lunedì 26 novembre 2012

A ciascun territorio il suo sviluppo





Risorse immateriali, capitale umano e bagaglio culturale: ecco i fattori essenziali per la crescita


         
  Un territorio può essere definito come un sistema dinamico composto da   soggetti, risorse materiali e immateriali.
Le risorse immateriali  sono quei fattori intangibili, non dotati di materialità, caratterizzati da unicità, difficile acquisibilità, molteplicità d’uso, trasferibilità, deperibilità e incrementabilità. Derivano da percorsi evolutivi attraversati nel tempo dal sistema territoriale e dagli attori che ne hanno fatto o ne fanno parte, come il livello di conoscenze e competenze, la qualità delle risorse umane, etc.
Il sistema immateriale, oltre ai valori intangibili sedimentati nel territorio, comprende anche i flussi informativi e i sistemi di relazioni sia interni che con l’esterno. Insieme
a quelle materiali, le risorse immateriali costituiscono una delle componenti su cui incardinare percorsi di sviluppo integrato territoriale. La programmazione comunitaria è fondata prevalentemente sulle strategie di Lisbona (2000) e Goteborg (2002), tracciate dal Consiglio dei ministri Ue, circa l’opportunità di incardinare sviluppo economico, crescita delle imprese e qualità della vita, su conoscenza, ricerca, know how e tutela dell’ambiente. Riguardo alle opportunità connesse alla programmazione tecnico finanziaria 2007-2013 ricordiamo come il programma Fse intervenga a rafforzare in modo prevalente la qualità del capitale umano. Il Fesr Sicilia, invece, interviene sinergicamente nella valorizzazione delle risorse materiali e immateriali del territorio. In tema di risorse culturali ricordiamo come l’Asse 3 sia finalizzato alla valorizzazione delle identità culturali e delle risorse paesaggistico ambientali, per accrescere l’attrattività turistica e promuovere lo sviluppo.
Gli Assi 3 e 4 del Psr Sicilia sono finalizzati al miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali e alla diversificazione dell’economia rurale anche attraverso la valorizzazione delle risorse immateriali.
Il rafforzamento del capitale umano costituisce un’importante premessa per la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro. A oggi, ed è un’ipotesi generalmente condivisa, per crescere e competere in un’economia globale è sempre più necessario investire in conoscenza, nella elaborazione di idee innovative e nella valorizzazione dei beni immateriali. Per esempio, la tutela del sistema naturale (ambiente, risorse idriche, paesaggio) costituisce una delle tipologie di risorse immateriali fortemente caratterizzanti l’attività agricola. La tutela del paesaggio e delle risorse idriche da parte delle istituzioni pubbliche e degli imprenditori agricoli si inserisce nell’ambito della programmazione nel contesto della nuove prospettive connesse alla multifunzionalità dell’impresa agricola.
Anche il capitale culturale di un territorio costituisce uno dei fattori chiave per promuovere lo sviluppo economico attraverso la diversificazione delle attività delle imprese, comprese quelle agricole. Il concetto di “ruralita” è, per esempio, caratterizzato da connotazioni di carattere naturale e culturale dalla cui sintesi stanno emergendo nuove forme di turismo: ambientale, enogastronomico, territoriale, etc. Da tali dinamiche deriva la necessità di nuove professioni e di un nuovo approccio alla programmazione da parte dei soggetti pubblici e privati.
Ma quanti sistemi territoriali sono pienamente consapevoli dei cambiamenti che stanno investendo le politiche di sviluppo? E soprattutto, le modalità di approccio metodologico, organizzativo, comunicativo, formativo e professionale, sono adeguate? In Sicilia con il decreto 77 del 26 luglio 2005, l’assessorato ai Beni culturali, ambientali e della Pubblica istruzione ha istituito il Registro delle eredità immateriali della Sicilia, riconosciute anche dall’Unesco, in cui il mondo rurale ha un ruolo di protagonista. Il registro è articolato in quattro libri: il Libro dei Saperi che contiene tecniche e processi che identificano una particolare produzione legata alla storia e alle tradizioni identitarie di una comunità; il Libro delle Celebrazioni che racchiude riti, feste e manifestazioni popolari associati alla religiosità, ai cicli lavorativi, all’intrattenimento e ad altre espressioni della vita sociale comunitaria; il Libro delle Espressioni, “scrigno” di tradizioni orali e mezzi espressivi, linguaggio e  performance artistiche che caratterizzano l’identità di una determinata comunità; e il Libro dei Tesori umani viventi che parla di persone, collettività e gruppi individuati come unici detentori  di particolari conoscenze e abilità necessarie per la produzione di determinati elementi del patrimonio immateriale della regione o del Paese aderente al progetto Unesco.)

lunedì 12 novembre 2012

Favara, Città dell'agnello pasquale e città De.Co.

di Nino Sutera


                            A Favara durante il periodo pasquale si svolge ogni anno la" Sagra dell'Agnello Pasquale", dedicata al dolce tipico di pasta di mandola farcito di pistacchio, a forma di Agnello.
Il prodotto dolciario, gustato, conosciuto ed apprezzato in Italia ed all’Estero  .Dallo scorso mese di Aprile,  si arricchisce di una nuova iniziativa  legata alla
De.Co. ( Denominazione Comunale) grazie alla lungimiranza degli amministratori locali.
Il gruppo di lavoro della Libera Università Rurale Saper&Sapor Onlus, sulla De.Co Sicilia, ha elaborato un format per il riconoscimento dei prodotti De.Co. attraverso il percorso della programmazione partecipativa "GeniusLoci De.Co Sicilia"
Noi ci ispiriamo a un modello di De.Co per la Sicilia, che valorizza il Km zero, ma soprattutto, a burocrazia zero e chiaramente a costo zero, per le aziende, per le istituzioni e per i cittadini, dove gli elementi essenziali di relazionalità sono Territorio-Tradizioni-Tipicità-Tracciabilità-Trasparenzache rappresentano la vera componente innovativa.


L’agnello pasquale, dolce tipico favarese, trova fondamento in una tradizione  abbastanza antica e a noi sconosciuta.
Fra la fine del 1800 e l’inizio del 1900 ne fa un lacunoso accenno il barone Antonio Mendola, ma l’uso di questo dolce era ancorato ad una tradizione esclusivamente familiare e non poteva assolutamente gareggiare, per preferenza e quantità, con i frutti di martorana ed i cannoli, molto apprezzati oltre cento anni addietro dai favaresi, principalmente per Natale e Pasqua.
L’agnello pasquale, preparato con pasta reale a base di mandorle, ripieno di pasta di pistacchio e finito con velo di zucchero e decorazioni, è rimasto un dolce strettamente artigianale e familiare fino alla seconda metà del 1900.
Questo dolce è stato assaggiato il 12 maggio 1923, da mons. Giuseppe Roncalli (1881-1963 - eletto Papa Giovanni XXIII il 28-10-1858), quando, essendo in visita ad Agrigento, dovendo rientrare a Roma, il canonico Antonio Sutera volle accompagnarlo fino a Caltanissetta e, passando per Favara, insieme si fermarono nella sua residenza di via Umberto per prendere un caffé e, per l’occasione, assaggiare questo dolce favarese preparato da suor Concetta Lombardo del collegio di Maria.
Il dolce venne talmente apprezzato da mons. Roncalli, al punto tale che a 40 anni esatti dalla visita ad Agrigento-Favara, precisamente l'11 maggio 1963, ricevendo il nuovo Vescovo ausiliare di Agrigento, mons. Calogero Lauricella, accompagnato per l'occasione, dal teologo Antonio Sutera, studente all'ateneo di Roma (nipote del canonico Antonio Sutera), Papa Giovanni XXIII volle ricordare due cose in particolare: la visita effettuata ai templi di Agrigento e il gusto particolare dell'agnello pasquale, consumato a Favara (v. foto).
Il canonico Sutera, quando era direttore diocesano delle pontificie opere missionarie e rettore del seminario di Agrigento più volte ha omaggiato mons. Roncalli di questo squisito dolce favarese e successivamente, riprendendo una vecchia e nobile tradizione, anche il Movimento Giovanile Studentesco di Favara, il cui promotore era il sac. Antonio Sutera (nipote del suddetto canonico), a quell'epoca rettore della chiesa del Rosario di Favara. Di quanto detto ne è riprova una lettera della Segreteria di Stato del 18 aprile 1966, con la quale l’eletto cardinale sostituto mons. Angelo Dell’Acqua comunicava a mons. Sutera che Papa Paolo VI voleva ringraziarlo per l’invio dell’agnello pasquale (v. foto).
Nel novembre 2004, in occasione di un incontro di Papa Giovanni Paolo II con alcuni disabili sono stati portati alcuni doni e, fra questi, anche un agnello pasquale di Favara.


La Denominazione Comunale è un concreto strumento di marketing territoriale, ma è soprattutto un’ importante opportunità per il recupero e la valorizzazione delle identità locali. L’Italia, è il “paese dei Comuni”, ognuno di essi è un’occasione, di turismo, di cultura, di sapore… di unicità.


Si tratta in effetti di un sistema che vuole difendere il locale rispetto alfenomeno della globalizzazione, la quale tende ad omogeneizzare prodotti e  sapori .


In seguito alla legge 8 giugno 1990, n. 142, i Comuni, in base al principio del decentramento amministrativo, possiedono la facoltà di intervenire in materia di
valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali.
Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali (Dlgs. n. 267/2000).


In virtù di tale riferimento normativo, il Comune viene individuato e definito quale “l’Ente Locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo, il progresso civile, sociale ed economico”.


Per garantire la sostenibilità di una De.Co. occorrono tuttavia due principi, la storicità del prodotto da promuovere, perchè si eviti improvvisazioni che possono nascere da meri interessi commerciali. e la De.Co. come espressione di un patrimonio collettivo e non a vantaggio di una singola azienda.



lunedì 5 novembre 2012

Perché una De.Co.?


Al giorno d’oggi, in un mondo frenetico dove tutto è immediato, dove ognuno di noi è connesso con l’altra parte del globo, i ritmi lenti sembrano essere diventati solo un ricordo e le tradizioni ormai lontane, si avverte il bisogno di riavvicinarsi alle vecchie abitudini, quelle dei nostri nonni. Possiamo quasi affermare che ci troviamo davanti a una sorta di crisi d’identità: tutto è omologato, dal modo di vestire agli oggetti di arredamento, fino ai cibi che compriamo e che portiamo sulle nostre tavole.
Ormai il pezzo unico è diventato un’eccezione, una rarità e qualsiasi cosa sembra essere prodotta in serie.
È proprio in questo momento che avvertiamo maggiormente il bisogno di tornare all’autenticità e alla genuinità: l’oggetto industriale contro quello artigianale, il frutto fuori stagione e coltivato in serra contro quello colto nel campo o acquistato dal con­tadino.
Per tali motivi è diventata un’esigenza impellente l’avvicinarsi alla ricchezza culturale dei luoghi, una ricchezza che affonda le radici in un secolare patrimonio di sapori e tradizioni. Un patrimonio, fatto di riti, tecniche di coltivazione e lavorazione, ricette, prodotti della terra e dell'artigianato, che in alcuni casi, purtroppo, è andato perduto.
Ciò ha innescato, più o meno cosciente­mente, una sorta di nostalgia che porta ad una riscoperta del passato; le DE.CO., non a caso, nascono da queste premesse: la necessità di una rinascita culturale che coinvolge ogni individuo come singolo, ma soprattutto in quanto facente parte di una comunità.
Le DE.CO., infatti, puntano non solo alla valorizzazione della cultura locale, ma anche al forte senso di appartenenza di ciascun abitante al proprio territorio.


Teamwork 2012 / 5


Post in evidenza

C’è la Sicilia nel Menù del film gastronomico

NinoSutera C’è la Sicilia nel Menù del film gastronomico                                               Regione Enogastronomica d’Europa 20...