplificando così l’effetto delle singole azioni. Queste ultime possono comprendere formazione, eventi come le settimane «senza sprechi» o coaching in ambito domestico. Il lavoro degli ambasciatori può portare a una comunicazione più efficiente e allo scambio di buone pratiche fra gli attori della filiera alimentare. In Italia, ad esempio, alcune azioni di prevenzione degli sprechi alimentari sono coordinate dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani. Nei Paesi Bassi, l’organizzazione United against Food Waste organizza azioni a livello nazionale e agevola il coinvolgimento delle parti interessate.

2)   Rivedere i programmi nazionali di prevenzione degli sprechi alimentari per affrontare in modo efficace gli sprechi alimentari dei consumatori, tenendo conto anche delle interdipendenze esistenti nel sistema alimentare. Infatti, le azioni in una fase della filiera alimentare possono innescare conseguenze indesiderate in un’altra fase. Individuare i punti di contatto per collegare i programmi locali con il programma nazionale di prevenzione degli sprechi alimentari esistente è importante, poiché il coordinamento è un elemento essenziale per un esito positivo. I paesi dell’UE che hanno messo in atto azioni di successo per affrontare il problema degli sprechi alimentari dei consumatori nei loro programmi nazionali di prevenzione degli sprechi alimentari.
3)  Investire in programmi di economia domestica e sviluppo sostenibile che comprendano l’argomento della riduzione degli sprechi alimentari. Le giovani generazioni sono un destinatario fondamentale per lo sviluppo di comportamenti alimentari sostenibili, compresa la prevenzione degli sprechi alimentari. I programmi didattici possono avere un impatto a lungo termine e possono inoltre esercitare effetti trainanti in ambito domestico. Recentemente, l’Austria ha incluso la prevenzione degli sprechi alimentari nella nuova legislazione sull’istruzione. 
 4)  Organizzare le settimane alimentari nazionali ogni anno e aumentare la visibilità delle azioni in corso e future. Stabilire un marchio riconoscibile per gli sforzi di riduzione degli sprechi alimentari a livello nazionale; cambiare le norme sociali aumentando il profilo pubblico della prevenzione dello spreco alimentare, promuovere comportamenti positivi che lo evitino e raggiungere il maggior numero possibile di consumatori. Ciò può innescare ulteriori azioni da parte degli attori della filiera alimentare. Esempi di Settimane contro lo spreco alimentare si possono trovare in: Germania (settembre/ottobre), Irlanda (giugno), Paesi Bassi (settembre) e Regno Unito (marzo). Inoltre la Giornata internazionale di sensibilizzazione sulle perdite e gli sprechi alimentari (29 settembre) viene celebrata in molti Stati membri.

SEMinCANTA (acronimo “dal SEMe di CANapa alla TAvola”, si avvia alla conclusione

 

NinoSutera 

 

L’innovativo progetto di filiera riguardante la canapa (Cannabis Sativa L.) SEMinCANTA (acronimo “dal SEMe di CANapa alla TAvola”, si avvia alla conclusione



Finanziato con risorse a valere del FEASR-PSR SICILIA 2014-2020 attraverso le iniziative LEADER del Gal Kalat sottomisura 19.2   il progetto Semincanta   punta a creare una filiera della canapa in Sicilia. Capofila dell’iniziativa è lo storico Molino Crisafulli di Caltagirone.

 L’Assessorato nell’ambito della Rete regionale sistema della conoscenza e dell’innovazione in agricoltura, https://terra.regione.sicilia.it/rete-regionale-sistema-della-conoscenza-e-dellinnovazione-il-dipartimento-aggiorna-database-inserisci-i-tuoi-dati/    ha avviato i lavori del gruppo tematico sulla canapa con una serie di attività informative-divulgative

https://terra.regione.sicilia.it/canapa-verso-una-rete-regionale-di-filiera/

 

Una filiera che appare oggi fondamentale per la diffusione della canapa nel contesto siciliano i cui vantaggi derivanti dalla sua coltivazione nella rotazione colturale sono numerosi a detta degli esperti: oltre a rendere più fertile il terreno, contribuisce nel controllo delle infestanti preparando così il terreno alle coltivazioni cerealicole ed ortive. Essa, inoltre, si presta anche a coltivazioni in asciutto. La canapa, quindi, è una coltura che può dare nuova linfa all’agricoltura siciliana e portare innovazione in numerosi settori agro-alimentari. I prodotti derivati possono trovare nuove nicchie di mercato, apportando una maggiore redditività alle aziende agricole e a tutta la filiera agroalimentare collegata. A oggi, in Sicilia, non si può parlare di filiere produttive della canapa perché la realtà è rappresentata solo da singoli o piccoli gruppi di produttori che tuttavia non riescono a garantire standard produttivi costanti, fondamentali per poter accedere alle numerose richieste del mercato.

Capofila del progetto è il Molino Crisafulli di Caltagirone che coadiuvato dai professori Laura Piazza e Salvatore Ciappellano dell’Università Statale di Milano UNIMI, si occuperà del miglioramento delle condizioni di stoccaggio e della trasformazione del seme in olio, farina e altri derivati. Partner scientifico è la Stazione Consorziale Sperimentale di Granicoltura per la Sicilia che, in collaborazione con il CREA (Centro di Ricerca in Cerealicoltura e Colture industriali – laboratorio di Acireale), andrà a collaudare l’innovazione proposta.  

  Alla varietà “testimone” Futura 75, la più conosciuta e coltivata finora in Sicilia, sono state affiancate circa sette diverse varietà con lo scopo di individuare eventuali adattabilità al contesto pedo-climatico dell’areale del Calatino Sud Simeto che possano garantire miglioramenti in termini di resa e qualità della granella, favorendo al tempo stesso la fertilità del suolo grazie a metodi di coltivazione ecosostenibili.  

 

Funzionario responsabile Osservatorio Neorurale

Unità di Staff 01

 Dipartimento Agricoltura

Assessorato dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea

 

giovedì 19 ottobre 2023

l’Ovamurina di Sciacca

 NinoSutera

Un prodotto identitario Tra storia e leggenda, ecco l’Ovamurina di Sciacca

Il nostro obiettivo è accompagnare la valorizzazione dei simboli della nostra terra, il profumo del nostro mare, uniti alle bellezze ambientali. In questo percorso, chef, gastronauti, giornalisti, sommelier, associazioni, pro-loco, intenditori e appassionati, sono partners privilegiati, a divenire Custodi dell’identità territoriale. La “fusione” tra coscienza collettiva e patrimonio culturale è l’obiettivo portante. La pasticceria conventuale, probabilmente, è stata la salvezza del patrimonio dolciario della Sicilia. Nei conventi sono nate le creazioni più sofisticate della dolciaria isolana e si sono mantenute altre tradizione che in altro modo sarebbero scomparse, basti nominare il cannolo, o le ‘mpanatigghe modicane. Sciacca, per esempio, una città piccola ma importante sotto il profilo storico, un tempo era uno dei caricatori di grano più importanti della Sicilia. Qui esistono diversi conventi, tra cui quello della ‘Badia Grande’, sito nel quartiere antico di San Michele nella parte alta di Sciacca.

Tra storia e leggenda

Nel convento della ‘Badia Grande’ nasce un dessert che fino agli anni ’50 era possibile acquistare tramite le grate del convento di clausura, l'”ovamurina”, un sapore antico, con diversi gusti sprigionati dai suoi ingredienti sapientemente accostati e mai mischiati, così che in bocca ognuno di essi possa esprimere la sua identità e la sua fragranza. Dell’ovamurina, nella città di Sciacca esistono diverse varianti e tutte le custodi di tali varianti assicurano, ovviamente, che la loro è quella originale. Ho speso del tempo a investigare in merito, ma mi sono dedicato a una particolare ricetta che sembra più “originale” rispetto alle altre, almeno per il metodo di lavorazione e ingredienti utilizzati. Ma andiamo con ordine. Tra le diverse narrazioni sulla nascita della ricetta, quella più accreditata parla del 1600.


Gianluca Interrante

Ma va fatta una precisazione: la ricetta dell’ovamurina nasce per sostituire il cannolo in estate. Infatti, la ricotta era poco reperibile in quel periodo. L’ovamurina, in pratica è molto simile al cannolo, con una ‘scorcia’ esterna, fritta e resa croccante dai pezzi di mandorle e con all’interno crema bianca. L’ovamurina è una reminiscenza araba che si accosta ai sapori del nuovo mondo, infatti mandorle, zucchero e cannella incontrano la zucchina siciliana, la fecola di mais e il cioccolato. È un dessert che non si trova facilmente nelle pasticcerie, soprattutto perché non si presta alle grandi produzioni. Tuttavia, le poche versioni che si trovano in commercio, sono delle rivisitazioni adeguate a una pasticceria moderna e ben diversa dalle tradizioni antiche. Buone ma distanti dall’originale.
 

Gli ingredienti

Per la frittata
Mandorle con pelle 200 gr
Uova                          6
Zucchero                 150 gr
Farina                        30 gr
Acqua                       30 gr (se necessaria)
Per la farcitura
Latte                         500 ml
Amido di mais           70 gr
Zucchero                 100 gr
La zuccata
Zucchine lunghe siciliane  1 kg
Zucchero                  400 gr
Altri ingredienti per farcire
Cioccolato amaro (80%) 50 gr
Cannella in polvere

Preparazione

Per fare un a buona Ovamurina necessitano un paio di giorni di preparazione. Bisogna fare la zuccata e la crema di latte il giorno prima e raffreddarli completamente. Il processo è fondamentale, tostare le mandorle fino a che siano scure, l’amaro che sprigioneranno servirà al sapore finale. Raffreddarle e poi pestare con un mattarello all’interno di un sacchetto di plastica. È importante che le mandorle non siano uniformi perché la perfezione dell’Ovamurina sta proprio nella sua imperfezione. Mescolare la farina con lo zucchero, la farina e le uova, fare riposare un ora e aggiungere acqua se la consistenza è troppo densa. Il giorno prima fare la crema di latte. Mescolare lo zucchero, l’amido ed il latte freddo, portare ad ebollizione mescolando e fare bollire 3 minuti.

Raffreddarla in una casseruola alta che abbia la larghezza di cm 13\15 con un’altezza di 4\5 cm. Tagliare a fette spesse 1 cm. Tagliare il cioccolato a scagliette. Mettere per facilità la zuccata in un sac à poche. In una padella calda mettere un filo di olio e versare un mestolo di impasto, come per fare una frittata sottile. Poggiare una fetta di crema di latte nella parte alta della frittata, un filo di zuccata e delle scaglie di cioccolato per la lunghezza della crema di latte. Infine una spolverata di cannella. Non appena la parte a contatto con la padella comincia ad avere un colore nocciola scuro, cominciare a chiudere la frittata su se stessa iniziando ad avvolgere la crema di latte e tutti gli altri ingredienti, arrotolandola. Mettere su un piatto e spolverare lievemente con altra cannella.

martedì 17 ottobre 2023

cotone di sicilia

 

 

Quando si pensa alla produzione del cotone, la Sicilia potrebbe non essere il primo posto che viene in mente. Eppure, l'isola del Mediterraneo ha svolto per lungo tempo un ruolo importante nella famosa industria della moda del paese, risalente al XII secolo. Gli agricoltori siciliani smisero di produrre cotone solo negli anni ’50, nel periodo in cui le fibre sintetiche furono ampiamente presentate al pubblico. Ma poiché i consumatori stanno diventando sempre più consapevoli degli effetti della plastica sul nostro ambiente, alcuni stanno lavorando per rilanciare l’antica industria delle fibre dell’isola. 



“Contribuiamo a promuovere il recupero di 100 ettari di cotone biologico in Sicilia”, afferma Valeria Mangani, presidente della Sustainable Fashion Innovation Society, organizzazione no-profit che assiste il Consorzio del cotone biologico nell’isola.  

Oltre al progetto sul cotone sostenibile COS (Cotone Organico Sicilia), la missione dell'organizzazione è quella di aumentare la consapevolezza sugli impatti della cosiddetta “fast fashion”, spesso realizzata con materiali sintetici con filiere difficili da tracciare.

  https://terra.regione.sicilia.it/qutun-born-in-sicily-la-sicilia-rilancia-la-coltivazione-del-cotone-il-mercato-ce/  

Il progetto, iniziato nel 2018, sta coinvolgendo gli agricoltori in varie parti della Sicilia per rivitalizzare i terreni agricoli inutilizzati e ridare vita a un’industria che un tempo era ben sviluppata qui. Questa non è l'ultima parte perché il clima dell'isola è perfetto per la coltivazione del cotone.  

La semina avviene a marzo e il cotone viene raccolto a settembre. E tutti i processi sono completamente biologici, rinunciando a pesticidi chimici o coloranti. Questo controllo su ciò che entra nel tessuto è una parte cruciale perché è un'area del settore sotto-regolamentata, e i potenziali effetti dei prodotti chimici sui tessuti sulla salute sono spesso trascurati. 

Nel frattempo, la sua organizzazione vuole dare una spinta all’economia locale e all’ambiente. Ma il modello costruito in Sicilia può essere applicato in diverse regioni e a più fibre, dice, tra cui canapa, lino e bambù, date le diverse condizioni paesaggistiche e agricole dell’Italia.  

Soprattutto, riportare il cotone in Sicilia offre uno spunto per parlare dell’origine dei nostri vestiti e dell’impatto delle scelte che facciamo ogni giorno.  

“La moda è una storia che inizia nell’agricoltura e finisce nella comunicazione”, conclude  Valeria Mangani, presidente della Sustainable Fashion Innovation Society




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