Le De.Co. non sono un marchio, ne strumento di tutela
Erroneamente qualcuno
crede di poter equiparare la
DE.C.O. ai marchi di qualità; in realtà la Denominazione Comunale nulla ha a
che fare con le denominazioni istituzionalizzate come D.O.P. (Denominazione di
Origine Protetta) o I.G.P. (Indicazione Geografica Protetta), per citarne
alcune.
La legittimità del
"marchio" De.C.O. è stata, sin dalle prime iniziative intraprese per la sua istituzione, assai
contestata, dibattuta ed ostacolata. Da
più parti si è ritenuto, infatti che il Comune non abbia il potere
di disciplinare organi e procedure per
attestare la provenienza di un prodotto (odei suoi ingredienti base) dal
proprio territorio e che, pertanto, nell'istituire la De.C.O. ecceda i suoi poteri
istituzionali, ponendosi in contrasto con le
norme comunitarie, gerarchicamente sovraordinate a quelle di diritto
interno. In particolare, il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali (Direzione Generale per la qualità dei
prodotti agroalimentari e la tutela del consumatore), in una nota del 5
febbraio 2004 - indirizzata, tra gli altri, all' ANCI, alle Regioni ed alle Province autonome
- ha ribadito la propria posizione di
netto dissenso dal "Progetto De.C.O." promosso dall' ANCI, ritenendolo in contrasto con quanto stabilito
dalla Commissione europea in merito ai riconoscimenti DOP e IGP.
Detta nota ministeriale
testualmente recita:
"La scrivente
Amministrazione ha più volte censurato l'ANCI dal continuare ad istituire
marchi di qualità comunali, sottolineando la illegittimità di tali procedure.
Si ribadisce con forza che non è ammissibile ottenere il riconoscimento di un
prodotto agroalimentare con strumenti diversi dalla rigorosa osservanza del
reg. CEE n. 2081/92. La Commissione europea, come già sottolineato in
precedenti note inviate all'ANCI, ha sempre assunto un atteggiamento di
condanna nei confronti di detti marchi, attivando procedure di infrazione ogni
volta che un Ente pubblico territoriale ha promosso tali marchi di qualità. Lo
stesso Governo italiano è stato oggetto di un ricorso per inadempimento voluto
dalla Commissione europea per non aver rispettato gli obblighi in virtù
dell'art. 28 del Trattato istitutivo della Comunità europea".
Dal testo della nota, si evince
che la questione di legittimità concerne
l'ammissibilità di procedure comunali che attestano la qualità d'origine
di un prodotto, posto che il riconoscimento
dell'origine dei prodotti agroalimentari da parte di soggetti pubblici è
disciplinato - come si è visto nei paragrafi che precedono - dal reg. CE n. 2081/92 relativo
alla "protezione delle indicazioni
geografiche e delle denominazioni
d'origine dei prodotti agricoli
ed alimentari". In altri termini, le procedure e gli organi
previsti dal reg. CE n. 2081/92
sarebbero l'unico strumento legittimo per attestare un nesso fra un prodotto agroalimentare e la sua origine
geografica, sicché ogni altro strumento
di certificazione riferito alla provenienza geografica sarebbe incompatibile con il diritto comunitario.
Assumendo questa posizione, il
MIPAF si allinea agli orientamenti della
Commissione europea e di una parte della dottrina, che ha sempre
ritenuto che gli Stati membri non possano
disciplinare in modo autonomo, mediante
provvedimenti interni, le denominazioni di origine geografica dei
prodotti agro-alimentari nazionali, in
quanto tale potere sarebbe stato attribuito in via esclusiva alla Comunità
europea dal reg. CE n. 2081/92. In
ragione di tale competenza esclusiva, quando un marchio - al di fuori dei sistemi DOP/IGP - identifica prodotti
provenienti da una determinata zona
geografica (territorio regionale, provinciale, comunale) di uno Stato
membro, esso è incompatibile con l'art. 28 (4) del Trattato CE, che vieta l'introduzione di qualsiasi misura di natura
pubblica che possa ostacolare le
importazioni da altri Paesi comunitari, nonché qualsiasi misura di
effetto equivalente, e con l'art. 87
(5), relativo agli aiuti concessi dagli Stati.
Ne consegue che è errato
istituire la De.C.O. e nello stesso tempo prevedere un disciplinare di
produzione, regolamenti, e quant’altro emulano in negativo le normative comunitarie, come taluni ancora
fanno.
Quando meno appropriata nel
Maggio 2005 la svolta a seguito del Convegno di Alessandria, Le denominazioni comunali di origine DE.C.O.
diventano denominazioni comunali (acronimo De.Co.).
La sintesi di Alessandria
Le De.Co. non sono marchi di
qualità, ma delle attestazioni che legano in maniera anagrafica la derivazione
di un prodotto/produzione dal luogo storico; sono dei certificati notarili
contrassegnati dal Sindaco a seguito di una delibera Comunale; sono dei
censimenti di produzioni che hanno un valore identitario per una comunità. Sono
dunque strumenti flessibili per valorizzare le risorse della propria terra nel
tentativo di garantire la biodiversità, traendone talvolta vantaggi anche sul
piano turistico ed economico. Rappresentano, insomma, il vero, autentico
passaggio dal generico “prodotto tipico” al “prodotto del territorio”.
L’allora Ministro per le
Politiche Agricole Gianni Alemanno che nel suo intervento ricordò che “Le
De.Co., intese come censimento dei prodotti che identificano un Comune, sono un
ulteriore elemento di distinzione che sicuramente rafforza il valore
identitario di un territorio. [...] Debbono essere uno stimolo, una semplice
delibera, che non fa riferimento ad aspetti qualitativi o a disciplinari
richiesti invece per altre denominazioni di valenza comunitaria, ma che
censisce, in un dato momento storico, un bene identitario legato all’artigianità
o alla vocazione agricola di un Comune”
Ogni singolo comune, degli 8.000
sparsi in tutta Italia, possiede un patrimonio concreto che è l'espressione
della propria tradizione culturale; affinché questa tradizione, gastronomica in
primis, non sparisca sono state ideate, da Luigi Veronelli, le De.Co.
Per chiarire, se un prodotto è
originario solo ed esclusivamente di quel comune, la sua amministrazione, dopo
verifiche e attente analisi, ha facoltà di rilasciare una dichiarazione che ne
attesti e, allo stesso tempo, ne enfatizzi la provenienza. Ciò grazie anche
alla Legge Costituzionale n. 3, emanata il 18 ottobre 2001 e pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale il 24 ottobre 2001. Tale azione diventa un riconoscimento di
grande valore in quanto consente la conservazione e lo sviluppo della cultura
autoctona del territorio, favorendo contemporaneamente anche la protezione del
prodotto stesso.
A livello economico la DE.CO.,
non porta alcun beneficio diretto e ovviamente se non utilizzato e
diffuso, non significa nulla e non aggiunge alcun valore al prodotto, nella
realtà dei fatti, però, può diventare un grande e potente strumento di
marketing territoriale, di riconoscimento per la destinazione nei confronti dei
turisti e di autocoscienza per gli stessi cittadini.
Con questi presupposti è nato il
percorso di programmazione partecipata GeniusLoci De.Co per la Sicilia, elaborato dalla Libera Università Rurale
Saper&Sapor inserito tra gli esempi virtuosi del - Forum Italiano dei
Movimenti per la terra e il paesaggio e presentato al Poster Session del Forum Pa 2013 di
Roma, prevede un modello di De.Co dove gli elementi essenziali di relazionalità
sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenza che rappresentano
la vera componente innovativa, ma soprattutto rispettose delle direttive
nazionali e comunitarie in materia
Ci sono tantissime differenze tra
chi lavora per difendere il proprio territorio, in maniera disinteressata, ma le differenze non solo non devono
dividere, ma al contrario possono creare
sinergie. La De.Co è un atto politico, nelle prerogative del Sindaco,
per difendere e salvaguardare l’identità del territorio.
"Attraverso una semplice
delibera il Sindaco certifica la
provenienza di ogni prodotto della sua terra" così Luigi Veronelli
spiegava la De.Co. Un'idea nata dal basso per valorizzare quegli immensi
giacimenti enogastronomici che racchiude l'Italia. Risorse e ricchezze che
appartengono alla terra, al proprio luogo.
Gli altri strumenti (DOP.DOC. IGT. PAT.ECT)
sono atti tecnocrati, strumenti utilissimi, sovvenzionati o meno, ma tecnocrati.
Vogliamo impedire ai Sindaci di continuare a
occuparsi dei territori?
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