Nel nostro Paese si parla spesso sui giornali, in televisione e sui social network di Sicurezza Alimentare senza, tuttavia conoscere il significato reale della locuzione, talvolta utilizzato fuori luogo. Nel linguaggio italiano il termine Food Safety – garanzia di cibo sano ed igienicamente controllato – viene spesso confuso con Food Security – certezza nella disponibilità di alimenti – ovvero la disponibilità di cibo in un Paese (in un'area geografica) e la capacità degli individui al suo interno di potersi permettere e procurare prodotti alimentari adeguati. I due termini possono essere sicuramente considerati come le due facce della stessa medaglia indicando, appunto, la sicurezza economico-sociale di disporre di cibo a sufficienza per vivere e l’esigenza igienico-sanitaria di poter contare su cibo sano e acqua potabile. A seguito del Focus “La sicurezza alimentare” prodotto da Paolo Fantozzi, Presidente del Comitato consultivo dei Georgofili per le Tecnologie alimentari, l’Accademia dei Georgofili, su invito dell’Ordine dei Giornalisti, organizza un’apposita iniziativa. Verranno affrontati gli aspetti normativi e procedurali attualmente in atto per tutelare la salute del consumatore, l’aggiornamento professionale del personale addetto al controllo dei rischi sulla sicurezza alimentare e le attività specifiche a cui sono sottoposte le aziende, senza tralasciare il controverso tema delle fake news.
Il turismo delle radici è il turismo delle nuove generazioni di italiani all’estero, sia italiani di passaporto che italiani d’origine, che è una platea che si calcola essere composta da circa 80 milioni di persone al mondo”. A spiegare le potenzialità di questo progetto è Giovanni Maria De Vita, coordinatore per il turismo delle radici, le iniziative culturali pluriennali e la comunicazione alla Direzione generale per gli italiani all’estero della Farnesina, intervenuto in occasione degli Stati generali del Turismo
Le possibilità per i territori sono molte, basti pensare che, “l’Enit ha calcolato che nel 2019 circa 6 milioni di persone sono arrivate in Italia per motivazioni riconducibili alla propria storia familiare, con un indotto di circa 10 miliardi di euro”. Quello del riconoscimento identitario è fondamentale all’estero, dal momento che “ci sono emigrati di ormai quarta o quinta generazione, che non parlano italiano ma che hanno forte attrazione per l’Italia, perché vogliono conoscere questo posto di cui hanno sentito parlare attraverso le tradizioni della propria famiglia”. In occasione dell’anno delle radici si cercherà quindi di individuare “eventi identitari delle comunità italiane e si cercherà di fare in modo che questi eventi possano avere un’attrattività per gli italiani all’estero”; inoltre, si cercherà “di coinvolgere anche i grandi eventi nazionali che possono interessare le comunità e di creare eventi specifici”.
Un modo per rendere ancora più accattivante questa diversa modalità di viaggio è “individuare degli influencer che possano venire in Italia, fare un viaggio delle radici e poi parlarne con le comunità di origine”. “Un’altra iniziativa in cantiere è il passaporto delle radici”, che prevede la stipula di convenzioni con varie realtà, come ristoranti, musei o strutture ricettive, “in modo da coinvolgere le realtà produttive locali, ma anche i grandi attori nazionali, e creare un’iniziativa di attrazione verso i prodotti del territorio”. Fondamentale è anche che il fenomeno del turismo delle radici venga monitorato, “attraverso una collaborazione delle università italiane, in grado di verificare l’andamento dei flussi e di offrire delle risposte concrete a chi si interessa di questo fenomeno”. In generale, conclude De Vita, “l’obiettivo è quello di dare un’opportunità a quei territori ignorati dal turismo mainstream, dal momento che la grande emigrazione viene dai piccoli borghi e non dalle grandi città, e soprattutto creare un nuovo rapporto tra le comunità italiane all’estero e l’Italia”.
Studiare la canapa per aprire squarci sul futuro dei biomateriali e delle tecnologie estrattive. È il lavoro che sta guidando Giancarlo Cravotto professore ordinario di Chimica organica presso l’Università degli Studi di Torino e che rientrano nell’ambito del progetto Canapa New Tech. Nuove tecniche di estrazione come l'idro-distillazione e l'acqua subcritica, sostenibili, con costi minori e grande risparmio energetico, e nuovi biomateriali. Ne abbiamo parlato con il professor Cravotto, che è il responsabile scientifico del progetto.
Cos’è l’idrodistillazione e a cosa serve? L’idrodistillazione è una tecnologia antica che sfruttava gli alambicchi. Oggi grazie all’impiego di reattori a microonde ha avuto una importante evoluzione in termini qualitativi e quantitativi. Sono infatti disponibili apparecchiature di dimensioni da laboratorio ma anche per impianti pilota, delle dimensioni di una grossa lavatrice, nella quale si inseriscono dei sacchi di cotone o di iuta, pieni di pianta umida. Nella base c’è uno strato di acqua che rende l’ambiente umido e, irradiando con microonde, la distillazione è molto rapida ed efficiente, con un grande risparmio energetico perché si scalda direttamente la pianta e non grandi volumi di acqua. È una tecnica consolidata con cui è possibile produrre anche grandi quantitativi di olio essenziale. È un metodo rapido per raccogliere l’olio essenziale ma anche l’idrolato, che è l’acqua di distillazione è comunque abbastanza profumata e può essere d’interesse per il settore cosmetico.
C’è anche un’altra tecnologia che state utilizzando? Sì, sempre per le varie parti della canapa, che possono essere i fiori, la pianta in toto o i germogli, abbiamo un’altra tecnologia su scala laboratorio, pilota e semi-industriale, dove tutto ciò che l’industria estrae con la percolazione idroalcolica, e quindi soluzioni con 60/70/80% di etanolo e 20/30/40% di acqua, noi lo estraiamo senza l’etanolo, che è infiammabile, costoso e ha tutta una normativa dedicata, e spesso richiede l’uso di impianti speciali. Per farlo utilizziamo l’acqua subcritica andando a utilizzare la matrice usata in precedenza per l’idrodistillazione, estraendo tutto quello che rimane. Volendo è una tecnica che si potrebbe utilizzare anche per i semi. La peculiarità è che si tratta di una tecnica, di cui abbiamo anche un brevetto, che permette di estrarre in elevata resa senza uso di alcol e con costi minori.
Che tipo di estratti si ottengono? Gli estratti ottenuti con acqua subcritica sono estratti totali: sali minerali, proteine, grassi, fibre solubili, tutti i metaboliti secondari, come i polifenoli contenuti nella pianta: si ottiene un fitocomplesso in cui tutto ciò che è contenuto nella pianta, passa nel mio estratto, a parte lignina e cellulosa. È una peculiarità quasi unica di questa tecnologia, che non si trova in altre. Altro vantaggio, più tecnico, è che l’estratto in acqua subcritica, si manda velocemente in camera di espansione in cui si ha una flash evaporazione, viene poi concentrato e poi passa in uno spray dryer, che ci consente di avere l’estratto secco, senza aggiungere maltodestrine. Questa tipologia di estratto non ha bisogno di additivi, si mette tal quale e io ho un estratto puro al 100%. La caratteristica, come detto, è che non ho selettività, viene estratto tutto.
Avete testato anche la CO2 supercritica? L’altro processo estrattivo che stiamo studiando è quello con la CO2 supercritica: se l’acqua subcritica non è selettiva, ma è molto efficiente, la CO2 supercritica è invece estremamente selettiva. Come uso industriale è più comune, ad esempio per estrarre selettivamente la caffeina e ottenere il caffè decaffeinato. Noi però abbiamo sviluppato un reattore che combina la CO2 supercritica agli ultrasuoni, con il vantaggio di ridurre enormemente i tempi di estrazione. Noi l’abbiamo utilizzata per estrarre olio dai semi di canapa, anche qui senza solventi organici. Una volta che i semi sono stati delipidati, e quindi dopo l’estrazione dell’olio, mi rimangono le proteine, che possono essere estratte ad esempio con la tecnica degli ultrasuoni, che per questo scopo è la tecnica migliore in assoluto e della quale in università siamo esperti perché ci lavoriamo da oltre 30 anni. Le proteine della canapa sono di elevato valore nutrizionale perché sono albumine e globuline facilmente digeribili, con tutti gli aminoacidi essenziali, non è una cosa comune in una proteina vegetale, tenendo presente che sono quelli che il nostro corpo non riesce a sintetizzare. Quindi per un vegano o un vegetariano sono l’ideale.
E dal punto di vista della ricerca sui biomateriali? Sulla canapa stiamo lavorando sia sulla fibra che sul canapulo micronizzato. Quando è micronizzata si può usare come filler – additivo – anche fino al 50% su polimeri anche di origine naturale, per ottenere materiali più leggeri, economici, e mantenendo ottime caratteristiche di resistenza e funzionalità. Stiamo pubblicando un lavoro proprio su questo utilizzo. Vicino al settore tessile sono altresì i nostri studi su tessuto-non-tessuto in cui si sfuttano tecnologie di miscelazione a caldo con polimeri basso-fondenti suguita da estrusione e pressatura. Il tessuto-non-tessuto non ha trama ed ordito ma con una specie di pannello molto sottile in cui la canapa può dare un grosso contributo di leggerezza, resistenza, isolamento termico e resistenza al fuoco. Abbiamo estrusori e presse che ci permettono di ottenere dei manufatti che possono inserirsi nei cicli produttivi dell’industria dei biomateriali – che è in espansione – e i pannelli in canapa che resistono al fuoco e sono ottimi dal punto di vista dell’isolamento e potrebbero sostituire materiali come poliuretani e polistiroli espansi.
MATCHING TRA PRODUTTORI ED OPERATORI DELL’HO.RE.CA.
Lunedì 18 marzo, Partinico. Quest’anno è la maestosa e scenografica cornice della Real Cantina Borbonica a fare da cornice al matching tra i produttori aderenti al marchio di qualità Travel&Taste e gli operatori del mondo della ristorazione e dell’hotellerie.
Unire produttori e comparto dell’Ho.Re.Ca, all’insegna del cibo a Km 0,sano e di qualità, è l’obiettivo principale dell’evento promosso all’interno del progetto Travel&Taste Golfo di Castellamare, finanziato dall’omonimo GAL, a valere sulla sottomisura 16.3 del PSR Sicilia 2014-2020.
La Real Cantina, vero e proprio gioiello dell’architettura rurale siciliana, ospiterà 30 produttoridella Sicilia Occidentale con una esposizione di oltre 150 prodotti, provenienti prevalentemente da agricoltura biologica o sostenibile, a rappresentare tutte le tipologie merceologiche utilizzate nel Food&Beverage. Accanto ai prodotti tradizionali anche tanti spunti originali per una ristorazione innovativa: dalla frutta tropicale, agli aceti ed olii aromatizzati, dalle confetture di ortaggi ai pesti vegani, dalla mortadella di suino siciliano alla pasta e alle farine di grani antichi, ma anche caffè e cioccolata artigianale.
Agli operatori dell’ospitalità e della ristorazione, che stringeranno accordi commerciali con almeno tre dei produttori presenti, il progetto riserva la possibilità di usufruire gratuitamente della campagna di promo-comunicazione che sarà realizzata nei prossimi mesi sia all’interno della Regione, sia in Italia e all’estero.
Ad aprire l’evento, alle ore 11:00, sarà il Sindaco di Partinico, Pietro Rao, insieme agli altri sindaci e responsabili del GAL Golfo di Castellamare. A seguire, fino alle 16:30, avrà luogo il matching, durante il quale i partecipanti avranno la possibilità di degustare i prodotti, conoscerne storia e particolarità oltre che confrontarsi direttamente con chi li produce.
L’iniziativa è organizzata dalla Pro Loco di Cesarò Partinico, Partner di progetto, in stretta sinergia con le altre Pro Loco UNPLI dei comuni di Balestrate, Cinisi, Terrasini Trappeto ed Ustica ed in collaborazione con il capofila Agrisocialnett e gli altri partner di progetto, APAS di Alcamo e T&T srl Territorio e Turismo di Palermo.
La partecipazione è gratuita ma aperta unicamente alle imprese della ristorazione(incluse pizzerie, enoteche, bar e similari) e dell’ospitalità(alberghi, B&B, agriturismi, case vacanze, ecc.) e agli esercizi specializzati nella vendita di produzioni tipiche e biologiche che si iscriveranno, entro e non oltre il 15 marzo, compilando l’apposito modulo disponibile al link https://golfodicastellammare.traveltaste.it/partecipa/
Non si fermano i successi del PROGETTO INPOSA, iniziativa di ricerca ed innovazione a valere sulla Sottomisura 16.1 del PSR Sicilia 2014-2022. Questa volta, il progetto è stato ammesso alla fase conclusiva del pei agri innovation awards 2024una grande soddisfazione ha dichiarato Maria Sabrina Leone, responsabile del Progetto INPOSA, quest’ammissione è per noi già da sola una vittoria, nostra ma anche della Sicilia che siamo onorati di rappresentare.
E’ doveroso ricordare che INPOSA è frutto dell’impegno di tutti i Partner del Gruppo Operativo ma anche della fiducia e del costante supporto tecnico ricevuto dall’Assessorato e dagli uffici periferici a cui va il nostro più caloroso ringraziamento.
È
Guglielmo Manenti dell’azienda Manenti Vini il nuovo presidente del
Consorzio di Tutela dei vini Cerasuolo di Vittoria Docg e Vittoria
Doc. Vicepresidente è stato eletto Alessio Planeta dell’omonima
casa vitivinicola. L’elezione è avvenuta stamani nel corso della
prima seduta del nuovo CdA.
È
stato eletto Guglielmo
Manenti,
titolare dell’azienda Manenti Vini, alla guida del Consorzio
di Tutela dei vini Cerasuolo di Vittoria Docg
e Vittoria
Doc per
il prossimo triennio. L’elezione è avvenuta stamani, nella prima
riunione del CdA del Consorzio eletto lo scorso 26 febbraio.
Vicepresidente
è stato eletto Alessio Planeta (Planeta Vini) mentre consiglieri
sono Francesco Ferreri (Donnafugata), Beniamino Fede (Azienda
Agricola Fede) e Marco Parisi (Feudi del Pisciotto). Manenti succede
ad Achille Alessi che, con grazie alla preziosa collaborazione dei
suoi consiglieri e il contributo dei vari associati, ha saputo
rilanciare l’immagine dell’unica Docg della Sicilia attraverso
numerose azioni di promozione e comunicazione. Ed è su questa strada
già tracciata che il nuovo presidente intende proseguire con
l’obiettivo di raggiungere nuovi ed importanti traguardi, riflesso
di un consorzio dinamico e coeso.
«Continueremo
ed evolveremo la linea tracciata dal precedente CdA – dichiara il
neopresidente, Guglielmo Manenti-.
Abbiamo molti progetti e idee in cantiere che vanno dalle attività
promozionali, come CeraSoul
e la presenza in alcune fiere di settore, al sostegno di progetti di
ricerca riguardanti la difesa fitosanitaria e la valorizzazione delle
cultivar locali. Importante sarà il coinvolgimento ed il contributo
di tutti i soci del Consorzio, parte attiva delle decisioni che
questo CdA prenderà nei mesi a venire, così come sarà fondamentale
la sinergia stretta con l’Enoteca Regionale con sede a Vittoria e
con la Strada del Vino del Cerasuolo di Vittoria dal Barocco al
Liberty per avviare progetti comuni di promozione del territorio».
Il
Consorzio di Tutela
dei vini Cerasuolo di Vittoria DOCG e Vittoria DOC
si occupa della tutela e valorizzazione dell’unico vino DOCG della
Sicilia nonché dei vini che rientrano nella DOC Vittoria. Il
Cerasuolo di Vittoria in particolare deve la sua preziosità alla
virtù dei vitigni autoctoni che lo compongono (Nero d’Avola e
Frappato), alla magia del clima e alla diligente coltura ad opera di
appassionati operatori. Il Consorzio rappresenta circa il 90% dei
produttori delle province di Ragusa, Catania e Caltanisetta, che sono
le aree di produzione del vino Cerasuolo di Vittoria. Questo
organismo ha dunque una costante vigilanza sulla qualità del
prodotto ed una oculata opera di promozione svolta a favore di queste
perle enologiche. Per maggiori informazioni www.cerasuolovittoria.it
Qui
sotto si riportano gli ultimi dati produttivi che si riferiscono alla
vendemmia 2023:
Si chiama “Food for profit” il documentario di Giulia Innocenzi e Pablo D'Ambrosi che porta alla lce gli orrori degli allevamenti intensivi di tutta Europa. Smascherando anche il sisquo che lega lobby e istituzioni
Food for profit è il nuovissimo documentario diretto da Giulia Innocenzi e Pablo D'Ambrosi che mostra il collegamento tra industria della carne, lobby e potere politico. Un’inchiesta che è durata più di 5 anni, volta a portare alla luce gli orrori degli allevamenti intesivi in giro per l’Europa e le iniquità del sistema. A tutti i livelli, soprattutto istituzionali. Smascherando conflitti di interesse, ipocrisie, occultamenti che hanno come comun denominatore i palazzi del potere. Da Bruxelles alle campagne più industrializzate, la giornalista Giulia Innocenzi in prima persona si confronterà con allevatori, multinazionali e politici. Un viaggio scioccante ma al tempo stesso che fa aprire gli occhi su un argomento fondamentale per la salute pubblica e per l’ambiente. In questo video il trailer.
Food for profit è un lavoro monumentale all’interno del sistema degli allevamenti intensivi di tutta Europa. Grazie a una rete di infiltrati che hanno lavorato sotto copertura in questi campi di concentramento per animali, si mostrano le barbarie compiute quotidianamente dietro la produzione di carne e formaggi. Giulia Innocenzi e Pablo D’ambrosi svelano anche la connivenza delle istituzioni che finanziano con i soldi pubblici questo sistema iniquo e corrotto. Non solo dal punto di vista dei diritti degli animali ma anche per quanto riguarda l’inquinamento delle acque, lo sfruttamento dei migranti, la perdita di biodiversità. Nel documentario si mostrano scene forti che non hanno il solo scopo di scioccare ma di mettere lo spettatore davanti a delle verità che non possono essere taciute. Anche alla luce delle politiche europee, come il Green Deal o il PAC, dichiarate dai giornalisti di Food for profit inefficaci e poco penetranti, nonché complici del finanziamento di questo sistema. Intento di Giulia Innocenzi e Pablo D’ambrosi non è quello di far smettere di mangiare carne, ma solo far aprire gli occhi su quello che accade alla luce del sole a tutti i livelli, anche politici.
“C'è un conflitto di interessi tra eurodeputati e lobby della carne”.
Il Position paper analizza i mezzi per preservare i cosiddetti “servizi ecosistemici”, che gli ecosistemi apportano al benessere umano. Tra le principali attività di tutela, il Gruppo di lavoro 11 dell’Alleanza ha individuato lo strumento della ‘perequazione territoriale’, volta ad attribuire un valore uniforme a tutte le proprietà che possono concorrere alla trasformazione di uno o più ambiti del territorio, a prescindere dall’effettiva possibilità di edificare.
Secondo il Paper, sono fondamentali anche i Pagamenti dei servizi ecosistemici (Psea), strumenti che obbligano i beneficiari di un certo servizio ecosistemico (come i coltivatori, nell’utilizzo dell’acqua) a pagare per la preservazione e il miglioramento del capitale naturale utilizzato. Il Position paper raccoglie una serie di proposte e le buone pratiche prese in esame su scala nazionale.
A livello nazionale, la Legge n. 221 del 2015 all’art. 67 ha disposto l’istituzione del Consiglio del Capitale naturale e la realizzazione dell’annuale Rapporto sullo stato del Capitale naturale in Italia. All’art. 70 la stessa legge aveva inoltre disposto una delega al Governo per l’introduzione di un sistema di “Pagamento dei Servizi Ecosistemici e Ambientali” (PSEA) che non è stata esercitata. I principi e criteri direttivi per i decreti legislativi prevedevano:
a) la remunerazione di una quota di valore aggiunto derivante dalla trasformazione dei servizi ecosistemici e ambientali in prodotti di mercato, fermo restando la salvaguardia nel tempo della funzione collettiva del bene; b) l’attivazione, specialmente in presenza di un intervento pubblico di concessione di un bene naturalistico di interesse comune, per mantenere intatte o incrementare le sue funzioni; c) l’individuazione dei servizi oggetto di remunerazione, specificando il loro valore, gli obblighi contrattuali e le modalità di pagamento; d) la remunerazione in ogni caso dei servizi di fissazione del carbonio, regimazione delle acque, salvaguardia di biodiversità e qualità paesaggistiche, produzione energetica, pulizia e manutenzione dell’alveo di fiumi e torrenti; e) il riconoscimento del ruolo svolto dall’agricoltura e dal territorio agroforestale; 14 IL RUOLO, LA VALORIZZAZIONE E IL PAGAMENTO DEI SERVIZI ECOSISTEMICI f) meccanismi di incentivazione attraverso cui creare programmi con l’obiettivo di remunerare gli imprenditori agricoli che proteggono, tutelano o forniscono i servizi; g) il coordinamento e la razionalizzazione di ogni altro analogo strumento e istituto già esistente in materia; h) l’individuazione di beneficiari finali nei comuni, le loro unioni, le aree protette, le fondazioni di bacino montano integrato e le organizzazioni di gestione collettiva dei beni comuni; i) forme di premialità a beneficio dei comuni, che utilizzano sistemi di contabilità ambientale. Anche se i decreti attuativi non sono stati emanati, l’art. 70 della Legge n. 221 del 2015 fornisce comunque un quadro di riferimento interessante, sia per il legislatore nazionale che per quelli regionali.
La riforestazione ha frenato il mutamento del clima negli Stati Uniti orientali
La diffusione degli alberi con la riforestazione iniziata negli anni ’30 del XX secolo, spiega uno studio dell’Università dell’Indiana, ha saputo mitigare l’effetto del clima. Raffreddando gli USA orientali mentre il resto del Paese si riscaldava
di Matteo Cavallito
La diffusione degli alberi determinata dalla significativa riforestazione sperimentata dagli Stati Uniti nel secolo scorso avrebbe contribuito a contrastare l’aumento delle temperature. Un fenomeno che evidenzia il potenziale espresso dalle aree boschive nella mitigazione climatica. Lo rileva uno studio dell’Università dell’Indiana pubblicato sulla rivista Earth’s Future.
Gli USA orientali si sono raffreddati di 0,3 gradi in cento anni
Tra la fine del XVIII e l’inizio del XX secolo, segnala una nota diffusa dai ricercatori, gli Stati Uniti hanno sperimentato un’ampia deforestazione legata allo sfruttamento del legname e all’espansione dell’agricoltura e dell’allevamento con perdite superiori al 90% della copertura in alcune aree. A partire dagli anni ’30 del Novecento la tendenza si è invertita con un progressivo ritorno degli alberi. Da allora la ricrescita ha interessato circa 15 milioni di ettari di foresta.
Nello stesso periodo, notano gli scienziati, il riscaldamento globale ha provocato un rialzo delle temperature pari a 0,7°C di media in tutto il Nord America. Tra il 1900 e il 2000, tuttavia, la costa orientale e il sud-est si sono raffreddati di circa 0,3 gradi. Perché? Studi precedenti hanno suggerito che il raffreddamento potrebbe essere stato causato da vari fattori, inclusi l’attività agricola e l’aumento delle precipitazioni. Queste ricerche, osservano però gli studiosi, non avevano preso in considerazione le foreste come possibile spiegazione dell’anomalo e diffuso raffreddamento.
Gli alberi sono stati il fattore decisivo
Utilizzando una combinazione di dati provenienti dai satelliti e da 58 torri meteorologiche per confrontare le foreste con i pascoli e i terreni coltivati vicini, gli autori hanno esaminato gli effetti dei cambiamenti nella copertura forestale sulle temperature della superficie del suolo. “Le foreste degli Stati Uniti orientali raffreddano la superficie terrestre di 1-2°C all’anno rispetto alle vicine praterie e coltivazioni, con un effetto massimo a mezzogiorno durante la stagione di crescita, quando l’abbassamento della temperature oscilla tra 2°C e 5°C”, afferma lo studio.
Le foreste più giovani, con un’età compresa tra i 20 e i 40 anni, “hanno il più forte effetto refrigerante sulla temperatura superficiale.
Ma le scoperte non finiscono qui. L’analisi storica della copertura del suolo e dei dati meteorologici giornalieri di 398 stazioni meteorologiche dal 1900 al 2010, infatti, “ha dimostrato che i benefici della riforestazione in termini di raffreddamento si estendono a tutto il paesaggio”. In particolare, “le zone circostanti sono risultate fino a 1°C più fresche rispetto alle località vicine che non hanno subito cambiamenti nella copertura del suolo mentre le aree dominate da foreste in ricrescita mostrano una tendenza al raffreddamento in gran parte degli Stati Uniti orientali”.
Le foreste sono una risorsa per la mitigazione delle temperature
A contribuire all’abbassamento delle temperature, rilevano i ricercatori, sono stati anche altri fattori come, ad esempio, i cambiamenti nell’irrigazione agricola. Ma la riforestazione, in definitiva, ha avuto il ruolo più importante nel determinare l’anomalia del raffreddamento. Oltre a riaccendere i riflettori sul noto potenziale di mitigazione degli alberi, lo studio evidenzia dunque “il potenziale della riforestazione come strategia locale di adattamento al clima nelle regioni temperate”.
In queste zone, spiega la ricerca, la diffusione degli alberi “potrebbe fornire una serie di benefici complementari: mitigare i cambiamenti climatici rimuovendo l’anidride carbonica dall’atmosfera e, allo stesso tempo, raffreddare le temperature della superficie e dell’aria su aree ampie”.
Tuttavia, in ambienti diversi come le regioni boreali coperte di neve, l’aggiunta di alberi potrebbe avere un effetto riscaldante mentre in alcuni luoghi il rimboschimento potrebbe anche influenzare le precipitazioni e altri processi determinando svantaggi. Per questo le politiche di gestione del territorio devono quindi considerare vari fattori ambientali nel valutare l’utilità delle foreste come strumento di adattamento al clima.