NinoSutera
Non chiamateli chef, nel mondo si racconta, che si beve vino francese, si guida un auto tedesca, ma si mangia rigorosamente italiano. La rinascita della cucina italiana in continuità con Pellegrino Artusi, grazie a Gualtiero Marchesi e alla nidiata di tanti allievi diventati maestri, antagonisti ai colleghi francesi.
Se Artusi e Marchesi maestri di tanti bravi allievi della cucina italiana nel mondo, sono ancora oggi di esempio., lo dimostra che in tantissimi preferiscono frequentare ristoranti, con bravi cuochi di quella scuolaAlternativa e antagonista ai francesi di Escoffier, famoso all'epoca perchè si adoperò molto perchè eliminò l’aglio, sostituì l’olio di oliva EVO con il burro, quasi a rimarcare la differenza tra la cucina francese e quella italiana- mediterranea, dove come è noto l'aglio e l'olio EVO sono componenti essenziali.
Gualtiero Marchesi: la vera cucina è saper mangiare bene
La vera differenza tra Artusi e Marchesi
Una grande differenza fra loro era il modo di porsi in cucina davanti al fornello e nella creatività e scoperta di una ricetta. Artusi ha voluto soprattutto raccontare la cucina degli italiani che avevano perso, dimenticato, abbandonato; mentre Marchesi ha contribuito a creare un modo di vivere la cucina e la tavola insieme.
Pellegrino Artusi, non volle mai codificare o uniformare o catalogare la cucina italiana… la sua formazione letteraria e linguistica e il fatto di “raccogliere” ricette segnalate non lo fa un cuoco, ma più uno “scalco” nuova maniera.
Con la fine del Settecento la cucina italiana-medioevale-rinascimentale finisce, finisce con la fine degli “scalchi” figure particolari fra la cucina e la tavola aristocratica che non solo erano bravi macellai e tagliatori di carni, grandi ortolani, esperti di condimenti, bravi pescivendoli o pasticceri… ma soprattutto sapevano raccontare a voce la ricetta ai commensali del principe.
La cucina francese, nata dopo che Caterina de’ Medici regina di Francia importò dalla Toscana tante ricette italiane oltre che l’uso della forchetta allora ignota ai francesi, perdurò per molto tempo, ma l’Artusi favorì un risveglio nazionalistico, fortemente antagonista e alternativa rispetto a quella francese. Artusi propone una cucina italiana domestica ed emotiva contro una cucina francese spesso banale.
… l’Artusi fu il primo blogger gastronomico
E’ da quel momento che la cucina italiana si propone come arte del divenire, delle molteplici interpretazioni e della condivisione rispetto ad un sapere omologato non modificabile. Inoltre l’Artusi fu il primo blogger gastronomico: pochissime ricette del suo libro prevedono un suo intervento, quasi tutte arrivano dalle lettere scambiate con le cuoche di tante case italiane.
… la pasta come elemento base del menu italiano
La prima edizione del libro “artusiano” riporta 475 ricette, l’ultimo 790 nell’arco di 20 anni di continui aggiustamenti. Ad Artusi non si devono ricette, ma la scelta di porre “ la pasta” come elemento base del menù italiano. E’ in quegli anni di fine XIX° secolo (1891-1905) che nascono tante ricette di pasta, come il piatto “discriminante” di una tavola, di una regione, di un menù. E’ la pasta che rende la tavola veramente artigianale e biodiversa: rileggendo per esempio le ricette degli spaghetti o delle paste ripiene si nota come la omogeneità della produzione della pasta sia poi firmata territorialmente da alcuni ingredienti unici esclusivi di un territorio.
In Italia ci si dimenticò totalmente della “cucina artusiana” pensando addirittura per anni (secondo dopoguerra fino agli anni ’70) ad una soluzione industriale della tavola e della cucina, preconizzando “pillole” tutto fare. Fortunatamente per l’Italia nacque la generazione (in cucina) di cuochi “marchesiani” che non lasciarono dimenticare la storia artusiana e non si lasciarono abbindolare dalla regolarità matematica e schematica delle salse, sughi, temperature, abbinamenti lineari della cucina francese.
Ecco che l’incrocio di Pellegrino Artusi e di Gualtiero Marchesi hanno generato una squadra attenta di giovani cuochi italiani bravi, non chiamiamoli “chef” , quelli lasciamoli ai francesi...
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