lunedì 29 gennaio 2024

IL CANNOLO PIÙ LUNGO È SICILIANO. ARRIVA IL VERDETTO UFFICIALE DA LONDRA


Secondo la leggenda la nascita dei cannoli sarebbe avvenuta a Caltanissetta, “Kalt El Nissa” locuzione che in arabo significa “Castello delle donne”, 
a quei tempi sede di numerosi harem di emiri saraceni.

 


E’ Guinness world record, a Caltanissetta si realizza il cannolo più lungo del mondo: 21 metri e 43 centimetri Il super cannolo è stato farcito con settecento chili di ricotta.

Il cannolo non è un prodotto tipico, ma  un prodotto identitario, per leggenda,  storia  e cultura locale ha affermato   NinoSutera

Nell’ambito della manifestazione  si è svolto  un mo­men­to di con­fron­to con le ca­te­go­rie pro­dut­ti­ve in vi­sta dei la­vo­ri per l’avvio del percorso Borghi GeniusLoci De.Co. con la partecipazione, tra gli altri,   del Vice Sindaco  Grazia Giammusso e gli Assessori    Marcella Natale  e Fabio Caracausi, il Presidente di Ri­sto­world, Mar­cel­lo Pro­iet­to di Sil­ve­stro,  il Direttore Andrea Finocchiaro,  il Mae­stro Pa­stic­ce­re Lil­lo De­fra­ia, e Nino Sutera che ha conferito il riconoscimento di Custode dell'identità Territoriale  al Sindaco della Città.

Questo accadeva l’11 settembre del 2022.

 Madrina dell’evento Anna Martano,

 prefetto per la Sicilia dell’Accademia Italiana Gastronomia e Gastrosofia


Ora è ufficiale: 

a comunicarlo, assieme al detentore Defraia, il past president Ristoworld Italy,  e Marcello Proietto Di Silvestro     

«Con nota del 22 gennaio scorso – commentano i due organizzatori - il Guinness World Records ha ufficialmente comunicato la convalida del record e l’iscrizione del primato che ci riempie di gioia e premia un lavoro corale di oltre 4 anni. Il cannolo più lungo del mondo è siciliano.

Nei prossimi i giorni il dettaglio delle ultime fasi di convalida sarà illustrato nel corso di una conferenza stampa a Palazzo di Città di Caltanissetta, alla presenza del sindaco Roberto Gambino e dei rappresentanti politico istituzionali del territorio che hanno fortemente voluto questo momento di crescita e condivisione.

La Città di caltanissetta ha avviato il percorso per la De.Co. (Denominazioni Comunali) ha affermato  NinoSutera

Attraverso la De.Co. il "prodotto" del Territorio acquista una sua identità.” Rappresenta un concreto strumento di marketing territoriale, ma soprattutto un’importante opportunità per il recupero e la valorizzazione delle identità e le unicità locali. La De.Co. è “un prodotto del territorio” (un piatto, un dolce, un sapere, un evento, un lavoro artigianale, etc) con il quale una comunità si identifica per elementi di unicità e caratteristiche identitarie, deve essere considerata come una vera e propria attrazione turistica capace di muovere un target di viaggiatori che la letteratura internazionale definisce “foodies” viaggiatori sensibili al patrimonio culinario locale e non solo.

«La denominazione comunale (De.Co.) “Borghi Genius Loci” è un atto politico, nelle prerogative del Sindaco,che afferma il suo primato nel territorio, che presuppone una conoscenza del passato, un’analisi del presente ed una progettualità riferita al futuro. Il tutto nell’ottica del turismo enogastronomico, che se ben congegnato e gestito, costituisce una vera e grande opportunità per lo sviluppo dell’economia locale, specie per le piccole comunità rurali, che nei rispettivi prodotti alimentari e piatti tipici hanno un formidabile punto di forza attrattiva nei confronti del visitatore. 



venerdì 26 gennaio 2024

La PAC al capolinea?

 NinoSutera

Uno degli obiettivi dei padri fondatori della comunità economica europea,CEE così si chiamava una volta,  era quella di assicurare pace e prosperità al suo popolo.       

       Per fare ciò, il mondo agricolo, che rappresentava la fetta più consistente dell'Europa unita è stata destinataria di finanziamenti a go-go rendendola da una parte un oasi, dall’altra dipendente dall’assistenza. Nell’Europa agricola, qualsiasi cosa è stata oggetto di finanziamento pubblico attraverso la PAC. In parole povere assistenza pura, certo non tutti gli agricoltori ne hanno beneficiato in ugual misura, ma tutti si.(oltre il 70% del bilancio EU era assorbito dalle provvidenze al mondo agricolo)  Chiaramente in un Europa a 9 o a 15 tutto era molto più semplice, in un Europa allargata, un pò meno, in pratica non ci sono più le risorse per tutti, anche perchè le priorità sono cambiate. Le politiche a favore dell’ambiente non c’entrano niente, non sono responsabili della crisi, semmai l’aumento dei costi di produzione a causa della guerra si, sono i responsabili numero uno, anche se non da soli. Per fare un esempio, il costo del carburante agricolo prima della guerra era di 0.67 centesimi di euro, oggi 1.20 euro.

            Solo per i non addetti ai lavori la responsabilità è da addebitare al Farm to Fork. Una strategia chiave dell’Unione europea nell’ambito del Green Deal, con l’obiettivo di rendere il sistema alimentare più sostenibile dal punto di vista ambientale e a migliorare la salute dei cittadini.Al contrario Farm to Fork rappresenta un opportunità dell’Europa Agricola, del sud Europa, dove come è noto le condizione agroclimatiche consentono di produrre nel pieno rispetto dell’ambiente e della natura, anche con basso apporto di mezzi tecnici (chimica in primes, pesticidi, che come è stato accertato dalla ricerca, proprio bene bene alla salute e all'ambiente,non fanno) 
           Fatto non secondario, che le politiche del Farm to Fork sono state "imposte" dai cittadini consumatori europei, che non sono più disponibili a pagare le tasse per finanziare il bilancio EU e quindi il mondo agricolo, senza che questi assumano impegni certi a difesa dell'ambiente e del prossimo.

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, lancerà formalmente il Dialogo strategico dell’Ue sul futuro dell’agricoltura, che sarà presieduto dal professore tedesco Peter Strohschneider e a cui parteciperanno diverse organizzazioni di settore.“E’ chiaro che dobbiamo agire per il futuro del comparto agroalimentare europeo, dobbiamo assicurarci che rimanga competitivo ma con un reddito adeguato per gli agricoltori e le imprese lungo la catena”, ha sottolineato il vicepresidente della Commissione europea per il Green Deal, Maros Sefcovic, presentando   l’iniziativa in audizione in commissione agricoltura e sviluppo rurale (Agri) del Parlamento europeo.Il punto in Parlamento arriva dopo il passaggio che il vicepresidente ha fatto ieri al Consiglio Ue Agricoltura per discuterne con i ministeri competenti. “Molti ministri hanno sollevato la questione di riuscire a trovare un equilibrio tra competitività dell’agricoltura e i limiti planetari, chiedendo misure e strumenti concreti”, ha sintetizzato il vicepresidente, definendo “tempestivo e necessario” il dialogo, da cui la Commissione spera di trarre un “nuovo consenso”. Secondo le indicazioni fornite da Sefcovic, il dibattito partirà giovedì e si concluderà quest’estate, con incontri ogni 4-6 settimane e un portale per raccogliere i contributi.I primi risultati del Dialogo dovrebbero arrivare a settembre, quindi dopo le elezioni europee (6-9 giugno) e in tempo per l’avvio del nuovo ciclo istituzionale. Sefcovic ha ricordato che a guidare il dialogo nei prossimi mesi sarà il professore tedesco Peter Strohschneider, che “informerà regolarmente” l’Europarlamento, come il collegio dei commissari e il Consiglio. Sefcovic ha sottolineato ancora che durante il Dialogo sarà affrontato il tema di come trasformare “questa transizione in un vero modello di sviluppo”.Il confronto tra agricoltori, cooperative, imprese agricole e organizzazioni non governative e rappresentanti della società civile, spiega   una fonte Ue, servirà a mettere a fuoco sfide e opportunità per la filiera, come il reddito per gli agricoltori e le comunità rurali, il sostegno all’agricoltura “entro i confini del nostro pianeta” e dei suoi ecosistemi, lo sfruttamento delle enormi opportunità offerte dalla conoscenza e dall’innovazione tecnologica e la promozione di un futuro prospero per il sistema alimentare dell’Ue in un mondo competitivo.Il vicepresidente ha esordito in commissione parlando delle proteste degli agricoltori e associazioni di categoria che stanno incendiando vari Paesi in Europa, dalla Germania alla Francia alla Polonia, all’Italia. “Dobbiamo fare di più rispetto a quanto abbiamo fatto, siamo orgogliosi di quello che sta facendo il comparto per quanto riguarda la sicurezza alimentare e il massiccio contributo all’economia europea e alla transizione gemella, verde e digitale”, ha aggiunto. Proprio questa mattina, oltre un centinaio di manifestanti hanno occupato la piazza davanti al Parlamento europeo contro le tasse sul carburante e contro alcune politiche agricole dell’Unione europea. Al centro delle proteste “l’aumento delle tasse sul carburante dei trattori in Francia, come in Germania” ma anche il fatto che le istituzioni europee “continuano a importare beni agricoli da Paesi terzi che non hanno le stesse restrizioni ambientali che abbiamo in Ue”, spiega uno dei manifestanti, appartenente al sindacato agricolo degli agricoltori francesi, Coordinamento Rurale, riconoscibile dal gilet giallo.

 

 

 

giovedì 25 gennaio 2024

Pellegrino Artusi e Gualtiero Marchesi

 

Artusi e Marchesi  da "Custodi dell'Identità Territoriale" alla nidiata di tanti bravi allievi della cucina italiana   

L'avete mai visto uno che è tifoso della Juve e dell'Inter contemporaneamente? 
..No. Ecco in cucina è la stessa cosa, non si può essere cuoco italiano e  contemporaneamente ispirarsi a un big francese, a dir poco si è affetti di una profonda crisi di identità culinaria

  Dall’incrocio di Pellegrino Artusi e di Gualtiero Marchesi hanno generato una squadra attenta di giovani cuochi italiani bravi, non chiamiamoli “chef” non sono subalterni ai francesi, ma alternativi, lo dimostra anche il fatto che nel mondo si magia italiano e non francese.



 Gualtiero Marchesi: la vera cucina è saper mangiare bene

"Ho imparato tutto da lui: alla sera tardi per ore si parlava di piatti. Assaggiavo esperimenti, novità, su forchette e cucchiai strani. E sempre mi diceva: “ la vera cucina è saper mangiare bene”, non andava d’accordo con il Pellegrino… ma da giovane lesse più volte il libro del romagnolo scritto nel 1891 all’età di oltre settantanni recuperando ricette altrui.

La vera differenza tra Artusi e Marchesi

Una grande differenza fra loro era il modo di porsi in cucina davanti al fornello e nella creatività e scoperta di una ricetta. Artusi ha voluto soprattutto raccontare la cucina degli italiani che avevano perso, dimenticato, abbandonato; mentre Marchesi ha contribuito a creare un modo di vivere la cucina e la tavola insieme.

Pellegrino Artusi

Artusi non volle mai codificare o uniformare o catalogare la cucina italiana… la sua formazione letteraria e linguistica e il fatto di “raccogliere” ricette segnalate non lo fa un cuoco, ma più uno “scalco” nuova maniera.

Con la fine del Settecento la cucina italiana-medioevale-rinascimentale finisce, finisce con la fine degli “scalchi” figure particolari fra la cucina e la tavola aristocratica che non solo erano bravi macellai e tagliatori di carni, grandi ortolani, esperti di condimenti, bravi pescivendoli o pasticceri… ma soprattutto sapevano raccontare a voce la ricetta ai commensali del principe.

La cucina francese, nata dopo che Caterina de’ Medici regina di Francia importò dalla Toscana tante ricette italiane oltre che l’uso della forchetta allora ignota ai francesi, perdurò per molto tempo, ma l’Artusi favorì un risveglio nazionalistico, fortemente antagonista. Artusi propone una cucina italiana domestica, capace di esaltare lo stile di vita mediterraneo  ed emotiva, contro una cucina francese che non disponevano degli alimenti mediterranei, e quindi si ispiravano a quelli nordici (basta ricordare che la cucina francese ha sos

tituito l’olio EVO con il burro, ma l’elenco degli esempi è lunghissimo)

… l’Artusi fu il primo blogger gastronomico

E’ da quel momento che la cucina italiana si propone come arte del divenire, delle molteplici interpretazioni e della condivisione rispetto ad un sapere omologato non modificabile. Inoltre l’Artusi fu il primo blogger gastronomico: pochissime ricette del suo libro prevedono un suo intervento, quasi tutte arrivano dalle lettere scambiate con le cuoche di tante case italiane.

… la pasta come elemento base del menu italiano

La prima edizione del libro “artusiano” riporta 475 ricette, l’ultimo 790 nell’arco di 20 anni di continui aggiustamenti.  Ad Artusi non si devono ricette, ma la scelta di porre “ la pasta” come elemento base del menù italiano. E’ in quegli anni di fine XIX° secolo (1891-1905) che nascono tante ricette di pasta, come il piatto “discriminante” di una tavola, di una regione, di un menù. E’ la pasta che rende la tavola veramente artigianale e biodiversa: rileggendo per esempio le ricette degli spaghetti o delle paste ripiene si nota come la omogeneità della produzione della pasta  sia poi firmata territorialmente da alcuni ingredienti unici esclusivi di un territorio.

In Italia ci si dimenticò totalmente della “cucina artusiana” pensando addirittura per anni (secondo dopoguerra fino agli anni ’70) ad una soluzione industriale della tavola e della cucina, preconizzando “pillole” tutto fare. Fortunatamente per l’Italia  nacque la generazione (in cucina) di cuochi “marchesiani” che non lasciarono dimenticare la storia artusiana e non si lasciarono abbindolare dalla regolarità  matematica e schematica delle salse, sughi, temperature, abbinamenti lineari della cucina francese che in ogni caso è confinata solo in Francia




sabato 20 gennaio 2024

Le Siringate, una prelibatezza identitaria

 Santa Margherita Belice (Agrigento), ha adottato il percorso Borgo GeniusLoci De.Co. Un percorso culturale che prevede un modello dove gli elementi essenziali di relazionalità sono territorio – tradizioni – tipicità (intesa come specificità) – tracciabilità – trasparenza, che rappresentano la vera componente innovativa, da condividere con il territorio e per il territorio. Il percorso Borghi  GeniusLoci De.Co. mira a salvaguardare e valorizzare il “locale”, rispetto al fenomeno della globalizzazione, che tende a omogeneizzare prodotti e sapori. Il GeniusLoci rappresenta l’essenza, l’identità di un territorio; a esso appartengono le immagini, i colori, i sapori e i profumi dei paesaggi. 

 


Una attenta ricerca storica del professore Andrea Randazzo, sull’origine del prodotto simbolo e identitario di Santa Margherita Belice, le “siringate”, racconta che con la venuta degli Spagnoli in Sicilia, nel 1516 con re Carlo V d’Asburgo, il settore culinario e dolciario si arricchì di nuovi prodotti. Come i famosi Churros (siringate) che in Sicilia, non riscossero la medesima popolarità che avevano ed hanno nei paesi di lingua spagnola, dovuto, probabilmente, al nostro largo uso di cannoli, cassatelle e sfingi, portati in Sicilia dagli Arabi. I churros e le siringate di Santa Margherita di Belìce sono simili nella forma e nel colore ma diversi nella sostanza: i primi sono fatti, in ordine di quantità, di acqua, farina, burro, uova, zucchero e sale; i secondi, di ricotta, farina, miele, zucchero, uova, cannella e scorza d’arancia grattugiata.

I bene informati, raccontano che a fare le prime siringate di ricotta fu la moglie di un pastore margheritese, che viveva nel lontano feudo Meccina col marito e la loro numerosa prole. In estate, le pecore, come è noto, producono poco latte e di conseguenza i pastori ottengono limitati quantitativi di ricotta; a quei tempi non esistevano frigoriferi e l’unico metodo di conservazione della ricotta consisteva nel salarla ed esporla al sole. Quando il curatolo raggiungeva una consistente quantità di ricotta salata andava in paese a venderla. Un giorno la donna, vedendo il marito immergere il formaggio appena fatto nel siero bollente per non guastarsi, pensò di mettere la ricotta nell’olio bollente ottenendo un dolce che piacque ai suoi figli, e, soprattutto, si conservava bene per alcuni giorni.


Poi, per migliorare la cottura, fece dei cilindretti adoperando l’imbuto di latta con cui il marito durante l’inverno faceva la salsiccia. A poco a poco, aggiunse altri ingredienti ottenendo, infine, una vera prelibatezza. Un giorno il conte Lucio Mastrogiovanni Tasca, marito della principessa Giovanna Filangeri la quale amava trascorrere diversi mesi all’anno nel suo sontuoso palazzo di Santa Margherita di Belice, si trovò a passare per quella masseria, dopo un’estenuante battuta di caccia con i suoi amici. La moglie del pastore molto imbarazzata non sapeva cosa offrire a quel nobile signore che, fra l’altro, era anche il proprietario del feudo e degli armenti. Prese del pane appena sfornato, lo condì con olio, sarde, vastedda ed origano; infine, alquanto timorosa, prese un canestro colmo di siringate e gliele porse.

Don Lucio e i suoi amici, credendo che fossero i comuni churros, ne presero qualcuno per non essere scortesi, ma appena li assaggiarono, una dopo l’altra le finirono tutte. Il conte prima di ripartire invitò la donna a recarsi a casa sua per insegnare alla loro cuoca a fare quei dolcetti tanto squisiti. Anche alla principessa Giovanna le siringate di ricotta piacquero tanto, così cominciò a offrirle a tutte le sue amiche che andavano a trovarla; e durante il carnevale interi vassoi di siringate venivano offerti a tutte le maschere che andavano a ballare nel suo palazzo. E così, quei gustosi dolcetti che piacevano tanto alla principessa Filangeri, che a Santa Margherita di Belice era trattata da tutti come una regina, divennero popolari non solo tra le famiglie abbienti ma tra tutti i margheritesi.

La ricetta

Ingredienti
gr. 500 di ricotta,
gr. 150 di zucchero,
gr. 200 di farina,
due uova, gr.
200 di miele,
olio extravergine di oliva.

Preparazione
Battete le uova con lo zucchero e il composto ottenuto incorporatelo alla ricotta che avrete precedentemente setacciato. Aggiungete la farina e amalgamate con cura fino a ottenere un impasto consistente (regolate la consistenza aggiungendo se necessario altra farina). Passare la ricotta così amalgamata in una grossa siringa per dolci dello spessore di un dito e versarla a “siringate” nell’olio caldo a friggere. Appena saranno dorati, sgocciolateli e poneteli su carta da cucina a perdere l’unto in eccesso. Irrorate con il miele fuso a bagnomaria e
servite.

venerdì 19 gennaio 2024

Quaderno sulle città resilienti

 

Verso città resilienti: gli interventi del Programma sperimentale per l’adattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano



Il presente Quaderno offre una panoramica delle azioni proposte dai comuni italiani partecipanti al Programma sperimentale di interventi per ladattamento ai cambiamenti climatici in ambito urbano, lanciato nel 2021 dal Ministero della Transizione Ecologica (oggi Ministero per l’Ambiente e per la Sicurezza Energetica), in collaborazione con ISPRA e ANCI.



Tale iniziativa, prima assoluta in Italia su questo tema, ha lo scopo di “aumentare la resilienza dei sistemi insediativi soggetti ai rischi generati dai cambiamenti climatici, con particolare riferimento alle ondate di calore e ai fenomeni di precipitazioni estreme e di siccità”. Gli interventi proposti dagli 80 comuni ammessi a finanziamento sono attualmente in corso di realizzazione e verranno ultimati entro la fine del 2024, salvo proroghe. Le schede descrittive degli interventi inserite nel Quaderno intendono proporre, pertanto, un quadro utile a facilitare la disseminazione delle informazioni e delle conoscenze sui progetti in corso, segnalandone i benefici ambientali e socio-economici attesi e fornendo indicazioni finalizzate ad evitare effetti negativi/maladattamento.

L’ultimo Rapporto del Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici delle Nazioni Unite (IPCC, 2021) conferma l’incremento in atto delle temperature a livello globale, con effetti potenzialmente devastanti sull’ambiente, sull’economia e su molti aspetti della vita umana. Oltreché agire con estrema rapidità attraverso l’implementazione di politiche di riduzione dei gas serra (mitigazione), per evitare che la temperatura globale aumenti ancora e che, di conseguenza, si verifichino impatti a cui la società umana attuale non sia in grado di adattarsi, è altrettanto necessario e urgente mettere in atto politiche di adattamento ai cambiamenti climatici, finalizzate a gestire gli impatti ormai inevitabili attraverso la riduzione delle vulnerabilità e dell’esposizione al rischio di persone, beni, infrastrutture, servizi. Anche in caso di successo completo delle politiche di mitigazione, infatti, sarà comunque necessario adattarsi agli impatti già in corso e preparare le nostre società ai cambiamenti attesi nel prossimo futuro. Con il Green Deal, il continente europeo si è posto due grandi obiettivi sul fronte del cambiamento climatico: diventare “climaticamente neutro entro il 2050” e “plasmare un’Europa resiliente ai cambiamenti climatici” (EC, 2019). Otto anni dopo il primo quadro strategico (EC, 2013), con la nuova Strategia di adattamento ai cambiamenti climatici (EC, 2021), la Commissione europea ha voluto rendere più ambiziosa l’azione finalizzata a fronteggiare “gli impatti inevitabili” di fenomeni meteorologici estremi sempre più frequenti e intensi come ondate di calore mortali, siccità devastanti, precipitazioni record, che ogni anno provocano nell’UE perdite economiche di 12 miliardi di euro, oltre ad un elevatissimo bilancio di morti e feriti.

quaderno



 

Tra storia e leggenda, ecco l’Ovamurina di Sciacca

 

                Il nostro obiettivo è accompagnare la valorizzazione dei simboli della nostra terra, il profumo del nostro mare, uniti alle bellezze ambientali. In questo percorso, chef, gastronauti, giornalisti, sommelier, associazioni, pro-loco, intenditori e appassionati, sono partners privilegiati, a divenire Custodi dell’identità territoriale. La “fusione” tra coscienza collettiva e patrimonio culturale è l’obiettivo portante. La pasticceria conventuale, probabilmente, è stata la salvezza del patrimonio dolciario della Sicilia. Nei conventi sono nate le creazioni più sofisticate della dolciaria isolana e si sono mantenute altre tradizione che in altro modo sarebbero scomparse, basti nominare il cannolo, o le ‘mpanatigghe modicane. Sciacca, per esempio, una città piccola ma importante sotto il profilo storico, un tempo era uno dei caricatori di grano più importanti della Sicilia. Qui esistono diversi conventi, tra cui quello della ‘Badia Grande’, sito nel quartiere antico di San Michele nella parte alta di Sciacca.

Tra storia e leggenda

Nel convento della ‘Badia Grande’ nasce un dessert che fino agli anni ’50 era possibile acquistare tramite le grate del convento di clausura, l'”ovamurina”, un sapore antico, con diversi gusti sprigionati dai suoi ingredienti sapientemente accostati e mai mischiati, così che in bocca ognuno di essi possa esprimere la sua identità e la sua fragranza. Dell’ovamurina, nella città di Sciacca esistono diverse varianti e tutte le custodi di tali varianti assicurano, ovviamente, che la loro è quella originale.  Tra le diverse narrazioni sulla nascita della ricetta, quella più accreditata parla del 1600.


 

Ma va fatta una precisazione: la ricetta dell’ovamurina nasce per sostituire il cannolo in estate. Infatti, la ricotta era poco reperibile in quel periodo. L’ovamurina, in pratica è molto simile al cannolo, con una ‘scorcia’ esterna, fritta e resa croccante dai pezzi di mandorle e con all’interno crema bianca. L’ovamurina è una reminiscenza araba che si accosta ai sapori del nuovo mondo, infatti mandorle, zucchero e cannella incontrano la zucchina siciliana, la fecola di mais e il cioccolato. È un dessert che non si trova facilmente nelle pasticcerie, soprattutto perché non si presta alle grandi produzioni. Tuttavia, le poche versioni che si trovano in commercio, sono delle rivisitazioni adeguate a una pasticceria moderna e ben diversa dalle tradizioni antiche. Buone ma distanti dall’originale.
 

Gli ingredienti

Per la frittata
Mandorle con pelle 200 gr
Uova                          6
Zucchero                 150 gr
Farina                        30 gr
Acqua                       30 gr (se necessaria)
Per la farcitura
Latte                         500 ml
Amido di mais           70 gr
Zucchero                 100 gr
La zuccata
Zucchine lunghe siciliane  1 kg
Zucchero                  400 gr
Altri ingredienti per farcire
Cioccolato amaro (80%) 50 gr
Cannella in polvere

Preparazione

Per fare un a buona Ovamurina necessitano un paio di giorni di preparazione. Bisogna fare la zuccata e la crema di latte il giorno prima e raffreddarli completamente. Il processo è fondamentale, tostare le mandorle fino a che siano scure, l’amaro che sprigioneranno servirà al sapore finale. Raffreddarle e poi pestare con un mattarello. È importante che le mandorle non siano uniformi perché la perfezione dell’Ovamurina sta proprio nella sua imperfezione. Mescolare la farina con lo zucchero, la farina e le uova, fare riposare un ora e aggiungere acqua se la consistenza è troppo densa. Il giorno prima fare la crema di latte. Mescolare lo zucchero, l’amido ed il latte freddo, portare ad ebollizione mescolando e fare bollire 3 minuti.

Raffreddarla in una casseruola alta che abbia la larghezza di cm 13\15 con un’altezza di 4\5 cm. Tagliare a fette spesse 1 cm. Tagliare il cioccolato a scagliette. Mettere per facilità la zuccata in un sac à poche. In una padella calda mettere un filo di olio e versare un mestolo di impasto, come per fare una frittata sottile. Poggiare una fetta di crema di latte nella parte alta della frittata, un filo di zuccata e delle scaglie di cioccolato per la lunghezza della crema di latte. Infine una spolverata di cannella. Non appena la parte a contatto con la padella comincia ad avere un colore nocciola scuro, cominciare a chiudere la frittata su se stessa iniziando ad avvolgere la crema di latte e tutti gli altri ingredienti, arrotolandola. Mettere su un piatto e spolverare lievemente con altra cannella.

 

Sicilia Regione Enogastronomica d’Europa 2025

  


 

https://youtu.be/XVEEek_klN8

 

Visit Via Selinuntina, Sicily, Italy

Menu del film gastronomico 2023 di IGCAT
Vincitore categoria: Visita Via Selinuntina, Sicilia, Italia
Categoria: TURISMO EQUILIBRATO E SOSTENIBILE


martedì 16 gennaio 2024

AgroInnovation Award

 Torna per il settimo anno consecutivo AgroInnovation Award, il premio nato dalla collaborazione tra l’Accademia dei Georgofili e Image Line, dedicato agli studenti che hanno concluso un corso di laurea magistrale o di dottorato di ricerca discutendo la propria tesi nel corso del 2023.

Il premio nasce con l’obiettivo di riconoscere e valorizzare l’impegno dei giovani neolaureati e ricercatori che con il proprio lavoro contribuiscono all’innovazione del settore. Per questo ai vincitori del premio, selezionati da una commissione di esperti nominati dall’Accademia, verrà data anche la possibilità di pubblicare un articolo sulla testata online AgroNotizie nel quale raccontare ad un pubblico specializzato la propria esperienza di ricerca.
Quest’anno particolare attenzione alla PAC, con il supporto di CAP4AgroInnovation, progetto di Image Line co-finanziato dall’Unione Europea: tra le categorie in cui si possono si possono candidare le Tesi di Laurea Magistrale è stata infatti introdotta la categoria speciale "CAP4AgroInnovation: PAC e Sviluppo rurale” con in palio un premio da 1.000 euro.
Le altre categorie dedicate alle Lauree Magistrali sono: Sostenibilità degli agrosistemi e protezione dell’ambiente, Agrometeorologia e Gestione delle risorse idriche, Ingegneria Agraria e meccatronica, Nutrizione delle Piante, Difesa delle colture, Innovazione varietale e genomica, Zootecnica.
Per le due categorie riservate invece ai dottorati di ricerca - “Agricoltura digitale: analisi e condivisione dei dati” e “Valorizzazione delle produzioni Made in Italy” – il premio in palio ammonta a 1.500 euro.
È possibile inviare la propria candidatura entro il 31 gennaio 2024 all’indirizzo info@cap4agroinnovation.eu.
Il Bando completo, la domanda di ammissione e tutte le informazioni necessarie sono disponibili sul sito AgroInnovationEdu.it/Award.

venerdì 12 gennaio 2024

Rete Regionale Sistema della Conoscenza e dell'Innovazione in Agricoltura

 ADERISCI  ALLA RETE

Rete Regionale Sistema della Conoscenza

 

 La PAC 2024-2027 attribuisce un ruolo centrale al “sistema della conoscenza e dell’innovazione in agricoltura” (AKIS, ovvero Agriculture Knowledge and Innovation Systems) che definisce come “organizzazione di persone e istituzioni che utilizzano e producono conoscenza e innovazione per l’agricoltura e per i settori correlati”. L’AKIS è pensato con un approccio sistemico e con maggiore interconnessione tra i soggetti coinvolti e gli ambiti di attività (formazione, consulenza, ricerca e trasferimento tecnologico) rispetto a quanto previsto nella precedente programmazione europea. A livello di programmazione europea, l’AKIS è considerato quale elemento fondamentale e trasversale per il raggiungimento di tutti gli obiettivi della PAC e, pertanto, diventerà “il perno di un’azione finalizzata a rafforzare il modello interattivo di innovazione quale strumento efficace per promuovere la condivisione delle conoscenze, la digitalizzazione e l’innovazione” (Reg. 2115/2021). In Italia, ogni Regione dovrà organizzare il proprio AKIS, tenendo conto degli attori e delle esigenze del proprio territorio.  

 

Dopo una lunga gestazione, delicate trattative e inaspettate crisi, come la pandemia da Covid-19 e la guerra in Ucraina, all’inizio di quest’anno è stata varata la nuova Politica Agricola Comunitaria (PAC) che sarà il cardine del sostegno e dello sviluppo del settore primario europeo per il periodo 2024- 2027. È evidente la forte impronta ambientale della nuova PAC, necessariamente allineata al Green Deal europeo e alle strategie Farm to fork e Biodiversity che mirano, rispettivamente, alla riduzione dell’impatto ambientale della filiera agroalimentare ed alla tutela della biodiversità.

SERVIZI DI BACK-OFFICE PER L’AKIS 

Per questo, le misure di sostegno al reddito diventano sempre più selettive e orientate alla sostenibilità ambientale, prima ancora di quella economica per le aziende agricole. La PAC prevede strumenti che premiano i comportamenti virtuosi degli agricoltori dal punto di vista ambientale tramite gli ecoschemi, la condizionalità “rafforzata”, l’aumento delle risorse per l’agricoltura biologica. Un altro elemento caratterizzante della nuova Pac è il ruolo strategico e trasversale attribuito al sistema dell’innovazione e della conoscenza in agricoltura (Agriculture Knowledge and Innovation Systems o AKIS) per il raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità e sviluppo perseguiti. La ricerca applicata, il trasferimento dell’innovazione, la digitalizzazione, la divulgazione, la formazione e la consulenza alle imprese agro-alimentari e forestali sono gli assi strategici e interconnessi dell’AKIS. Tutte le norme che regoleranno le attività degli agricoltori italiani e la distribuzione dei fondi a livello nazionale sono compendiate nel corposo documento (di 3.654 pagine) del Piano Strategico PAC (PSP). Una novità è che nel PSP sono già previste le politiche di sviluppo delle regioni le quali, in quell’alveo, adottano il Complemento Regionale per lo Sviluppo Rurale (CSR). Quindi, per ogni tipologia di intervento previsto a livello nazionale, ogni singola regione decide quale impegno attivare. Anche la Sicilia è chiamata a cogliere le opportunità del PSP nel prossimo quinquennio e tradurle in azioni adatte ed adattabili al proprio territorio ed al contesto  del settore agricolo e degli attori a diverso titolo coinvolti. Indubbiamente gli imprenditori agricoli saranno i protagonisti primari della Pac ma la resilienza, la sostenibilità e la crescita dell’agricoltura e del mondo rurale potranno avvenire solo con l’azione coordinata e sinergica.








































 

 

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