mercoledì 1 novembre 2023

Cultura marinara Un’antica e nobile tradizione

Pesca del pesce spada nello Stretto di Messina

           Un'antica e nobile tradizione marinara ha caratterizzato per secoli il nostro Paese, favorita nel suo sviluppo anche dalla posizione centrale occupata dall’Italia nel bacino mediterraneo. Per comprendere la reale consistenza dello specifico marinaro nell’ambito della nostra cultura tradizionale, cioè prima del definitivo avvento della industrializzazione, è necessario porre in risalto quei tratti culturali per i quali le società che vivono sul mare e del mare - pur condividendo la medesima cultura (italiana, nel nostro caso) - si differenziano storicamente tra loro e dalle società agricole, pastorali, ecc. con cui sono in contatto.


Così, per esempio, dalle modalità di costruzione delle barche e dalla loro tipologia, dalla morfologia delle vele, dai sistemi e dalle tecniche di pesca, dalla marcata e diffusa presenza di elementi iconografici sulla produzione materiale, dalla originalità delle preghiere, dei proverbi, delle fiabe, dei canti; da tutto ciò è possibile pervenire alla individuazione della peculiarità di una cultura marinara.  È possibile conoscere e individuare le differenti professionalità artigiane: considerare le fasi e le modalità dell’apprendimento del mestiere, l’organizzazione del lavoro e le sue distinte specializzazioni (maestro d’ascia, calafato, cordaio,...). In relazione ai sistemi di pesca, poi, è possibile capire i differenti aspetti dei rapporti economici e sociali: i sistemi gerarchici operanti sulle singole barche e durante le attività di pesca, le consuetudini relative alla spartizione e alla commercializzazione del prodotto. Si può pervenire, inoltre, ad intendere l’organizzazione sociale e famigliare, ad esempio, nella particolare spartizione dei ruoli tra uomini e donne.

Per quanto riguarda la cucina marinara, invece, i ruoli non sono spartiti in modo netto e univoco: gli uomini abituati alle lunghe permanenze in mare sono soliti, infatti, destreggiarsi in cucina.


battuta di pesca


Dalla cima dell'albero di una feluca, lo ntinneri, l'avvistatore, scruta una porzione di acque dello Stretto di Messina. Gli altri pescatori attendono stesi in un'imbarcazione più piccola, il luntro, alcuni guardando nell'acqua, altri riposando o reggendo i remi. Quando un grande pesce spada affiora in lontananza, lo ntinerri dà il segnale urlando e indicando con il braccio la direzione ai pescatori, che immediatamente si dispongono ai loro posti sul luntro. Quattro pescatori iniziano a remare vigorosamente, mentre la vedetta, u farirotu, si posiziona sull'albero del luntro e il lanzaturi, il fiocinatore, si colloca in piedi sull'estremità anteriore dell'imbarcazione. Inizia l'inseguimento. La vedetta suggerisce ai rematori la direzione da imprimere al luntro, urlando le direzioni e seguendo i suggerimenti dello ntinneri, che dall'alto dell’albero della feluca continua a urlare la posizione dei pesci. Quando il luntro raggiunge il pesce spada, il lanzaturi scaglia il ferru, un arpone con asta di legno e punta di ferro. Una volta arpionato il pesce, la vedetta e alcuni rematori abbandonano repentinamente le loro posizioni e si coordinano con il lanzaturi per la cattura. Prima danno kaloma al pesce, allungando la corda dell'arpone, conservata all'interno di un grande cesto di fibre vegetali. Quando poi il pesce è morto dissanguato per la ferita causata dall'arpone, tirano lentamente la corda e lo issano a bordo per la coda, lo eviscerano e lo pesano. Nelle operazioni che seguono la cattura si può notare che il pesce ha subito la cardata da cruci, un segno di croce multiplo sulle branchie, e la bbotta, il taglio della carne attorno al punto di penetrazione dell’arpone. La pesca del pesce spada riguarda il periodo che va tra aprile e settembre e coinvolge la costa calabrese e siciliana dello stretto di Messina. La stagione primaverile ed estiva coincide infatti con la fase di riproduzione sessuale dei branchi di pesce spada, con la deposizione delle uova nelle acque dello stretto di Messina, lungo un percorso che va da Bagnara Calabra, segue la costa fino a Scilla per poi, attraversando lo stretto, risalire da Messina fino a Punta Faro. Fino alla metà del XX secolo, in Sicilia, la pesca al pesce spada si realizzava con una tecnica basata sull'avvistamento da terra o da una barca da rimorchio, la feluca, e sulla cattura con l'arpone da bordo di una piccola barca, il luntro. Le feluche erano grandi barche munite di albero alto circa 20 metri (chiamato antenna) sulla cui cima si disponeva un osservatore, lo ntinneri, che avvistava i branchi dei pesci. Un sistema di segnalazione con frasi convenzionali permetteva di comunicare la posizione dei branchi ai pescatori posti sui luntri. La feluca era destinata allo stazionamento e veniva ormeggiata lungo il percorso dei pesci spada in specifiche poste che corrispondevano alle diverse zone di predazione. Le poste, a partire dal 1902, furono assegnate ai vari gruppi di pescatori per sorteggio e soggette a rotazione giornaliera. Il luntro era lungo circa 6 metri e largo poco più di 1 metro e mezzo. Dipinto tradizionalmente di nero, il luntro era fabbricato con legno leggero, in modo da raggiungere il massimo della velocità consentita anche grazie ai suoi quattro lunghi remi, ciascuno di dimensioni diverse e destinato a una specifica funzione. Al centro della barca era fissato un albero alto 3 metri e mezzo (detto farete), dove prendeva posto un avvistatore, il quale controllava i movimenti del pesce nella fase finale dell’attacco. Sull'estremità anteriore si collocava il fiocinatore (lanzaturi), il quale disponeva di due arponi aventi asta di legno e punta di ferro. Le aste in fase di riposo si tenevano appoggiate di traverso a due supporti (maschitti) fissati ai piedi del fiocinatore. Dalla metà del XX secolo si assiste a un'evoluzione nelle tecniche e nelle tipologie di imbarcazioni utilizzate nella pesca al pesce spada, soprattutto con l’abbandono del luntro e l’introduzione, a partire dal 1963, di una nuova imbarcazione a motore, la passerella. Le passerelle sono caratterizzate dalla presenza di un alto traliccio, sul quale prende posto l'avvistatore e di una lunga passerella a prua di lunghezza almeno doppia rispetto alla lunghezza della barca. Nella pesca tradizionale del pesce spada si possono trovare forme di antropomorfizzazione e sacralizzazione del pesce spada tipiche delle attività di caccia, che derivano dalla tecnica con cui il pesce viene pescato. Alcuni di questi rituali sono osservabili anche nelle pratiche contemporanee di pesca al pesce spada. Si tratta, per esempio, del rituale della cardata da cruci. Appena issato sulla barca, il pesce spada viene segnato sulle branchie adoperando le unghie delle quattro dita di una mano, in modo da imprimere un segno di croce multiplo. Tra gli altri rituali della cattura si possono menzionare: l'invocazione a San Marcu è binirittu, protettore dei fiocinatori, nel momento in cui il pesce è issato sulla barca; il taglio della carne attorno al punto di penetrazione dell’arpone, detta bbotta, che di norma toccava al ferraiolo che aveva costruito la lancia, in genere data in affitto all'equipaggio; la complessa partizione tra i membri dell'equipaggio del corpo del pesce spada, che, secondo alcuni studiosi, verrebbe così santificato in un rituale simbolico di controllo del territorio e delle forze invisibili della natura.

 

 

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