E' Bari la città che ha ospitato la
premiazione del "Concorso di idee d'innovazione per l'agricoltura
del Sud" promosso dal MIPAAF nell'ambito della Rete Rurale
Nazionale. Delle oltre 100 proposte pervenute, ne sono state premiate 6.
Un’iniziativa promossa dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell’ambito del Programma Rete Rurale Nazionale, per stimolare la più ampia partecipazione alla creazione e condivisione di soluzioni nuove per l’agroalimentare del Meridione.
Tra i premiati:
Il progetto SERVAGRI Robot è nato di una collaborazione tra l’Istituto di Istruzione Superiore “A-Ruiz” di Augusta, il GAL Eloro, IRS Ingegneria Ricerca e Sistemi e G.I.S. Service, nell’ambito di una convenzione per un percorso di alternanza scuola lavoro che ha posto e basi per uno studio delle problematiche inerenti al settore agricolo affrontate nell’ottica di una proficua collaborazione tra scuola e comparto agricolo produttivo attraverso l’applicazione di nuove tecnologia al settore dell’agricoltura di qualità.
Il progetto, grazie all’applicazione dei concetti di “Agricoltura di Qualità e Precisione”punta ad applicare quel concetto di “Tracciabilità di filiera”secondo il quale si identificano le aziende che hanno contribuito alla formazione di un dato prodotto alimentare. Tale identificazione è basata sul monitoraggio dei flussi materiali “dal campo alla tavola”, cioè dal produttore della materia prima al consumatore finale”.
Le migliori idee illustrate con poster esposti al pubblico e quelle che si sono aggiudicate i primi sei posti sono state presentate e premiate. Il convegno è stato anche l'occasione per fare una prima verifica delle azioni dei Programmi di Sviluppo Rurale e del MIPAAF a sostegno della diffusione della conoscenza con particolare riferimento al Partenariato Europeo per l'Innovazione "Produttività e sostenibilità dell'agricoltura" (PEI AGRI).
Le tematiche affrontate durante il
convegno
L‘appropriabilità dell’innovazione
Gianluca Nardone, direttore generale del dipartimento agricoltura della Regione Puglia
(33milioni di spesa programmata sull’innovazione, il 2% sul totale Psr; solo 8
Gruppi operativi “prenotati”) descrive un’esperienza regionale partita
dall’analisi dei fabbisogni per individuare tematiche veramente innovative, in
grado di assicurare benefici reali ai produttori. Nardone, una carriera
brillante come professore ordinario di politica agraria all’Università di
Foggia prima di approdare alla direzione generale del dipartimento regionale
all’Agricoltura, ammette di credere maggiormente nell’efficacia del modello
americano degli extension service per la diffusione
dell’innovazione, ma ha le idee chiare sugli obiettivi richiesti ai gruppi
operativi. “Daremo la precedenza: 1) ai progetti più diffusi, quelli con il
maggior numero di imprenditori agricoli coinvolti (la misura ha del resto
l’obiettivo dichiarato della cooperazione); 2) a quelli in grado di dare
un contributo decisivo anche in termini di public procurement (ad
esempio l’adozione su vasta scala dei Dss come grano.net, sulla scorta di
precedenti esempi positivi registrati nella gestione della misura 124 del
precedente Psr, assicura efficacia nel raggiungimento degli obiettivi sia
privati che pubblici imposti dal Pan, piano nazionale per l’uso sostenibile
degli agrofarmaci; e infine 3) a progetti con una forte impronta Ict , in grado
di realizzare una multifunzionalità hightech (anche qui i Dss sembrano assumere
un ruolo privilegiato)”. Soprattutto Nardone ha in mente un modello di
innovazione che veda gli agricoltori veramente protagonisti (“agriculture
first”). Storicamente i vantaggi assicurati in termini di maggiore qualità
e di maggiore resa assicurati dalla valorizzazione dell’innovazione non
rimangono infatti all’agricoltore, ma vengono trasferiti a monte lungo la
filiera dei fornitori di mezzi tecnici. Per questo il direttore generale della
Regione Puglia punta all‘appropriabilità dell’innovazione
attraverso un modello in cui agli imprenditori che fanno parte
dei Go venga assicurata l titolarità di ciò che contribuiscono a sviluppare. Ad
esempio tramite la brevettazione o comunque attraverso la valorizzazione del
loro know-how. Idee forti e originali che per ora si scontrano con un
ritardo nell’applicazione della misura.
La Regione più speedy
Mario Montanari, dirigente della Regione Emilia-Romagna spiega la partenza a razzo
dell’Emilia-Romagna (52 Go già in corso più 86 selezionati dal secondo bando
chiuso il 31 marzo, 50 milioni stanziati nell’innovazione, pari al 4% del Psr )
e attribuisce questo successo all’organizzazione produttiva regionale e agli
spunti arrivati dalla filiera agricola, da interlocutori delle varie accademie,
centri di ricerca e organizzazioni di categoria. “La scelta di attivare da
subito i Go, saltando la fase di setting up è stata premiante. Ma è
stato utile il fatto che siamo la regione partita prima con il Psr: nel 2011
abbiamo capito che il modello della misura cooperazione per l’innovazione si
sposava bene con una struttura di ricerca in agricoltura che fino a quel
momento era finanziata da una specifica legge regionale. Il nostro Psr è stato
il primo ad essere autorizzato dall’Ue . Ciò ha dato la possibilità di far
collimare i Go con gli obiettivi dichiarati di politica agricola (sostenibilità,
contrasto al climate change). Ma un numero così elevato di Go non rischia di
disperdere le risorse in troppi rivoli, vanificando l’efficacia e soprattutto
la durata dell’impegno? “Questo è un rischio che abbiamo evitato tramite il
finanziamento di progetti di filiera più”corposi” tramite la misura 16.2″.
Un approccio bottom-up
Opposta la considerazione di Giorgio
Trentini , dirigente della Regione Veneto (20 milioni all’innovazione,
1,66% del Psr, 26 Go prenotati). “Abbiamo appena concesso una proroga di
un mese per lo setting up (o innovation brokering, come è chiamato in Veneto)”.
Il Veneto ha infatti attivato entrambi i percorsi previsti da Bruxelles: quello
diretto di costituzione dei Go, e quello indiretto sulla selezione di idee.
“L’obiettivo è quello di costituire e accompagnare 10-12 progetti di innovation
brokering. e questo secondo percorso è quello che si sta dimostrando più
efficace nell’individuare e dare seguito alle esigenze individuate dai
produttori, si tratta quindi della scelta da privilegiare.
Una fase di “accompagnamento” che
nella regione Marche (13,5 milioni ; 2,5% del Psr; 28 Go prenotati) è partita
addirittura preliminarmente, nella fase di animazione dei Go. Andrea
Bordoni, dirigente regionale, spiega che le tre tappe di un
approccio fortemente bottom-up (animazione, setting up, attivazione dei Go) ha
consentito di accomunare le esperienze individuando con maggiore efficacia i
settori di intervento che, in una regione multi colturale come le Marche, deve
guardare alle diverse esigenze territoriali.
Luciano Concezzi, del Parco tecnologico 3a dell’Umbria mette in luce le forti differenze
rispetto alla precedente misura 124: il partenariato e la disseminazione. Ma
anche nodi più difficili da sciogliere come il fatto che possano bastare due
soggetti (produttore e fornitore di innovazione) per mettere in piedi un
progetto, mentre il ruolo del consulente e dell’innovation broker non sono ben
definiti. Il ruolo di parco 3 a è stato tecnico amministrativo per
40 progetto, e partner in 80 progetti, ) . “La 124 è stata veramente importante
in Umbria. Su 120 progetti attuati il Parco ha assunto il ruolo di riferimento
in 40 e di partner nei rimanenti 80. I risultati in termini di diffusione e di
ricaduta sono stati importanti per un tessuto produttivo costituito da numerosi
medi e piccoli produttori. Un aspetto giudicato critico per la misura 16,1
umbra è quello relativo alla necessità di costruire una società di scopo per
costituire un Go e accedere ai finanziamenti, mentre nelle altre regioni è
sufficiente la formula dell’associazione temporanea (Ati o Ats). “Per gestire
cifre pari a 600mila euro in tre anni può risultare un vincolo eccessivo”.
Consulenza e trasferimento
tecnologico
Per Paolo Rendina,
tecnico consulente del CadirLab Piemonte la parola chiave dell’esperienza del
partenariato per l’innovazione è “filiera”. “La consulenza è spesso la
cenerentola dell’innovazione in Italia. Invece ha un ruolo fondamentale
nell’attivazione e nel buon funzionamento dei Go”. un ruolo che le Regioni però
devono favorire e sostenere. “L’interpretazione del bando del Piemonte non è
stata facile, le priorità non sono definite con precisione così come gli ambiti
di intervento. Illuminante però è il ruolo di formazione e informazione della
rete rurale in tal senso. Attendiamo l’esito dei bandi”.
Secondo Sergio Menapace, direttore
della fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Tn) il ruolo del Pei
Agri è essenzialmente di trasferimento tecnologico. Una funzione che è nel DNA
della Fondazione Mach e che le ha consentito di essere animatore di 5 dei 9
progetti attivati dalla Provincia di Trento:
fonte TerraeVita
Infine la premiazione
Infine la premiazione
https://www.youtube.com/watch?v=3dd7tfi7X2E
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