domenica 26 marzo 2017

Erbicida glifosato, secondo l’Agenzia europea per le sostanze chimiche……………..

  


Il comitato per la valutazione dei rischi (RAC) dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) è giunto alla conclusione che l’erbicida glifosato non è cancerogeno, né mutageno, né tossico per la riproduzione e neppure genotossico. Secondo l’ECHA, le prove scientifiche attualmente disponibili indicano che il glifosato provoca gravi lesioni oculari ed è tossico per gli organismi acquatici, con effetti di lunga durata. Quindi, l’erbicida può mantenere la sua attuale classificazione, il che significa che la Commissione Ue può approvarene l’uso come sostanza attiva nei pesticidi per altri 15 anni. La valutazione dell’ECHA riguarda solo la classificazione di pericolosità della sostanza, sulla base delle sue proprietà, ma non tiene conto delle probabilità di esposizione  e quindi non affronta i rischi da esposizione.
Nel formulare la valutazione, l’ECHA dichiara di aver tenuto conto non solo degli studi già pubblicati, ma anche di aver avuto pieno accesso ai rapporti originali degli studi condotti dall’industria. Questo accesso esclusivo a studi non pubblici di fonte industriale (non sottoposti a revisione scientifica di parti terze ) e che ha caratterizzato anche il processo di valutazione del glifosato da parte dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), è fonte di polemiche. Questa scelta  non consente ad altri scienziati di valutare le conclusioni a cui sono giunte l’ECHA e l’Efsa ed,  eventualmente,  di controbattere sul piano scientifico. Al contrario, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità, aveva basato la sua valutazione solo sugli studi scientifici pubblicati e sottoposti a revisione.

Di segno opposto la reazione di Greenpeace che nei giorni scorsi, insieme ad altre venti organizzazioni dei settori ambientale e sanitario, aveva espresso preoccupazione su possibili conflitti di interesse all’interno della commissione dell’ECHA incaricata della valutazione del glifosato e all’utilizzo anche di studi non pubblicati forniti dalle aziende. Secondo Federica Ferrario, responsabile campagna Agricoltura sostenibile di Greenpeace Italia, “l’ECHA ha fatto un gran lavoro per spazzare sotto il tappeto le prove che il glifosato potrebbe causare il cancro. I dati a disposizione sono più che ­­­­­­­sufficienti per vietare  la sostanza in via cautelativa, ma l’ECHA ha preferito voltare lo sguardo dall’altra parte. Ora spetta quindi all’Italia rimuovere subito il glifosato dai nostri campi, a cominciare dai disciplinari agronomici di produzione integrata, dato che persone e ambiente non possono diventare topi da laboratorio dell’industria chimica”.

Fortemente critica anche la coalizione italiana Stop Glifosato, che riunisce 45 associazioni
Fortemente critica anche la coalizione italiana Stop Glifosato, che riunisce 45 associazioni e secondo la quale “questo parere ‘parziale’ indurrà la Monsanto a tirare un respiro di sollievo. Meno sollevati sono i cittadini europei che si trovano di fronte a un giudizio sostanzialmente avulso dalla realtà dei rischi quotidiani”. Come sottolinea Patrizia Gentilini, dell’Isde – Associazione medici per l’ambiente, secondo l’ECHA “in se stesso il glifosato non indurrebbe, in modelli sperimentali, il cancro o mutazioni genetiche. Questo parere, secondo quanto dichiarato dalla stessa agenzia, esclude la valutazione dei rischi da esposizione prolungata di esseri umani (agricoltori e consumatori), sui quali l’ECHA paradossalmente non si esprime. Ma è proprio l’esposizione sia professionale che residenziale, o attraverso l’acqua e gli alimenti, che rappresenta un rischio per la salute delle persone, specie delle frange più vulnerabili, quali donne in gravidanza e bambini”.
Per questo, ribadisce la coalizione Stop Glifosato, “occorre sostenere la raccolta di firme per l’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) indirizzata al parlamento europeo e alla Commissione Ue, affinché ascoltino gli allarmi che vengono da una buona parte della comunità scientifica e decretino l’eliminazione dell’erbicida dai campi europei. In meno di due mesi questa iniziativa di legge popolare contro il glifosato è stata firmata da mezzo milione di cittadini: occorre raddoppiare l’impegno e presentare il milione di firme necessario per ottenere un cambiamento di rotta nelle politiche del laissez faire sulla salute e sulla pelle dei cittadini”.
La controversia scientifica sulla cancerogenicità del glifosato è iniziata nel marzo 2015, quando l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) dell’Organizzazione mondiale della sanità ha classificato l’erbicida come “probabilmente cancerogeno per l’uomo”, aggiungendo che ci sono “forti” evidenze che indicano una sua genotossicità, sia per il glifosato puro sia per le formulazioni con altre sostanze. Pochi mesi dopo, in novembre, l’Efsa ha espresso una valutazione opposta, affermando che “è improbabile che il glifosato sia genotossico (cioè che danneggi il DNA) o che rappresenti una minaccia di cancro per l’uomo”.
Il contrasto tra le due Agenzie ha assunto toni aspri, tanto che, nel marzo del 2016, lo Iarc ha pubblicato un documento con le risposte alle domande più frequenti sulle motivazioni che hanno portato alla decisione di classificare il glifosato come “probabilmente cancerogeno”. Il 16 maggio, poi, il Joint Meeting on Pesticides Residues (JMPR) – un panel di esperti interni all’Organizzazione mondiale della sanità e alla Fao – ha dichiarato che “è improbabile che l’esposizione al glifosato tramite la dieta ponga un rischio cancerogeno per l’uomo”.

Di fronte a questi pareri discordanti e alla luce di posizioni differenziate tra gli Stati membri, alla fine dello scorso giugno, quando scadeva l’autorizzazione europea del glifosato, la Commissione Ue ha deciso di autorizzarlo nuovamente solo fino alla fine del 2017, chiedendo all’ECHA di esprimere anch’essa la propria valutazione, prima di decidere se ri-approvare per altri 15 anni l’uso dell’erbicida.

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