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domenica 3 dicembre 2017

OK del Europarlamento

Condizione di insularità, 
OK del   Europarlamento  al     riconoscimento  per  
Sicilia e Sardegna


                                Il Parlamento europeo ha dato il via libera al riconoscimento della “condizione di insularità” per la Sicilia e la Sardegna. La risoluzione,   è stata votata con 495 voti a favore su 693 votanti.
E’ un voto storico  che   vede per la prima volta rappresentata la vertenza insularità a livello europeo.  

 Le isole vivono, infatti, una situazione difficilissima: non solo non hanno accesso al mercato, ma si trovano anche con l’handicap e lo svantaggio di dover parlare un solo linguaggio, quello che decide l’Unione Europea. Ovvero: capire se i sostegni che vengono loro dedicati possano definirsi aiuti di Stato, e se per questo siano legittimi o meno.  

  Il voto favorevole dell’aula di Strasburgo ha condotto ad un risultato centrale per il futuro dei cittadini Europei Insulari.

Il riconoscimento della Condizione di Insularità da parte del Parlamento Europeo ha un valore importante oltre che da un punto di vista politico anche sugli aspetti legislativi. Non dimentichiamo infatti che a seguito dell’adozione del Trattato di Lisbona, il Parlamento Europeo è divenuto co-legislatore, potendo di conseguenza emendare e bloccare le proposte della Commissione Europea oltre che sollevare il suo interesse sui questioni che si ritengono prioritarie, quale è la condizione di Insularità.

In tale contesto la Risoluzione è uno strumento che consente di esprimere la volontà dei cittadini Europei alla Commissione Europea, che detenendo il monopolio nell’iniziativa legislativa ha altresì il dovere di accogliere le Risoluzioni del Parlamento trasformandole in proposte legislative. A breve il Parlamento sarà inoltre chiamato a negoziare e modificare i Regolamenti europei, che definiscono nello specifico quanti soldi saranno assegnati alle Regioni attraverso il Bilancio dell’Unione europea. Attualmente, i fondi dedicati alle Regioni Insulari sono gli stessi delle Regioni montuose, rurali e/o periferiche.   La  Sicilia come la Sardegna,  soffrono di  handicap geografici specifici e permanenti. 
Perciò,   è auspicabile che  in vista della prossima programmazione, le isole vengano considerate quali territori specifici in virtù della loro condizione di Insularità e ad esse siano destinati finanziamenti dedicati per trasporti, energia, formazione, istruzione, piccole e medie imprese, ricerca e innovazione.

 Le isole non possono, con le loro piccole e medie imprese, raggiungere il processo di internazionalizzazione che servirebbe per accrescere la loro competitività   perché vivono un contesto strategicamente abbandonato.  
Dopo il via libera alla risoluzione del Parlamento Europeo è ora che il Governo sostenga questa battaglia scrivendo subito una legge che riconosca i diritti delle nostre Isole. Sardegna e Sicilia non possono più aspettare.

Da parte dell'Esecutivo è necessaria un'azione di dialogo e di negoziazione sul fronte europeo a favore della vertenza avviata in Europa, in modo da ottenere quelle compensazioni che la Sardegna e la Sicilia attendono da tempo, e soprattutto, l'applicazione dell'articolo 174 e la rivisitazione dei criteri del Pil, determinanti per disegnare in termini attuali la situazione reale occupazionale ed economica delle nostre Isole. 

giovedì 18 maggio 2017

A Bari il convegno di RRN su "Innovazione e conoscenza nello sviluppo rurale"


                              E' Bari la città che ha ospitato la premiazione del "Concorso di idee d'innovazione per l'agricoltura del Sud" promosso dal MIPAAF nell'ambito della Rete Rurale Nazionale. Delle oltre 100 proposte pervenute,  ne sono state premiate  6. 
                             Un’iniziativa promossa dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, nell’ambito del Programma Rete Rurale Nazionale, per stimolare la più ampia partecipazione alla creazione e condivisione di soluzioni nuove per l’agroalimentare del Meridione.
Tra i premiati:
Il progetto SERVAGRI Robot è nato di una collaborazione tra l’Istituto di Istruzione Superiore “A-Ruiz” di Augusta, il GAL Eloro, IRS Ingegneria Ricerca e Sistemi e G.I.S. Service, nell’ambito di una convenzione per un percorso di alternanza scuola lavoro che ha posto e basi per uno studio delle problematiche inerenti al settore agricolo affrontate nell’ottica di una proficua collaborazione tra scuola e comparto agricolo produttivo attraverso l’applicazione di nuove tecnologia al settore dell’agricoltura di qualità.
 Il progetto, grazie all’applicazione dei concetti di “Agricoltura di Qualità e Precisione”punta ad applicare quel concetto di “Tracciabilità di filiera”secondo il quale si identificano le aziende che hanno contribuito alla formazione di un dato prodotto alimentare. Tale identificazione è basata sul monitoraggio dei flussi materiali “dal campo alla tavola”, cioè dal produttore della materia prima al consumatore finale”.
Gli altri progetti premiati sono stati prodotti da centri di ricerca e Università italiane.













Le migliori idee   illustrate con poster esposti al pubblico e quelle che si sono aggiudicate i primi sei posti sono state presentate e premiate. Il convegno è stato anche l'occasione per fare una prima verifica delle azioni dei Programmi di Sviluppo Rurale e del MIPAAF a sostegno della diffusione della conoscenza con particolare riferimento al Partenariato Europeo per l'Innovazione "Produttività e sostenibilità dell'agricoltura" (PEI AGRI). 

 Le tematiche affrontate durante il convegno
L‘appropriabilità dell’innovazione
Gianluca Nardone, direttore generale del dipartimento agricoltura della Regione Puglia (33milioni di spesa programmata sull’innovazione, il 2% sul totale Psr; solo 8 Gruppi operativi “prenotati”) descrive un’esperienza regionale partita dall’analisi dei fabbisogni per individuare tematiche veramente innovative, in grado di assicurare benefici reali ai produttori. Nardone, una carriera brillante come professore ordinario di politica agraria all’Università di Foggia prima di approdare alla direzione generale del dipartimento regionale all’Agricoltura, ammette di credere maggiormente nell’efficacia del modello americano degli extension service per la diffusione dell’innovazione, ma ha le idee chiare sugli obiettivi richiesti ai gruppi operativi. “Daremo la precedenza: 1) ai progetti più diffusi, quelli con il maggior numero di imprenditori agricoli coinvolti (la misura ha del resto l’obiettivo dichiarato della cooperazione); 2) a quelli in grado di  dare un contributo decisivo anche in termini di public procurement (ad esempio l’adozione su vasta scala dei Dss come grano.net, sulla scorta di precedenti esempi positivi registrati nella gestione della misura 124 del precedente Psr, assicura efficacia nel raggiungimento degli obiettivi sia privati che pubblici imposti dal Pan, piano nazionale per l’uso sostenibile degli agrofarmaci; e infine 3) a progetti con una forte impronta Ict , in grado di realizzare una multifunzionalità hightech (anche qui i Dss sembrano assumere un ruolo privilegiato)”. Soprattutto Nardone ha in mente un modello di innovazione che veda gli agricoltori veramente protagonisti (“agriculture first”). Storicamente i vantaggi assicurati in termini di maggiore qualità e di maggiore resa assicurati dalla valorizzazione dell’innovazione non rimangono infatti all’agricoltore, ma vengono trasferiti a monte lungo la filiera dei fornitori di mezzi tecnici. Per questo il direttore generale della Regione Puglia punta all‘appropriabilità dell’innovazione attraverso un modello in cui agli imprenditori  che fanno parte dei Go venga assicurata l titolarità di ciò che contribuiscono a sviluppare. Ad esempio tramite la brevettazione o comunque attraverso la valorizzazione del loro know-how. Idee forti e  originali che per ora si scontrano con un ritardo nell’applicazione della misura.
La Regione più speedy
Mario Montanari, dirigente della Regione Emilia-Romagna spiega la partenza a razzo dell’Emilia-Romagna (52 Go già in corso più 86 selezionati dal secondo bando chiuso il 31 marzo, 50 milioni stanziati nell’innovazione, pari al 4% del Psr ) e attribuisce questo successo all’organizzazione produttiva regionale e agli spunti arrivati dalla filiera agricola, da interlocutori delle varie accademie, centri di ricerca e organizzazioni di categoria. “La scelta di attivare da subito  i Go, saltando la fase di setting up è stata premiante. Ma è stato utile il fatto che siamo la regione partita prima con il Psr: nel 2011 abbiamo capito che il modello della misura cooperazione per l’innovazione si sposava bene con una struttura di ricerca in agricoltura che fino a quel momento era finanziata da una specifica legge regionale. Il nostro Psr è stato il primo ad essere autorizzato dall’Ue . Ciò ha dato la possibilità di far collimare i Go con gli obiettivi dichiarati di politica agricola (sostenibilità, contrasto al climate change). Ma un numero così elevato di Go non rischia di disperdere le risorse in troppi rivoli, vanificando l’efficacia e soprattutto la durata dell’impegno? “Questo è un rischio che abbiamo evitato tramite il finanziamento di progetti di filiera più”corposi” tramite la misura 16.2″.
Un approccio bottom-up
Opposta la considerazione di Giorgio Trentini , dirigente della Regione Veneto (20 milioni all’innovazione, 1,66% del Psr, 26 Go prenotati). “Abbiamo appena concesso una proroga di un mese per lo setting up (o innovation brokering, come è chiamato in Veneto)”. Il Veneto ha infatti attivato entrambi i percorsi previsti da Bruxelles: quello diretto di costituzione dei Go, e quello indiretto sulla selezione di idee. “L’obiettivo è quello di costituire e accompagnare 10-12 progetti di innovation brokering. e questo secondo percorso è quello che si sta dimostrando più efficace nell’individuare e dare seguito alle esigenze individuate dai produttori, si tratta quindi della scelta da privilegiare.
Una fase di “accompagnamento” che nella regione Marche (13,5 milioni ; 2,5% del Psr; 28 Go prenotati) è partita addirittura preliminarmente, nella fase di animazione dei Go.  Andrea Bordoni, dirigente regionale, spiega che le tre tappe di un approccio fortemente bottom-up (animazione, setting up, attivazione dei Go) ha consentito di accomunare le esperienze individuando con maggiore efficacia i settori di intervento che, in una regione multi colturale come le Marche, deve guardare alle diverse esigenze territoriali.
Luciano Concezzi, del Parco tecnologico 3a dell’Umbria mette in luce le forti differenze rispetto alla precedente misura 124: il partenariato e la disseminazione. Ma anche nodi più difficili da sciogliere come il fatto che possano bastare due soggetti (produttore e fornitore di innovazione) per mettere in piedi un progetto, mentre il ruolo del consulente e dell’innovation broker non sono ben definiti.   Il ruolo di parco 3 a  è stato tecnico amministrativo per 40 progetto, e partner in 80 progetti, ) . “La 124 è stata veramente importante in Umbria. Su 120 progetti attuati il Parco ha assunto il ruolo di riferimento in 40 e di partner nei rimanenti 80. I risultati in termini di diffusione e di ricaduta sono stati importanti per un tessuto produttivo costituito da numerosi medi e piccoli produttori. Un aspetto giudicato critico per la misura 16,1 umbra è quello relativo alla necessità di costruire una società di scopo per costituire un Go e accedere ai finanziamenti, mentre nelle altre regioni è sufficiente la formula dell’associazione temporanea (Ati o Ats). “Per gestire cifre pari a 600mila euro in tre anni può risultare un vincolo eccessivo”.
Consulenza e trasferimento tecnologico
Per Paolo Rendina, tecnico consulente del CadirLab Piemonte la parola chiave dell’esperienza del partenariato per l’innovazione è “filiera”. “La consulenza è spesso la cenerentola dell’innovazione in Italia. Invece ha un ruolo fondamentale nell’attivazione e nel buon funzionamento dei Go”. un ruolo che le Regioni però devono favorire e sostenere. “L’interpretazione del bando del Piemonte non è stata facile, le priorità non sono definite con precisione così come gli ambiti di intervento. Illuminante però è il ruolo di formazione e informazione della rete rurale in tal senso. Attendiamo l’esito dei bandi”.
Secondo Sergio Menapace, direttore della fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige (Tn) il ruolo del Pei Agri è essenzialmente di trasferimento tecnologico. Una funzione che è nel DNA della Fondazione Mach e che le ha consentito di essere animatore di 5 dei 9 progetti attivati dalla Provincia di Trento:
fonte TerraeVita

 Infine la premiazione


https://www.youtube.com/watch?v=3dd7tfi7X2E 







martedì 21 febbraio 2017

ComitatoPromotore EuropeanRuralParliamentItaly







di NucciaTornatore
  
European Rural Parliament,  sono  presenti in quasi tutti i  Paesi Europei ,    è una campagna a lungo termine per dare voce delle popolazioni rurali,  abbiamo incontrato   Nino Sutera, Coordinatore dell'Osservatorio di Neoruralità  per rivolgergli alcune domande.

 Che cos’è un Parlamento Rurale Europeo?  Una struttura politica, ma non partitica.'Parlamento rurale' non è una parte formale del governo, né è un parlamento nel senso di un organo legislativo o decisionale. Si tratta di un processo 'bottom-up' di coinvolgimento e dibattito tra il popolo rurale e politici, per consentire una migliore comprensione, politica più efficace e di azione per affrontare le questioni rurali.Un Parlamento rurale è   un processo che fornisce opportunità per le persone con un interesse per le comunità rurali per condividere idee, prendere in considerazione i problemi e le soluzioni. Parlamento rurale permettono alle persone e decisori a lavorare insieme su questioni prioritarie per sviluppare soluzioni nuove e creative. Essi rafforzano la voce delle comunità rurali e li aiutano a influenzare le decisioni che li riguardano. Il loro successo in Europa negli ultimi 20 anni   ha ispirato a avviare un Parlamento rurale in ogni stato.        Qual è il suo obiettivo? Il Parlamento europeo rurale è stato concepito per:• Rafforzare la voce delle comunità rurali d'Europa, e per assicurare che gli interessi e il benessere di queste comunità   riflettono nelle politiche nazionali ed europee• Promuovere auto-aiuto, comprensione comune, la solidarietà, lo scambio di buone prassi e la cooperazione tra le comunità rurali in tutta Europa.           Perché è necessario?    150 milioni di persone, quasi un terzo della popolazione europea, vive in aree rurali. Essi contribuiscono notevolmente alle economie locali, nazionali ed europee. La loro funzione sociale ed il benessere economico è di fondamentale importanza. Affrontano grandi sfide, tra cui la perdita dei giovani e dei servizi rurali in molte regioni. Il loro futuro dipende da un'azione energica da parte delle comunità rurali stesse, e le politiche  ben concepiti e l'azione da parte dei governi a tutti i livelli.La campagna ERP  è guidato dalla convinzione che gli interessi delle comunità rurali (ossia tutte le persone che vivono o lavorano in regioni rurali) sono sottorappresentate nei dibattiti nazionali ed europei e nella definizione di politiche e programmi; 


Chi può partecipare al Parlamento  rurale?  Abbiamo avviato questa iniziativa (la prima in Italia) con l'apporto   di tanti che hanno a cuore le aree rurali (oltre 100 tra associazioni, enti, istituzioni, ma il numero è destinato a crescere)  Intendiamo condividere con tutti i nostri Amici un percorso per addivenire al "Manifesto della neoruralità"  da presentare in occasione dell'evento pubblico nazionale , aperto ai contributi e alla sensibilità di chi vuole contribuire a dare voce alle aree rurali.   









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